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Riforma Minniti su immigrazione e asilo: la solita logica fallimentare
La repressione, in questi anni, non ha funzionato: davanti alla forte motivazione di chi migra, non è mai stata un deterrente. Anche sulla ventilata proposta di far lavorare i richiedenti asilo i dubbi sono tanti. Il diritto di asilo non può essere, in alcun modo, subordinato al fatto che il richiedente dia qualcosa in cambio
La stampa riporta da giorni i punti di una riforma, nel settore delle migrazioni e della protezione internazionale, che il Ministro dell’Interno Minniti avrebbe dovuto presentare in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, audizione poi saltata.
Corrono voci…
Dalle anticipazioni emerge un orientamento che va in due direzioni: ulteriore criminalizzazione delle migrazioni economiche e modifiche restrittive del diritto di asilo. Con un’ulteriore netta separazione tra migranti economici e migranti forzati, e il tentativo di spostare più persone possibili dalla seconda categoria alla prima.
Il primo punto riguarda l’aumento del numero di CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), dagli attuali 4 a 20, uno per ogni regione (si dice ad esclusione di Molise e Valle D’Aosta). Cambieranno anche nome, a quanto pare: Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR). Perché si sa, quando qualcosa non funziona, la cosa più facile è cambiargli semplicemente il nome.
Poi espulsione fa troppo destra; meglio rimpatrio. Che siano la stessa cosa è un dettaglio. I nuovi centri dovrebbero avere una capienza massima di 100 persone, e prevedere, al loro interno, un garante per i diritti. Dato l’attuale clima nell’opinione pubblica su questo tema, il nuovo governo fa vedere di mostrare i muscoli. Più espulsioni per chi non ha diritto all’asilo, in maniera più rapida e forzata.
Due problemi emergono da subito. Il primo sono i numeri. Con un facile calcolo, i centri avranno complessivamente una capienza di 2000 posti. Poiché un’espulsione è un processo complesso (va identificata la persona, che quasi sempre non ha documenti, e poi c’è bisogno del consenso del Paese di origine a riprenderla) e costoso, richiede diverso tempo, per cui i numeri finali, confrontati con quelli dei flussi in questi ultimi anni, saranno comunque risibili. Fumo negli occhi dell’elettorato di destra. Se proprio si vogliono favorire i rimpatri, sarebbe meglio puntare semmai sui rimpatri volontari assistiti, meno disumani e più efficaci.
Giustamente, per par condicio, c’è anche un po’ di fumo negli occhi per l’elettorato di sinistra (o meglio di quella parte che, sul tema immigrazione, non si è spostata a destra): il garante dei diritti. Non si capisce che ruolo potrà avere una figura del genere vista la normativa attuale, per cui un migrante, se non ha diritto all’asilo, non può fare sostanzialmente nient’altro. Un ruolo da passacarte, o peggio da foglia di fico. Non è chiaro quali figure saranno impiegate per questo compito, e nel caso si pensasse di coinvolgere organizzazioni per i diritti mi auguro che queste non si prestino al gioco. Il problema è che la logica repressiva, in questi anni, non ha funzionato, per il semplice motivo che, davanti alla forte motivazione di chi migra, non è mai stato un deterrente. Non resterebbe che governarli questi flussi, dando opportunità legali di ingresso per lavoro, ripristinando i decreti flussi e modificando la logica restrittiva in questo senso della Bossi-Fini. Sarebbe una logica di buon senso; ma capisco che, nel continuo clima elettorale italiano, non paga, ed è meglio andare incontro a chi urla “fuori gli immigrati!” (e poi a casa ha la badante/domestica negradicolorenero, ovviamente a nero).
Diritto d'asilo
Gli altri due punti riguardano il diritto di asilo. Il primo propone l’abolizione del grado di appello per i richiedenti asilo che si siano visti respingere la domanda sia dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale sia nel primo grado del ricorso ad un giudice.
