Cultura
Matri mia…che miracolo questa Banda Ionica
Recensione di "Matri mia" nuovo lavoro della Banda Ionica di Enrico Barbieri
di Redazione
Legni, grancasse e bombardini: la Banda Ionica è arrivata tre anni fa a passo di marcia. Portava un disco intitolato Passione che pescava nel repertorio bandistico delle processioni del Sud Italia e trasudava un senso antico, religioso della musica. I capobanda Roy Paci (trombettista, fondatore degli Aretuska) e Fabio Barovero (Mau Mau) hanno chiamato di nuovo a raccolta il gruppo, cui man mano si sono accodati altri musicisti e nuove voci: Ermanno Giovanardi dei La Crus, Dani Carbonell dei barcellonesi Macaco, Vinicio Capossela… Ne è uscito fuori Matri mia, un disco diseguale, che corre via su vari registri intrecciando pezzi tradizionali con ballate alla Tom Waits, echi di lounge e marcette. Magari non proprio tutto brilla allo stesso modo, ma la banda riesce di nuovo a restituire quel dolcissimo autocompiacimento del dolore che fa parte della più profonda tradizione meridionale. Tra naufraghi, Madonne addolorate, vigogne nere e corone di fiori, ci si cala in un mondo dove la sofferenza, perfino la morte, è tangibile, esibita: cantata. Una citazione a parte meritano il brano di Capossela e il capolavoro dell?album, un?interpretazione memorabile di uno dei pezzi più belli della tradizione musicale siciliana. Cristina Zavalloni canta Mi votu e mi rivotu mettendo al servizio la sua voce screziata. Dalla più profonda Sicilia, passando per la Germania di Brecht e Kurt Weill, ci si trova d?incanto in uno scenario tutto contemporaneo: miracoli della musica.
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