Welfare

Signor ministro, queste accuse sono da galera

Dalle promesse mancate agli annunci a effetto: processo dal carcere a Oliviero Diliberto. E alla sua controriforma

di Cristina Giudici

C?è chi lo accusa di voler riportare le lancette del carcere indietro di vent?anni e chi attacca la sua politica perché demagogica. C?è chi scuote la testa affermando «che non si crea consenso a sinistra facendo una politica di destra», e chi allarga le braccia nella speranza che, come i suoi predecessori, duri poco, e non faccia tempo a fare troppi danni. Poi c?è chi lo taccia di incoerenza e chi va giù duro dicendo: «Questo governo vuole passare alla storia per aver ampliato lo Stato di polizia anziché lo Stato sociale». Insomma, il ministro di Grazia e Giustizia, Oliviero Diliberto è salito sul banco degli accusati. Il suo Pubblico ministero è formato da politici, assistenti sociali, educatori, volontari e ovviamente numerosissimi detenuti. Tutti uniti in un?inedita alleanza contro la controriforma in atto all?interno dell?amministrazione penitenziaria fatta da colpi di mano, predominio della politica cattiva, alleanze strategiche e slogan a effetto. Ecco i principali capi d?accusa contro il Guardasigilli. Il licenziamento di Margara Il 31 marzo del 1999 il direttore generale degli istituti di pena, Alessandro Margara, viene licenziato senza preavviso per sostituirlo con il procuratore della Repubblica, Giancarlo Caselli. L?ex presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze, nominato dal precedente ministro Giovanni Maria Flick, che aveva voluto portare un libero pensatore, ma soprattutto un garantista ?vero?, alla direzione delle carceri, ha risposto al ministro con l?ironia che lo caratterizza e in una lettera pubblica gli ha scritto: «Mi conforti, anche se è un conforto amaro, e mi dica che c?è di mezzo un po? di politica, di cattiva politica, che vede la deriva delle idee di solidarietà, di attenzione alle aree del disagio sociale in cambio di un modello nuovo di zecca di città senza barboni e con galere fiammanti, piene di delinquenti di tutte le dimensioni. Ricordare o dimenticare New York? Non quella ovviamente di Frank Sinatra, ma quella di Rudolph Giuliani». Margara accusa il ministro di aver ceduto il passo a quelle forze oscure, ma fin troppo conosciute, che da sempre parlano di riforma ma in realtà pensano a come fare a conservare il potere all?interno delle carceri, fatto di ricatti, prepotenze e abusi, privilegiando la custodia e la sicurezza all?agognato trattamento (e risocializzazione) del detenuto previsto dalla riforma penitenziaria. A nulla sono valse le proteste dei volontari, educatori, assistenti sociali, che avevano visto in Margara un simbolo del cambiamento, una via per applicare non più solo parzialmente la riforma del ?75. Non si vive di soli annunci Diliberto cerca di dissipare i sospetti confermando il suo programma che recentemente ha definito «di matrice coraggiosamente riformatrice» (si vedano gli annunci riguardo l?abolizione dell?ergastolo, l?affettività e il sesso in carcere, il lavoro per i detenuti, le pene alternative, il riconoscimento del ruolo del volontariato, la scarcerazione dei figli delle detenute, solo per citarne alcuni), in realtà sposa la tesi e accoglie le richieste della polizia penitenziaria, rappresentata in maggioranza dal sindacato corporativo del Sappe e dalla Cgil, facendo rinascere dalle ceneri organismi noti e riportando in carcere uomini del passato. Il primo maggio il Guardasigilli passa la giornata dei lavoratori alla festa del Sappe, il sindacato corporativo di polizia penitenziaria. Un mese dopo al convegno ?Trattamento, sicurezza, carcere, territorio?, organizzato dalla Cgil, spiega che la sinistra di governo deve avere il coraggio di occupare spazi che altrimenti verrebbero occupati dalla destra, ma il colpo di mano è già stato consumato. L?alleanza proficua con i 43 mila poliziotti penitenziari «fino a ora considerati cittadini di serie B o C», come dice il ministro, è un dato di fatto. Il Senato discuterà proprio in questi giorni l?emendamento governativo al disegno di legge 5324/C, nel quale sono state tracciate anche le linee del riordino delle carriere penitenziarie. In futuro gli agenti penitenziari potranno accedere alle cariche direttive e dirigenziali previste per la polizia di Stato. Scatti di carriera che li faranno avanzare al ruolo di commissario e questore all?interno delle carceri e li sottrarranno al controllo dei direttori, attualmente gli unici responsabili degli istituti. Sofri da queste colonne aveva detto: «Neppure nei peggiori regimi comunisti…», e Stefano Anastasia, presidente di Antigone dice: «Ci lascia molto perplessi l?istituzione di un ruolo speciale dei direttivi della polizia, dove