È una decisione molto grave, sia perché presuppone un diritto diverso tra italiani e stranieri (e il diritto ad un giusto processo deve valere per tutti) sia perché, parlandosi di persone che asseriscono di rischiare la propria vita in caso di rimpatrio, è opportuno che ci sia il massimo di cautela nella valutazione. Inoltre, se una Commissione può sempre sbagliare, ma una media competenza ce l’ha, i giudici di primo grado che esaminano i ricorsi, non avendo quasi mai una competenza e una conoscenza dettagliata del tema, possono facilmente sbagliare. In un senso o in un altro, figuriamoci; conosco innumerevoli casi di sentenze che concedono la protezione a richiedenti la cui storia non sta assolutamente in piedi persino per me.
Si dovrebbe, semmai, creare una sezione apposita della magistratura che si occupi solo di asilo, assumendo e formando nuovi giudici, in modo da snellire i tempi e garantire meno aleatorietà dei giudizi. Eliminare, invece, un grado di giudizio rende solo tutto sempre più simile ad una roulette russa.
Scambio iniquo
Il secondo punto è quello che, a mio avviso, è più tragicomico, e mi dispiace che alcune organizzazioni si siano già dichiarate entusiaste. Si tratta dell’obbligo (secondo una minoranza delle fonti sarebbe invece a titolo volontario, ma cambierebbe poco), per chi fa domanda di asilo, di svolgere lavori socialmente utili. In pratica, dopo due mesi dalla domanda, il richiedente riceverà un documento dove sarà dichiarato “sedicente” (una specie di stella gialla di David sugli ebrei ai tempi del nazismo, ma 2.0?) e sarà inserito in un elenco per svolgere questi lavori. L’orientamento sarebbe, inoltre, di concedere una specie di punteggio premiale, a chi svolge queste attività, per il successivo esame della richiesta di protezione.
Questa parte è di una gravità assoluta. Il diritto di asilo non può essere, in alcun modo, subordinato al fatto che il richiedente dia qualcosa in cambio. Per fare un esempio, prendendo un altro diritto umano quale la salute, è come se io andassi al pronto soccorso per un problema grave e lì mi dicessero “ok ti curiamo, ma tu ci pulisci per due settimane le stanze”. Roba da chiamare i Carabinieri.
Quello che mi preoccupa è che, con questa logica, si tenti di trasformare l’asilo da diritto a concessione. In pratica non è più qualcosa che ti appartiene in quanto essere umano (cioè, appunto, un diritto umano), ma qualcosa che lo Stato ti concede, benevolmente ed alle sue condizioni.
Sarebbe una svolta epocale, e si potrebbe una volta per tutte stracciare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati (per non parlare dell’articolo 10 della Costituzione Italiana, in realtà mai applicato).
In più, la questione del punteggio premiale farebbe quasi ridere, se non fosse estremamente grave anch’essa. Che vuol dire, che uno che si inventa una storia assurda (perché non ha altra scelta, sia chiaro) ma si da da fare coi lavori socialmente utili ottiene la protezione, mentre un siriano fuggito da Aleppo, che si rifiuta di farli, lo rimandiamo a casa? E ai minori non accompagnati che lavori facciamo fare? Ma non era un altro il comico prestato alla politica?
Logica e illogica di una riforma (a mezzo stampa)
In definitiva una riforma che ripropone logiche repressive, già rivelatesi fallimentari in passato, e una grave restrizione del diritto di asilo. E a questo punto, al ministro Minniti che dice che la “sicurezza” deve essere una battaglia anche della sinistra, vorrei ricordare che parliamo proprio di persone che la propria “sicurezza”, nei Paesi da cui provengono, l’hanno a rischio se non peggio. Sarebbe questa la battaglia che mi aspetterei dalla “sinistra”. Altrimenti, e mi meraviglio a dirlo, ma ridateci Alfano.
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