Formazione

Aiuto allo sviluppo: il Cocis risponde a Poul Nielson

L'intervista di Vita al Commissario per lo Sviluppo scatena polemiche. Il Cocis scrive a Berlusconi

di Carlotta Jesi

«Le ong non sono allodole». Roma, 29 maggio: Mario Gay, delegato europeo dell?Associazione delle ong italiane, legge l?intervista che il Commissario Europeo Poul Nielson ha rilasciato a ?Vita? e s?infuria. Tanto da scrivere una lettera al Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Silvio Berlusconi. «Non siamo allodole, non ci lasciamo abbagliare dagli specchietti». Vita: che specchietti, Gay? Mario Gay: nell?intervista al vostro giornale, Poul Nielson ammette per la prima volta di voler dividere le ong in due categorie: ?free birds? e ?appaltatori?. E siccome sa che la decisione non piace, prova a farla digerire dicendo che in questo modo avremo accesso a due linee di finanziamenti. Uno specchietto per allodole: nessuna novità, sono anni che abbiamo accesso a più linee di finanziamento. La divisione risponde più alle esigenze della burocrazia europea che non a quelle delle popolazioni del Sud del mondo e dell?est europeo con cui le ong lavorano. Una ong è una ong, che abbia un budget da 100 mila o da 100 euro. Non è una questione di stazza, ma di identità. Vita: e Berlusconi cosa c?entra? Gay: C?entra. Gli abbiamo espresso il nostro sconcerto per le affermazioni fatte dal Commissario e chiediamo al governo di esprimersi contro un?altra proposta di Bruxelles che minaccia la cooperazione: la riforma del Consiglio di Sviluppo dell?Ue che porterebbe alla soppressione della Commissione per lo sviluppo. Lasciando senza guida e senza linee politiche coerenti il più importante donatore di aiuto pubblico allo sviluppo. Chiediamo al governo di esprimersi contro questa proposta spiegando che fine farebbe la cooperazione. Vita: Meglio lasciare le cose come stanno? Gay: No, la macchina europea della cooperazione deve essere riformata. Sappiamo che, solo per fare un esempio, le relazioni dell?Ue con l?Asia sono tante – politiche, economiche, di aiuto allo sviluppo- e che tra tutte ci deve essere coerenza. Ma non cancellando una di queste politiche, il bisogno di coerenza non deve portare alla subordinazione della cooperazione allo sviluppo agli interessi di politica estera dell?Ue. Se mai è il contrario, rafforziamo le cenerentole. Vita: Le ong potrebbero fare a meno dei fondi comunitari? Gay: Qualcuna, fuori dall?Italia, lo fa già. Stanno diventando talmente vincolanti che qualcuno preferisce fare senza. Ma rinunciarci sarebbe un disastro: dalla gestione del denaro pubblico passa tutta la nostra partecipazione alle politiche pubbliche. Vita: Il 95% dei fondi del Clong, arriva dalla Commissione europea. Non sono troppi per poter criticare in libertà le sue politiche? Gay: Sì, è una dipendenza eccessiva su cui stiamo lavorando. L?obiettivo è di ridurli al 50%. Ripubblichiamo alcuni passaggi dell’intervista al Commissario europeo per lo sviluppo e gli aiuti umanitari contenuta in Vita magazine in edicola Bruxelles, maggio. La povertà è una donna coi capelli neri e una pila di legna, più grande di lei, legata sulle spalle. Poul Nielson, dal 1999 Commissario europeo per lo sviluppo e gli aiuti umanitari, l’ha fotografata durante un viaggio sotto l’equatore e ha portato il suo ritratto a Bruxelles. “Per non scordarmi mai che il 40% della popolazione mondiale vive così”, confessa nel suo ufficio all’ottavo piano di un elegante edificio dove è difficile immaginarsi che volto abbiano i 3 miliardi di persone che campano con 2 dollari al giorno. Perché a Bruxelles con 2 dollari non compri neanche un panino. Perché a Bruxelles la povertà si combatte soprattutto coi numeri: 5 miliardi di euro della Commissione che, sommati ai 20 miliardi