Salute
Ricoveri fuori regione e assistenza a domicilio. Il Terzo settore abbandonato dallo Stato
È questa l’amara consapevolezza che è emersa dal convegno organizzato per i 50 anni dell’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, dal titolo “Curare è prendersi cura. La salute al centro”. Per il direttore generale Francesco Gesualdi, «le istituzioni faticano a colloquiare con il nostro mondo, con il Terzo settore. Siamo quindi noi che dobbiamo iniziare un viaggio per diventare interlocutori»
di Paolo Biondi
«Per l’attuazione della riforma del Terzo settore, quando ci si dice che manca il passaggio presso l’Unione europea e che non è stato ancora fatto il registro delle associazioni, certo, uno si preoccupa»: con questa considerazione amara Francesco Gesualdi, direttore generale dell’Ail (l’associazione italiana contro le leucemie-linfomi e melanoma), ha concluso il convegno indetto in occasione dei 50 anni di vita dell’associazione sul tema “Curare è prendersi cura. La salute al centro”.
Il convegno, realizzato in collaborazione con Aism, Antea, Fiagop, Fnopi, Uniamo e Human Foundation, aveva proprio come sottotitolo “Servizi alla persona e mobilità sociale. Le associazioni del Terzo settore incontrano le istituzioni”, ma proprio le istituzioni sono risultate assenti, fatta eccezione per il presidente della Commissioni Affari sociali della Camera, Marialucia Lorefice, e il capo segreteria del sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Steni Di Piazza.
I dati snocciolati nel corso del convegno parlano di una realtà enorme. Nel 2016 sono stati circa 800mila i ricoveri fuori regione dovuti, nella maggior parte dei casi, all’impossibilità di fruire delle prestazioni in quella di residenza oppure a uno stato di necessità. Dal Sud ogni anno partono 218mila persone, una popolazione pari ad una città delle dimensioni di Padova, dirette verso strutture sanitarie del Nord. Del resto, secondo l’Istat, circa un over 65 su 10 nei centri urbani rinuncia a curarsi per le distanze da percorrere, numero che sale a 1 su 8 nei centri rurali e a 1 su 3 nel Meridione. In Italia 4,5 milioni vivono sotto la soglia di povertà e 2 milioni rinunciano alle cure, ha detto l’onorevole Lorefice. Il Terzo settore vede impegnate un milione di persone delle quali il 52% composto da volontari. Il 21% dei soggetti del Terzo settore eroga assistenza sanitaria domiciliare, come ha ricordato Tonino Aceti, portavoce della Fnopi, la Federazione nazionale ordine professioni infermieristiche.
Proprio il tema dell’assistenza a domicilio ha occupato gran parte del convegno unitamente a quello di «trovare soluzioni che possano rendere più lieve il peso della malattia sul paziente e sui suoi familiari», ha detto in apertura il presidente nazionale dell’Ail, Sergio Amadori. Il fondatore e creatore di Antea, onlus nata per garantire assistenza gratuita a domicilio ai pazienti in fase avanzata di malattia e basata sulle cure palliative, Giuseppe Casale, ha duramente criticato la burocrazia che complica il lavoro delle associazioni di volontari: «Le leggi non devono aumentare i percorsi burocratici che aumentano spesso le possibilità di intralci e di zone d’ombra».
Fra i temi toccati, quello del diritto all’oblio, che richiede anch’esso un intervento da parte delle istituzioni e del legislatore, visto che in Europa già un Paese lo ha codificato.
Angelo Ricci, presidente della Fiagop, associazione genitori di onco ematologia pediatrica, ha ricordato che ogni anno in Italia 1.400 bambini e 800 adolescenti sono colpiti da problemi oncoematoligici e l’80% di essi guarirà, «ma non può portarsi dietro lo stigma per tutta la vita. In questo caso l’importanza del diritto all’oblio è del tutto particolare».
In un serrato susseguirsi di interventi di carattere generale e di testimonianze di casi particolari, il presidente dell’Ail di Pescara ha ricordato invece quanto importante è l’esperienza delle case alloggio, peculiarità dell’associazione del compianto Franco Mandelli, portando l’esperienza di una struttura nel Sud del Paese. Da quando è stata costruita nel 2009 al settembre di quest’anno la struttura nel capoluogo abruzzese ha servito 537 pazienti, per un totale di 1.464 persone considerando anche i familiari, raggiungendo complessivamente le 38.147 giornate di occupazione.
In conclusione, la giornata celebrativa dei 50 anni di vita dell’Ail ha voluto sottolineare «la necessità di riannodare un rapporto indispensabile con le istituzioni, perché da soli non si va da nessuna parte. Ma l’interlocutore istituzionale fa fatica a colloquiare con il nostro mondo, con il Terzo settore, con i volontari che donano sé stessi per queste associazioni. Siamo quindi noi che dobbiamo iniziare un viaggio per diventare interlocutori delle istituzioni e questo deve essere il nostro impegno da oggi al prossimo appuntamento che ci vorremo dare», ha concluso il direttore generale Ail Francesco Gesualdi.
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