Politica

Revelli: «Quella di Salvini in Emilia Romagna è una sconfitta a metà»

Se è vero che «il rischio spallata è stato scongiurato, rimane il fatto che esistono due Regioni distinte. La Lega ha comunque conquistato metà elettorato», sottolinea il sociologo che aggiunge: «più che esultare per la grazia ricevuta Zingaretti dovrebbe lavorare per capire come recuperare le periferie. Il successo infatti è merito di Bonaccini e Sardine»

di Lorenzo Maria Alvaro

Il Partito Democratico è tornato a essere il primo partito dell’Emilia-Romagna, ottenendo il 34,6 per cento dei voti, dopo che alle elezioni europee dell’anno scorso era stato battuto dalla Lega e alle politiche del 2018 dal Movimento 5 Stelle. L’intera coalizione di centrosinistra è arrivata al 48,1 per cento, mentre il centrodestra ha ottenuto il 45,4. Scongiurata così la spallata salviniana al Governo. Guardando la geografia del voto però si scopre che il candidato Pd Bonaccini ha superato la leghista Borgonzoni nelle province di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì e Cesena perdendo invece in provincia di Piacenza, Parma, Ferrara e Rimini. «C’è una evidente spaccatura nel voto», conferma il sociologo Marco Revelli, «che racconta di una distanza enorme tra centri urbano e periferie». L’intervista



Qual è la prima considerazione da fare leggendo il voto regionale in Emilia Romagna?
Che nonostante fosse un voto amministrativo si trattava di una tornata elettorale che è stata politicizzata da Matteo Salvini in persona per tentare di dare una spallata. La posta in gioco era la volontà del leader della Lega di dare un colpo al sistema politico che avrebbe generato un effetto domino. Nel caso di un successo leghista il Governo si sarebbe fortemente indebolito, si sarebbero aperte ulteriormente le crisi all’interno dei partiti che lo sostengono che sono già pesantemente in difficoltà, specialmente il M5S. Si sarebbe poi alzata la posta sul sistema elettorale e sulle riforme istituzionali e per finire si sarebbe gettata un’ombra lunga sull’elezione del presidente della Repubblica. Erano tutti già pronti a tirare la giacchetta a Mattarella. Questo era lo scenario che si profilava se la Bergonzoni avesse avuto un voto in più di Bonaccini. Questo non è accaduto. E fortunatamente si è scongiurato l’effetto a catena che ne sarebbe derivato di cui è difficile immaginare l’esito.

Chi ha vinto in Emilia Romagna?
Certo Zingaretti sorride, con quel sorrisone da Stregatto di Alice nel Paese delle meraviglie. Il PD è stato il grande miracolato di queste elezioni togliendosi anche la soddisfazione di stravincere a Bibbiano. Però i problemi rimangono un po’ tutti sul tappeto. Hanno vinto, io credo, le Sardine che hanno materializzato in quelle piazze un altro popolo rispetto a quello dei populisti dandogli un’iniezione di fiducia. Hanno rivitalizzato tutto quel mondo di elettori che non andavano neanche più a votare per il degrado della battaglia politica. Hanno dato fiducia a un pezzo di popolo italiano chi considera inaccettabile i toni e le modalità comunicative di Salvini, da Bibbiano fino al citofono del Pilastro.

Guardando alla geografia del voto cosa si può dire di queste elezioni?
Che se è vero che Salvini ha perso, si tratta di una sconfitta a metà. Bisogna dire la verità brutalmente. Da questo voto escono due Emilia Romagna abissalmente diverse. Se a Bologna Bonaccini stravince nei comuni piccoli dell’Appennino, lungo le strade che portano ai passi Borgonzoni e la Lega vincono in modo simmetrico. In un pezzo della riviera romagnola la Lega sfonda e prevale. I bordi rispetto al nocciolo duro emiliano e urbano votano Salvini. Risulta evidente come la civiltà urbana patisce di pelle lo stile salviniano. Non è probabilmente neanche un problema politico ma di rigetto di un modo di fare. A Bologna il citofono è stato letale. Nelle periferie della Regione, che comprende alcune città lontane dal baricentro, invece la Lega domina. Una differenza che c’è in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, alla Francia, passando alla Brexit. Dappertutto il margine è di segno opposto rispetto ai grandi centri urbani.

Un tema che il Pd dovrebbe porsi…
È la prima cosa da fare. Zingaretti invece di pensare ad inglobare nel suo progetto di partito le Sardine, con una banale cooptazione di elettorato, dovrebbe guardarsi le mappe. Invece di fidarsi dei suoi funzionari e uomini di apparato dovrebbe guardare la topografia elettorale e ascoltare i sentimenti di quelle piazze.

Perché rimane il fatto che le Sardine sono riuscite a identificare un immaginario alternativo che il Pd non riesce a incarnare…
Non solo il Pd non ci riesce, ma il Pd in qualche misura deve mascherarsi e mimetizzarsi. Non bisogna nascondersi: in larghissima parte il successo elettorale dei Democratici è dovuto all’effetto traino del candidato. Senza Bonaccini non sarebbe andata allo stesso modo. Ricordiamoci che alle Europee il Pd non era più il primo partito della Regione.

Quindi la sconfitta di Salvini non è così netta?
Dal punto di vista dell’estensione del territorio è vero che ha perso mezza Regione, ma mezza l’ha conquistata. Per questo l’entusiasmo di queste ore del campo di centro sinistra, seppur giustificato dalla grazia ricevuta, non può durare più di un giorno. È il caso che si mettano pancia a terra a lavorare perché i problemi sono ancora tutti lì.

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