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Fbi: “l’11 settembre poteva essere evitato”

Muller III, capo dell'ufficio federale, spiega gli indizi che rivelavano le intenzioni dei terroristi

di Redazione

Alla fine il capo dell’Fbi ammette: nelle settimane precedenti all’11 settembre il bureau non ha dato il dovuto peso ai ”segnali d’allarme” che arrivavano dal Minnesota e dall’Arizona che avrebbero potuto permettere agli investigatori di individuare e fermare i terroristi dirottatori. Robert Muller III è così il primo funzionario dell’amministrazione Bush che, annunciando riforme all’interno dell’Fbi per evitare altri drammatici malfunzionamenti del sistema, riconosce che, se tutti i diversi elementi fossero stati ricostruiti in un unico quadro, forse si sarebbe potuto fare qualcosa per fermare la tragedia. L’ammissione arriva nel giorno in cui è stata resa nota l’esistenza, da fonti dell’Fbi, di due ”memo” che aumentano il numero dei segnali ignorati, o per lo meno sottovalutati, dal bureau. Uno risale al 1999, e riporta i sospetti di un pilota dell’Fbi di Oklahoma City sull”’elevato numero” di mediorientali che iscritti nelle scuole di volo della zona. Il ”recente fenomeno”, concludeva il rapporto dell’agente, poteva essere collegato a ”attivita’ terroristiche”. Il superiore ricevette il rapporto ma non lo trasmise neanche a Washington. Nel secondo rapporto, i servizi lanciano l’allarme sull’attivita’ di Paesi mediorientali che avrebbero cercato di acquistare simulatori in volo, aggirando le restrizioni ed i controlli americani. Non è stato però rivelato quando questo memo sia stato presentato, ne’ quali fossero i paesi interessati al simulatore di volo. Entrambi i documenti ora sono nelle mani della commissione bicamerale del Congresso che ha avviato l’indagine sui mancati allarmi prima dell’11 settembre.


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