Welfare
Se l’economia sociale esce dall’agenda europea
«Il Pilastro europeo dei diritti sociali poteva essere una grande opportunità. È stata invece un’altra occasione in cui la politica ha traccheggiato, limitandosi ai dibattiti formali» scrive sul numero di Vita di gennaio, Giuseppe Guerini, preseidente Federsolidarietà e portavoce dell'Allenza delle Cooperative sociali
Si è chiusa a dicembre la consultazione lanciata dalla Commissione Europea per una ridefinizione del “Pilastro Europeo dei Diritti Sociali” lanciata a primavera dal presidente Junker. In questi mesi di consultazione l’iniziale entusiasmo per la ricomparsa nelle agende delle Istituzioni europee della “dimensione sociale” ha lasciato il posto ad un’altra delusione.
Il Pilastro europeo dei diritti sociali poteva essere una grande occasione per un dibattito politico impegnativo, che avrebbe potuto fare di questa iniziativa un progetto per i cittadini europei, sempre più necessario oggi anche per fare fronte alla crescente ondata di antieuropeismo. È stata invece un’altra occasione in cui la politica ha traccheggiato, limitandosi ai dibattiti formali. Di conseguenza sono rimasti invariati i limiti del documento di Junker, che sceglie di ridurre il tema nell’ambito del “dialogo sociale” che trova la sua massima espressione (formale) nelle relazioni tra organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro in una dinamica negoziale superata dalla storia.
Del tutto trascurato invece appare il ruolo delle forme di economia partecipativa e delle imprese dell’economia sociale, sulle quali la stessa Commissione Europea sembrava aver investito attenzioni, culminate con le iniziative sull’imprenditoria sociale e sulla social innovation. Colpisce quindi che questi argomenti non trovino spazio nel programma per il “Social pillar” né tanto meno nel piano di lavoro per il 2017 della Commissione europea. Per questo insieme a tutti i movimenti dell’economia sociale europea stiamo facendo pressioni perché si riconosca che le formazioni sociali rappresentano ormai una fondamentale forma di costruzione della giustizia che produce al tempo stesso valori economici e sociali, contribuendo alla produzione di capitali umani senza i quali l’Europa diventerà un deserto di regole e moneta, su cui faranno scorribanda i populisti.
L’economia sociale deve essere la “terza colonna” del pilastro sociale, l’unico ad avere per altro sostenibilità nel tempo perché fondato sulla sussidiarietà e del protagonismo dei cittadini.
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