Mondo
Terremoto, torna il nodo (insoluto) della burocrazia
Il Commissario alla ricostruzione Vasco Errani, a sei mesi dalla prima delle scosse che hanno messo in ginocchio Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, si è sfogato duramente: «Non esiste, questa è ancora emergenza». Il problema? Il solito: tempi troppo lunghi e una macchina che non riesce a decollare
«Non c’è dubbio che abbiamo avuto quattro terremoti, la dimensione è stratosferica, ma tutto ciò non risolve il fatto che non riusciamo ad andare avanti su alcune cose». Così inizia lo sfogo di Vasco Errani registrato da Panorama. Il tema è la ricostruzione dei danni causati dai terremoti che hanno messo in ginocchio ampie zone di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio e di cui l’ex presidente dell'Emilia Romagna è Commissario straordinario. «Non esiste il fatto che per cominciare a fare le casette si attenda di avere il fabbisogno definitivo di tutte le casette. Non esiste. Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo», specifica Errani.
Il tema è semplice nella sua drammaticità: a sei mesi dagli eventi tellurici tutto è fermo. Non ci sono tutte le casette che avrebbero dovuto esserci, le stalle che avrebbero dovuto essere rimesse in sesto sono ancora ammalorate e i le macerie sono ancora tutte lì.
In questo quadro è evidente che non c’è modo di far partite la ricostruzione perché la situazione è ancora in piena emergenza. Il che vuol dire anche che se pure i soldi degli sms solidali, che sono ancora fermi alla fonte – le case telefoniche – fossero già nella disponibilità del Commissario non potrebbero essere usati per attività che non fossero di ricostruzione vera e propria. Impossibile allo stato attuale.
La cosa più grave è che non è certo una situazione nuova o inedita. Ma quali sono i motivi che portano a questo immobilismo?
In primo luogo la mancanza di una organizzazione standard degli interventi in caso di emergenze come queste. Dai tempi del Belice e dell’Irpinia, come pure per i terremoti di Umbria, L’Aquila ed Emilia, ogni volta si riparte da zero. Per ogni evento emergenziale lo Stato, al di là della prima emergenza condotta insieme alla Protezione Civile, deve istituire una macchina per la ricostruzione ex novo. Questo significa non avere prassi consolidate, criteri univoci e percorsi burocratici prestabiliti. Ogni ricostruzione viene affrontata come fosse la prima. Ecco perché la burocrazia ogni volta la fa da padrona.
In secondo luogo, come ha più volte sottolineato Guido Bertolaso forse il massimo esperto di gestione della prima emergenza in Italia, a cominciare dal 2001 «con le Regioni e la burocrazia fare prevenzione non è possibile. Inutile parlare oggi di ricostruzione, prima ci si occupi di togliere già oggi tutti dalle tende e di sgomberare le macerie».
Quello che l’ex Capo della Protezione Civile ha sempre detto è che, con questi prerequisiti, e cioè con l’autonomia delle Regioni in tema di prevenzione e protezione civile, si crea un circolo vizioso. Le Regioni dovrebbero fare prevenzione, la cronaca racconta che questo non succede, arrivano i cataclismi e lo Stato deve intervenire in prima emergenza, ma avvalendosi delle Protezioni Civili regionali, anch’esse autonome. Solo dopo la prima emergenza si può pensare di ricostruire, ma avendo prima costruito una macchina ad hoc.
È evidente come un sistema costruito in questo modo sia pieno di falle e passaggi burocratici farraginosi. Se a questo si aggiunge il sistema degli sms solidali, il cui funzionamento abbiamo avuto modo di spiegare su Vita.it, non deve e non può stupire che in Centro Italia si sia in ritardo sui lavori.
A fronte di questo immobilismo pubblico l’efficienza del Terzo Settore, che già ha cominciato – in alcuni casi addirittura ultimato – progetti di ricostruzione di scuole, ospedali, oratori è un giudizio impietoso.
Per superare queste burocrazie possiamo solo ribadire alcune proposte che Vita fa, sin dai tempi del terremoto de L’Aquila.
In primo luogo è fondamentale ripensare il ruolo di Regioni e Province autonome in tema di prevenzione e Protezione civile. C’è poi bisogno di dotarsi di un modello di intervento alla ricostruzione univoco, chiaro e comune a tutto il Paese, in caso di grandi emergenza. Infine creare un albo dove registrare le realtà che intendono agire come raccoglitori di fondi per poterle da una parte controllare e per sfruttarne la maggior velocità ed efficienza nel rendere il denaro disponibile, superando l’sms solidale .
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.