possano transitare, senza averne i titoli (cioè la formazione professionale, la laurea, ecc.) 200 ispettori che non svecchieranno le carceri, ma assicureranno canali privilegiati di carriera ai poliziotti penitenziari, bloccandola per gli altri operatori (cioè educatori e assistenti sociali). Ne esce un?idea di carcere diversa da quella di un?istituzione che sia aperta al territorio e risponda alla finalità rieducativa della pena». Ma l?affondo viene dalla senatrice Ersilia Salvato, che aggiunge: «Il ministro si è dimostrato attento e preocccupato alle richieste della polizia penitenziaria, premendo l?acceleratore sul pedale della custodia e della sicurezza, dimostrando una politica che nei fatti è incoerente con i suoi programmi. In vetrina, Diliberto agita delle tematiche riformiste, ma dietro le quinte si dà da fare per far avanzare la controriforma». L?intelligence accusata di pestaggi Il 16 febbraio il Guardasigilli ha istituito per decreto l?Ugap, l?Ufficio per la garanzia penitenziaria, una sorta di intelligence delle carceri per impedire ai mafiosi di continuare a inviare ordini dalle loro celle e ai terroristi di moltiplicarsi, e l?ha affidata al generale Enrico Ragosa. «Perché non vogliamo dare la sensazione di abbassare la guardia», dice il ministro. Ma la realtà, ancora una volta è un?altra, più inquietante. Ragosa, uomo forte e minaccioso delle carceri, generale del corpo disciolto degli agenti di custodia, fino al 1996 ha diretto lo Scop, Servizio centrale operativo, che si è meritato le attenzioni della magistratura e del Comitato europeo per la prevenzione contro la tortura. I suoi uomini sono stati accusati di maltrattamenti nei confronti dei detenuti del carcere di Secondigliano, Napoli, avvenuti nel 1993. L?inchiesta della magistratura ha portato al rinvio a giudizio di 65 agenti. Secondo le ricostruzioni dei detenuti, il suo lavoro di ?normalizzazione? consisteva in pestaggi sistematici e quotidiani per riprendere il controllo del carcere. Finché nel 1996, quella buon?anima di Michele Coiro (direttore generale delle carceri morto nel giugno del 1997) ha rimosso il generale Ragosa e ha sostituito lo Scop con i Gom, Gruppo operativo mobile. Il generale è stato trasferito al Sisde, Diliberto lo ha riportato al Dap istituendo l?Ugap. In seguito all? interrogazione parlamentare dello scorso febbraio delle senatrici Salvato e Scoppeliti il ministro ha risposto dicendo che nei procedimenti in corso per i fatti di Secondigliano non è emerso il nome di Ragosa e ha sottolineato: «Il generale ha un curriculum straordinario» (sic). Polizia di Stato o Stato di polizia? L?atto di accusa più duro viene, come sempre accade in questi casi, dai brutti anatroccoli dell?amministrazione: gli assistenti sociali impiegati nel Cssa, Centro servizi sociali adulti, deputato all?esecuzione delle misure alternative. Maria Pia Giuffrida, presidente di tutti i Cssa su territorio nazionale ha usato le cifre per contrastare gli argomenti del ministro. «All?apertura dell?anno giudiziario sono stati occultati i numeri scomodi del carcere, e cioè che nel 1998 c?erano 36 mila persone fuori dal carcere, di cui 21 mila affidati ai servizi sociali e 19 mila che non sono neanche passati dal carcere, ma hanno usufruito direttamente delle misure alternative. Eppure il nostro esercito è fatto di mille persone che rappresentano solo il 2% del bilancio». Anna Muschitiello, assistente sociale attacca: «Fa impressione vedere il primo governo di sinistra optare per misure demagogiche e inutili come l?inasprimento delle pene per reati di scippo e furto quando da anni si va dicendo che i problemi legati a questi reati sono dettati dall?incapacità della macchina giudiziaria di celebrare i processi in tempi ragionevoli. Risposte demagogiche invece di politiche sociali: tutto questo mi ricorda il governo Craxi che con la legge 309/90 riempì le carceri di tossicodipendenti, forse perché non ci si occupasse di altro». Il ministro infatti che oggi cerca di prendersi il merito del recente ddl approvato alla Camera (il 16 giugno) che depenalizza cento reati minori, all?inizio dell?anno ha approvato un pacchetto di misure per arrestare la microcriminalità con l?inasprimento delle pene. «Noi del Cssa, veniamo usati solo per sfoltire le carceri, ma i segnali che vengono dal governo non sono certo garantisti», aggiunge Anna Muschitiello. «Ora sappiamo che la polizia penitenziaria uscirà dal carcere anche per svolgere compiti di controllo dei detenuti che usufruiscono misure alternative. Noi chiediamo politiche sociali adeguate e loro ci danno più poliziotti. Forse questo governo vuole passare alla storia per il primo governo di sinistra che amplia lo Stato di polizia».


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