Famiglia

Droga: una ricerca a tappeto. Così sani, così insani

Nati in famiglie regolari, spesso amati da un partner generoso, i tossici d’oggi iniziano per un disagio che in pochi sanno spiegare.

di Gabriella Meroni

Fragili, fragilissimi, quasi bambini. In bilico tra la voglia di camminare da soli e il bisogno di qualcuno che li prenda per mano. Perché si sentono soli, maledettamente soli e tristi, anche se alle spalle hanno spesso famiglie solide e un partner che li ama e li sostiene, anche quando non se lo meritano. Sono questi i tossicodipendenti di oggi, come emergono dalla fotografia (dettagliatissima) loro scattata da una innovativa ricerca promossa dalla Casa del giovane di Pavia e finanziata dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Un ritratto lontano da quello stereotipato del tossico metropolitano, con l?aria imbambolata e lo scippo facile. Merito dell?accuratezza dell?indagine, condotta su 422 persone (82% maschi) in cura presso Sert (48,8%) e comunità (51,2%) sparsi su tutto il territorio, da Milano a Messina, da Voghera a Napoli, da Arezzo a Molfetta. Rapporti difficili Ma chi sono, allora, questi moderni assuntori di sostanze? Proviamo a capirlo utilizzando i primi dati anticipati a Vita e non ancora elaborati dai ricercatori: ve li presentiamo così come sono, senza aggiungere giudizi o interpretazioni. Partiamo dall?istruzione: il 57,8% del campione si è fermato alla scuola dell?obbligo, un quinto è diplomato e i laureati non raggiungono l?1%. Quasi il 10% è arrivato appena alla quinta elementare. Ma non sono emarginati: il 54,2% lavora in regola, e solo il 13,5% si definisce disoccupato; tra i lavoratori, prevalgono gli operai (56,8%). Alta l?età: l?80% ha più di 26 anni (il 7% più di 40), un dato che – è l?unica, preliminare osservazione dei ricercatori – lascia scoperta la fascia adolescenziale, che semplicemente non viene intercettata dai servizi, ma non per questo ha meno disagi. Che siano istruiti e ?quadrati? o disoccupati senza titolo di studio, impressiona un dato comune: quello relativo all?alcol, al fumo e alla cannabis, sostanze che gli intervistati conoscono bene. Il 91,94%, infatti, beve alcolici e solo l?1,6% non fuma (più di un quinto dei fumatori supera il pacchetto al giorno); quanto alla cannabis, il 94% l?ha provata (il 33,1% prima dei 14 anni). A sorpresa, il primato della sostanza ?pesante? va a pari merito a eroina e cocaina, entrambe utilizzate dal 93,6% del totale (il 35,5% dei cocainomani ha iniziato prima dei 18 anni). La fragilità, dicevamo. Mai come in questa ricerca emerge l?influenza degli amici nell?avvicinarsi alla dipendenza. Alla domanda «qual era il problema più pressante quando hai iniziato a farti», il 16,8% risponde «la difficoltà nei rapporti interpersonali», e il 10,1 il bisogno di adeguarsi al comportamento altrui: l?83,1% aveva amici che utilizzavano droga, da sola o con altre sostanze (21,8 con alcol e psicofarmaci, il 18,5 con alcol, il 7,3 con psicofarmaci). Ancora, il 65,5% ha avuto la prima dose da un amico, e anche se oggi per molti la situazione è migliorata («non frequento più nessuno che si droga», dichiara il 36,6), c?è ancora un 23,7 che ha la maggior parte degli amici nel giro, e un 22,3 che si incontra regolarmente con loro per strada. Se gli amici sono importanti, ancora più decisiva è la famiglia di origine, al cui disagio il 26% degli intervistati attribuisce la ragione del primo impatto con le sostanze. Ancora oggi, per la maggioranza di loro (il 37,7%) il conflitto con la famiglia resta irrisolto. Ma non serve immaginarsi, quasi per trovare conforto, situazioni di estremo degrado alle loro spalle. Anzi. Moltissimi tossicodipendenti sono cresciuti in famiglie che essi stessi descrivono come ?normali?, in cui luci e ombre si mescolano in parti uguali. I genitori avevano un rapporto di coppia positivo nel 62,8% dei casi; il padre era responsabile (53,5), la madre protettiva (80,6). Certo, ci sono padri troppo autoritari (57,3), e a volte violenti (18,2), e mamme emotive o impulsive (54,2), ma nel complesso il rapporto con il genitore risulta positivo nel 57,6% dei casi, e con la madre nel 76,3. Semmai, sono i figli a riconoscere i loro errori: il 62,8 ha raggirato il padre per ottenere i propri scopi; un 19,9 è stato violento con la madre, e il 73,7 l?ha ingannata. Aiuto? Sì grazie La solitudine è un?altra piaga aperta, insieme alla depressione e alla tristezza. Se un tossicodipendente su cinque è sposato o convive, uno su dieci è invece separato o divorziato, e la maggior parte è single (67,7%). Per un 8%, inoltre, il problema più grave causato dalla droga è la «perdita del partner». Chi è in coppia, però – e ricordiamo che oltre l?80% del campione è maschio – si dice soddisfatto perché può contare su una persona affidabile (per il 74,2), protettiva (67) e per niente autoritaria (70,6). Insomma, un rapporto positivo in più dell?80% dei casi, anche se un 10% degli intervistati ammette di essere a volte violento con il/la partner. Ma il vero punto dolente, come nel caso dei genitori, è la sincerità: il 58,5% spesso rifiuta di comunicare con chi gli sta accanto, e il 55,2 dice o ha detto spesso bugie a chi ama. Infine, il benessere psicologico, che per molti viene prima di quello fisico, visto che oltre il 62% degli intervistati dichiara di stare bene in salute, mentre il 66,8 confessa un umore triste, depresso o variabile. Non basta: per alcune persone la tristezza diventa emergenza, se è vero che il 16,6% «non è in grado di far fronte alle cose che succedono nella vita», il 21 si sente tanto depresso da non alzarsi dal letto e il 22,7 non ha più interesse a vivere. Per fortuna, questa prostrazione rimane teorica per il 94,3% delle persone, pari alla percentuale di chi non ha mai tentato il suicidio; comunque la quota restante, di chi ci ha provato, non lascia tranquilli. L?ultima domanda dei ricercatori è la più diretta, la più spontanea: hai bisogno di aiuto? No, per uno spavaldo 6,1%. Per gli altri, i primi drammi sono quelli personali e famigliari (41,6), poi il bisogno di lavorare (12,8) e la soluzione di grane legali (7,5). Ma colpisce un altro, piccolo dato: quel 19% di intervistati che alla domanda «ma allora, perché hai iniziato?», risponde sinceramente: non lo so.


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