Economia
I nuovi confini della finanza etica
La legge di Stabilità ha modificato il quadro normativo di riferimento. Intervista a Giulio Marcon primo firmatario dell'emendamento: «La finanza etica si poggia su un sistema di governance pienamente democratica che si ispira al modello dell’azionariato diffuso. L’obiettivo è ridurre la discrezionalità manageriale e garantire la piena partecipazione alle scelte dell’impresa e nelle decisioni di investimento, non solo da parte dei soci, ma anche dei dipendenti e dei risparmiatori»
Nella nuova Legge Di Bilancio, approvata in via definitiva il 7 dicembre 2016, è stato introdotto un emendamento che fornisce un quadro normativo chiaro e preciso agli operatori di finanza etica. Le istituzioni di finanza etica attualmente presenti in Italia, sono le MAG, le Cooperative di Mutua finanza Autogestione, e il gruppo Banca Popolare Etica. Tuttavia la decisione del Parlamento di riconoscere la finanza etica rappresenta una novità non solo in Italia ma anche in Europa e nello scenario internazionale, dove le autorità di vigilanza stanno negoziando un pacchetto di testi legislativi nel settore bancario e finanziario con l’obiettivo di ridurre ulteriormente i rischi nel campo creditizio, pur promuovendo la crescita economica. Vita ne ha parlato con l’onorevole di Sinistra Italiana Giulio Marcon, primo firmatario dell'emendamento
Onorevole Marcon, qual è il principio ispiratore della nuova misura sulla finanza etica?
Si è voluto cercare di ridare un’anima alla finanza come qualcuno ha scritto. Con la misura introdotta dal Governo, approvata peraltro a larghissima maggioranza, si punta infatti a ricondurre la finanza al servizio del bene comune e della società secondo modelli di sviluppo sostenibile. Un’alternativa alla finanza speculativa ossessionata dal profitto a breve termine e a tutti i costi. Senza dimenticare che la finanza orientata in senso etico si è rivelata particolarmente efficiente negli anni della crisi economica, quando il resto del sistema bancario contraeva i finanziamenti. Gli operatori di finanza etica hanno continuato a dare credito e fiducia a famiglie e imprese, mantenendo un basso tasso di sofferenze
L’ordinamento italiano ha riconosciuto il valore sociale e ambientale, oltre che economico e finanziario, della finanza etica. In che modo?
Si tratta di una modifica all'art 111 del Testo Unico Bancario (TUB) che definisce operatori bancari di finanza etica e sostenibile, le banche che conformano la propria attività a una serie di principi come ad esempio integrare l'analisi finanziaria con la valutazione dell'impatto sociale e ambientale degli investimenti, delle attività o dei progetti che decidono di sostenere. Destinano almeno il 20 per cento dei propri impieghi, e quindi dei finanziamenti, al Terzo Settore, ovvero ad organizzazioni sociali senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica. Ma non basta. Il surplus di profitto deve essere reinvestito nel ciclo economico affinché tutti ne possano beneficiare in maniera diretta o indiretta. Gli operatori di finanza etica dovranno anche mettere on line tutti i finanziamenti erogati al fine di dare evidenza pubblica su come vengono utilizzati gli impieghi. E i dirigenti non potranno essere pagati cinque volte di più lo stipendio medio di un loro dipendente. In sostanza il sistema di finanza etica non elargisce maxibonus ai propri manager che sono stati tra le cause che hanno originato il crollo dei mercati e la crisi economica.
A proposito di governance, le ultime vicende che hanno coinvolto il settore bancario hanno evidenziato una gestione inefficiente e del tutto inadeguato. Una questione cruciale anche per gli operatori di finanza etica?
Su questo punto l’emendamento è molto chiaro. La finanza etica si poggia su un sistema di governance pienamente democratica che si ispira al modello dell’azionariato diffuso. L’obiettivo è ridurre la discrezionalità manageriale e garantire la piena partecipazione alle scelte dell’impresa e nelle decisioni di investimento, non solo da parte dei soci, ma anche dei dipendenti e dei risparmiatori. Si decide quindi in base al principio "una testa, un voto".
Sul fronte delle agevolazioni fiscali?
E’ prevista la detassazione degli utili destinati ad incremento del capitale sociale. Nello specifico è riconosciuta agli operatori di finanza etica e sostenibile l’esenzione dalle imposte sui redditi del 75% delle somme destinate a incremento del capitale proprio. Ma non è sufficiente. Il prossimo passo sarà riconoscere a tali soggetti un credito di imposta pari al 7,5% e, al fine di fornire un costante aumento della loro dotazione patrimoniale, una riduzione del 3% delle imposte sui redditi derivanti da finanziamento con capitale di rischio. In questo modo gli intermediari di finanza etica disporranno di risorse aggiuntive da destinare al sostegno del Terzo settore che deve fronteggiare emergenze sociali e ambientali sempre più urgenti (povertà, minori e disoccupazione).
Una misura a supporto della finanza etica che impatto potrà avere sull’intero sistema bancario?
Su questo punto è necessaria una precisazione. Rientrano nel sistema di finanza etica gli operatori che rispondono ai criteri che ho descritto in precedenza. Tra le altre cose non finanziano settori controversi, come ad esempio l’industria delle armi. Questo vuol dire che l’impegno in tema di sostenibilità sociale e ambientale, rispettare il codice etico e predisporre un bilancio sostenibile non sono elementi qualificanti di un’attività finanziaria orientata in senso etico. Tuttavia, ci auguriamo che la novità normativa in argomento possa essere uno stimolo al cambiamento culturale a favore di comportamenti attenti alla dignità della persona e dell’ambiente.
Quindi quali effetti per l’economia sociale nel suo complesso?
Prima di tutto intensificare le attività di erogazioni del credito al settore del non profit i cui attori potranno finalmente contare su intermediari finanziari che ne condividono la visione. Ma si assisterà anche ad un effetto moltiplicatore. Con il riconoscimento legislativo, la finanza etica potrà investire in settori economici più ampi, ovvero in tutte quelle attività imprenditoriali che producono, sul territorio dove operano, un beneficio sociale e/o ambientale. E svolgere, infine, un ruolo cruciale per il mantenimento dei servizi alla cittadinanza, in una stagione nella quale la crisi del welfare state fa sentire tutti i suoi effetti negativi.
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