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India: incendio in una fabbrica tessile, 43 morti

Non è ancora chiaro se la fabbrica di Delhi in cui sono morte oltre quaranta persone stesse producendo per l’esportazione o per il crescente mercato interno. La tragedia riapre la questione sulla produzione etica di abiti e tessuti come da tempo chiede la Campagna Abiti Puliti

di Redazione

Domenica scorsa, oltre 40 persone sono morte in un incendio in una fabbrica tessile a Delhi, in India. Ancora una volta ci troviamo a dover denunciare l’esigenza di norme trasparenti ed efficaci per la sicurezza degli edifici e le pratiche antincendio. Il governo ha annunciato alcune misure di risarcimento, ma bisogna subito lavorare per garantire pieno accesso alla giustizia per le vittime e i loro familiari.

Secondo i media locali, l’incendio è divampato domenica mattina presto in una fabbrica situata in un’area residenziale di Delhi, all’interno di un edificio che ospita anche altre produzioni, non solo tessili. Molti degli operai, in gran parte migranti e alcuni di loro minorenni, stavano dormendo all’interno dello stabile. Il nostro pensiero va innanzitutto alle famiglie che hanno perso i loro cari e a tutte le persone colpite da questa orribile tragedia.

Palesi violazioni della sicurezza hanno impedito alle persone di fuggire e mettersi in salvo. Secondo quanto riferito, una delle due scale dell’edificio era bloccata dai prodotti accatastati, le finestre erano sbarrate e l’unica uscita accessibile era bloccata. Funzionari hanno riferito che lo stabilimento non disponeva di alcuna licenza di sicurezza e molte fonti sostengono che operasse nella completa illegalità. Per di più, le strette vie in cui si trova l’edificio hanno ulteriormente ostacolato le operazioni di salvataggio.

Disastri come questo, spiegano dalla Campagna Abiti Puliti, mostrano l’urgente necessità di applicare norme antincendio e di sicurezza degli edifici in maniera trasparente e credibile. I sistemi di ispezione esistenti, compreso l’utilizzo di società di certificazione sociale, pagate dalle multinazionali per controllare le fabbriche di loro fornitori, finora non sono riusciti a migliorare strutturalmente la sicurezza degli stabilimenti.

Il governo di Delhi ha annunciato lo stanziamento di 10.000,00 INR (circa 12.700 EUR) a titolo di risarcimento per i defunti e 100.000 INR (circa 1.270 EUR) per le spese mediche per i lavoratori feriti. Inoltre si è impegnato a pagare 200.000 INR (circa 2.500 EUR) alle famiglie dei defunti e 50.000 INR (circa 635 EUR) a quelle dei feriti. Un’iniziativa lodevole ma non sufficiente. Le misure di indennizzo, almeno per la perdita di reddito e le spese mediche, dovrebbero coprire le esigenze a lungo termine delle famiglie, come stabilito nella Convenzione ILO 121 per i risarcimenti in caso di infortuni sul lavoro. Inoltre, gli accordi dovrebbero tenere conto del dolore e della sofferenza subita dai lavoratori e dai loro familiari.

Non è ancora chiaro se la fabbrica stesse producendo per l’esportazione o per il crescente mercato interno. In ogni caso, chiunque abbia effettuato degli ordini in quella fabbrica dovrebbe assumersi la responsabilità di risarcire le vittime che stavano realizzando i loro prodotti.

«Ci chiediamo inoltre perché quelle persone stessero dormendo nella fabbrica, per di più durante il fine settimana e con la produzione ferma. Non potevano permettersi i costi di un alloggio o del trasporto? È chiaro che si apre anche una questione relativa ai salari dignitosi dei lavoratori, in particolare di quelli più vulnerabili come i migranti.

Sono necessari ulteriori passi per garantire giustizia ai lavoratori e qualcosa sembra essersi già messo in moto. Il governo di Delhi ha ordinato un’inchiesta giudiziaria e sono state presentate accuse contro il proprietario dell’edificio. Questa tragedia dovrebbe essere un’occasione per porre fine all’impunità di chi gioca con la vita dei lavoratori, gestendo luoghi di lavoro illegali e insicuri», concludono da Abiti Puliti.

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