Economia

Qui si progetta un nuovo domani

A Figline Valdarno la Scuola di economia civile è incubatore di un nuovo pensiero e di una nuova prassi economica. L’anno di presenta con tante proposte. Luigino Bruni, che è tra i fondatori, spiega perché qui ci si prepara al futuro

di Giuseppe Frangi

Luigino Bruni in Italia è uno dei più attivi propugnatori dell’economia civile, che non è l’Economia “dei buoni” ma vuole essere modello in grado di andare oltre le drammatiche contraddizioni evidenziate da questa crisi infinita. Al centro del modello dell’Economia civile c’è il lavoro.

Oggi il capitalismo è in grado di coprire l’80% di occupazione. Il restante 20%viene di fatto abbandonato a se stesso. La risposta degli economisti civili è diversa e porta a considerare forme di impresa, come ad esempio le cooperative sociali, alle quali affidare il compito di garantire la piena occupazione del sistema, orientandole sull’offerta di beni comuni, beni pubblici e beni relazionali. Per tutti questi motivi Bruni è tra i fondatori della Sec, Scuola di economia civile, che è arrivata al suo quarto anno di corsi.

La Scuola ha sede in un luogo che è incubatore di questa nuova economia: il Polo Lionello Bonfanti a Figline Valdarno, a pochi chilometri da Firenze. «Un posto bellissimo», assicura Bruni. Ecco alcuni passaggi dell’intervista a Luigino Bruni che comparirà sul prossimo numero di Vita magazine.

Che bilancio si sente di fare di questi primi anni di storia della Sec?
Come in tutte le cose vive, ci sono luci e ombre. Le luci sono molte e di più: innanzitutto la Sec esiste, opera, ha raggiunto migliaia di persone, per raccontare storie diverse sull’impresa, sull’imprenditore, sul lavoro, sull’economia, sul management. Siamo partiti con lezioni nella nostra sede ad Incisa Valdarno, e stiamo svolgendo molti corsi in tutta Italia, con una particolare attenzione al Sud. Cerchiamo di raccontare una via italiana all’impresa, alla gestione, all’economia: creare e amministrare imprese nelle Marche, in Toscana, in Puglia, è diverso che farle nascere a Monaco o a Dallas. La nostra storia economica ha almeno 3000 anni, e quella più recente sette secoli: questa lunga storia ha creato una grande biodiversità, che oggi rischia di saltare di fronte al pensiero che ci vuol convincere che esista un solo modo di fare impresa e banca. Noi resistiamo culturalmente a questo vento ideologico da ovest, e raccontiamo altre storie. E lo facciamo mettendo insieme nella comunità docente i molti economisti che oggi si riconoscono nell’economia civile. Nella comunità docenti Sec oltre a Zamagni, che ne è co-fondatore e presidente del comitato scientifico, ci sono Alessandra Smerilli, Leonardo Becchetti, Helen Alford, Vittorio Pelligra, Mauro Magatti, Johnny Dotti, Renato Ruffini, e altri trenta docenti, senior e giovani. Le ombre sono comprensibili: viviamo del nostro lavoro, in un’Italia che soffre, che non investe in formazione. Siamo sul confine della sostenibilità, ma anche noi “ci salviamo solo lavorando”, come diceva Baudelaire.

A chi si rivolge in particolare la Scuola di economia civile?
I primi destinatari naturali sono manager, imprenditori, quadri, delle piccole e medie imprese made in Italy. Non solo al non profit, ma all’economia civile italiana, cioè quelle imprese che concepiscono la loro attività come esercizio di virtù civili. Poi c’è il mondo del non profit, dell’economia sociale, e anche della pubblica amministrazione. Quest’anno abbiamo anche fatto un investimento nel mondo della scuola, facendo partire corsi di aggiornamento sull’economia civile per insegnanti di scuola superiore: crediamo molto nel lavoro nella scuola, per cambiare questo Paese.

Dovesse dare ad uno studente di economia tre buoni motivi per frequentare un corso delle Sec che cosa gli direbbe?
Il primo motivo sono le persone, lo staff della sec e i suoi docenti: vale la pena venire alla sec anche per incontrare e conoscere loro, portatori di un diverso stile di agire economico. Poi i contenuti: conoscere la via italiana all’economia e all’impresa è importante, soprattutto oggi in questo tempo di pensiero unico, e di disistima dei nostri valori nazionali. Il terzo motivo è tipicamente teorico: l’economia è più grande e ricca di quella insegnata oggi in quasi tutte le università. C’è tanta teoria economia sconosciuta che noi alla Sec raccontiamo, che si chiamano beni relazionali, fiducia, reciprocità, felicità pubblica, virtù, organizzazioni a movente ideali, razionalità del noi, e molto altro che merita di essere conosciuto, dai giovani, e da tutti.

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