Famiglia

Minori, Griffini: «Continua a mancare il diritto alla famiglia»

Il presidente di Aibi – Amici dei Bambini in occasione del trentennale della Convenzione Onu ricorda l’emergenza abbandono di cui sono vittima ancora troppi bambini nel mondo che sono costretti a crescere in istituto e rilancia le adozioni internazionali

di Antonietta Nembri

Nella giornata che celebra il trentennale della Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Marco Griffini, presidente di Aibi – Amici dei Bambini è una voce fuori dal coro: «30 anni di diritti, bene, ma ne manca uno fondamentale: il diritto alla famiglia. Se si va a leggerli uno per uno non c’è il diritto di un minore di crescere in un ambito familiare e io aggiungerei anche che un bambino ha diritto di crescere con un padre e una madre». Per Griffini (nella foto) si tratta di un tema caldo, soprattutto considerando che «non c’è per i Paesi che chiudono all’adozione internazionale il dovere comunque di trovare una famiglia ai bambini abbandonati. Per me questa è una carenza».



Ne è talmente convinto che per lui l’abbandono è una vera e propria emergenza umanitaria, «accanto a denutrizione, salute e guerra», continua. «Di abbandono si muore», insiste. E osserva come a mancare in tutti questi anni sia un rapporto su questo problema. «È l’unico rapporto che Unicef non abbia mai stilato. Hanno monitorato tutto, tranne questo: al punto che non sappiamo quanti siano i minori abbandonati, che sono in un istituto. Inoltre l’Unicef non ha mai spinto a definire l’adozione internazionale come uno strumento di protezione per i minori: di conseguenza i Paesi che chiudono le adozioni internazionali non hanno alcuna sanzione. Penso ad esempio a Etiopia, Kenya, Romania, mi chiedo come fai a privare un bambino della possibilità di avere una casa. E non mi risulta che questi bimbi vengano adottati all’interno del loro Paese».

Un altro aspetto per Griffini che spesso viene dimenticato è l’esercito dei careleavers, «tutti quei minori abbandonati che non vengono mai adottati. Quando a 18 anni – questo accade in tutto il mondo – escono dagli istituti, è una tragedia. L’Unicef non fa indagini, ma noi nel nostro piccolo abbiamo potuto vedere come in Marocco come in Russia o in Brasile 9 su 10 di loro vivono dei veri e propri drammi». Guardando ai prossimi 30 anni, «chiediamo che l’abbandono venga dichiarato un vero e proprio abuso: se tu Stato non trovi una famiglia a un bambino abbandonato, questo è un abuso». Per Griffini si tratta di un problema culturale dal momento che l’assistenza in sé non risolve il problema dell’abbandono: «meglio una famiglia sgarrupata che il nulla».

Un’altra delle battaglie di Aibi è l’avvocato del minore, «Gli out of family children dovrebbero avere diritto a un avvocato. Secondo noi nel momento in cui lo Stato lascia un minore fuori famiglia, quello ha diritto a un avvocato. Si è combattuto per il diritto all’ascolto, ma manca quello alla difesa per il minore fuori famiglia. Un avvocato che faccia anche valere il diritto al risarcimento del danno subito».

La situazione delle adozioni internazionali, però non è delle più rosee e da anni il numero delle famiglie disponibili e dei minori entrati sono in costante calo. «Noi come enti autorizzati per rispondere al clima che si era venuto a creare per l’immobilità della Cai ci siamo uniti in un coordinamento adozioni 3.0. E ora dopo 10 anni di battaglie speriamo di vedere un futuro». Sembrerebbe anche che il numero dei minori adottabili sia in forte calo. «La realtà è un po’ più complicata. Da circa un anno, noi come altri enti stiamo ricevendo da alcuni Paesi liste di centinaia di minori dichiarati adottabili che sono in realtà molto grandi. Poi vai a vedere le loro storie e scopri che sono in un istituto dall’età di 2 o 3 anni, ma dopo otto o nove anni in orfanatrofio il danno è stato fatto».

Marco Griffini è comunque fiducioso: «La nostra speranza è che si rimetta in funzione tutta la macchina organizzativa e che si ritorni agli anni passati quando il nostro era il Paese che firmava più accordi bilaterali in tema di adozioni internazionali. Negli ultimi anni le delegazioni internazionali non venivano nemmeno perché non avevano degli interlocutori. Ora spero che la ministra Bonetti lavori in questa direzione, noi l’aspettiamo».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.