dei 15 Paesi, fanno dell’Europa il più grande donatore di aiuti allo sviluppo. Vita: Secondo la Banca mondiale, se non cambieranno le attuali politiche di sviluppo, non riusciremo a dimezzare la povertà entro il 2015 e a raggiungere gli altri obiettivi dell’Onu per il millennio. Lei è responsabile del 20% dell’assistenza allo sviluppo mondiale, cosa deve cambiare? Poul Nielson: L’aiuto allo sviluppo fatto dagli Stati Uniti: per sconfiggere fame e analfabetismo, servono soldi. L’America dedica ai poveri appena lo 0,1% del Pil contro una media europea dello 0,33%. (?) Vita: Dopo il vertice di Doha del Wto, lei ha dichiarato che i Paesi poveri devono avere più accesso ai mercati occidentali. Secondo Oxfam, però, di fatto l’Unione ostacola questo processo imponendo barriere commerciali altissime. Non è una contraddizione? Nielson: Oxfam fa confusione fra i Paesi più poveri e tutto il Sud del mondo. Per i 49 Paesi meno sviluppati, un anno fa abbiamo lanciato il programma Everything but arms che dà libero accesso sui nostri mercati a tutte le loro merci. Il 50% dei loro prodotti diretti in America, Giappone e Canada, è ancora soggetto a barriere. Vita: Il settimanale ?The european? voice sostiene che il programma Everything but arms non sia sufficiente. Non pensa che i Paesi europei possano fare di più? Nielson: Sì, ma senza fare i masochisti. I Paesi poveri devono comunque rispettare la regola base del commercio, e cioè offrire qualcosa che gli altri vogliono comprare. Al momento, però, non è così. Puntano solo sull’agricoltura mentre dovrebbero diversificare la produzione. Perché, per esempio, dove c’è la malaria non producono zanzariere? L’ho scoperto durante un viaggio in Mozambico: in Africa non c’è mercato perché le esportazioni fra uno Stato e l’altro sono bloccate da tariffe altissime. Il primo ostacolo allo sviluppo economico del Sud è, insomma, la mancanza di un mercato aperto a livello locale. (?) Vita: E delle ong, che cosa pensa? Finora con loro non ha avuto buoni rapporti. La sua definizione di ong come “organizzazioni non governabili”, oltre che non governative, ha fatto infuriare tutta la società civile. E l’hanno scorso ha fatto quasi chiudere il Comitato di liaison delle ong per lo sviluppo (Clong) accusandolo di malagestione di fondi. Nielson: La mia politica è sempre stata quella della tolleranza zero sugli sprechi di fondi. Le accuse al Clong erano il risultato di un’indagine della Commissione su questo tema, che purtroppo le ong hanno strumentalizzato politicamente invece di risolvere il problema. Lo stesso vale per la mia definizione di ong. Vita: Quindi non è vero che preferisce le agenzie multilaterali alle ong? Nielson: Se fosse così, l’avrei detto. E i fondi concessi alle une e alle altre dimostrano che non è vero. Con le ong sto cercando di proporre due diversi tipi di collaborazione: come ?free birds? e come ?appaltatori?. Free birds, o uccelli liberi, sono le ong che preparano un loro progetto di sviluppo, e chiedono all’Unione di finanziarlo con i 200 milioni di euro del nostro fondo per lo sviluppo. Fondo per cui oggi riceviamo molte più richieste di quelle che possiamo soddisfare. Appaltatori dell’Ue potrebbero invece essere le ong che implementano i nostri progetti di sviluppo nel Sud. È una modalità adatta soprattutto alle ong piccole che avrebbero così accesso a tutto il nostro budget e non solo ai 200 milioni di euro. Vita: Fornendo così alla Commissione una forza lavoro a basso costo? Nielson: So che il termine ?appaltatore? non piacerà alle ong, ma è il migliore che ho trovato per rendere l’idea di un progetto di sviluppo che ha bisogno di esecutori. Una delle modalità di collaborazione, inoltre, non esclude l’altra. (?)


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