Volontariato

Il fattore immigrati decisivo in Veneto. Ocio al sior Ahmed

Nella regione più operosa d’Italia si vota in 78 comuni e due province. Interviste a Raffaele Zanon, Luigi Rossi Luciani e Maurizio Trabuio.

di Ettore Colombo

“Terra degli schei”, per il giornalista Gian Antonio Stella. «Laboratorio Nord Est», per il sociologo Ilvo Diamanti. Culla di «padroncini razzisti ed egoisti», per l?ulivista Francesco Rutelli. Un uomo politico lungimirante, si potrebbe dire. Eppure, alle scorse elezioni politiche, la Margherita qui, «giù al Nord», come direbbe Antonio Albanese, ha fatto il pieno dei voti, surclassando i Ds e imponendosi come fenomeno politico. Poi, certo, per un Rutelli che capisce poco o nulla di veneti, ma che sostiene di voler «ripartire dal Veneto» (e non a caso, ha aperto a Vicenza la campagna dell?Ulivo per le amministrative), c?è un Cacciari (Massimo) che ha deciso di buttare la spugna, schifato dalle continue lotte al coltello di casa sua. E così, dopo aver fondato Insieme per il Veneto, ha deciso di mollare tutto e tornare agli studi: farà il rettore di una nuova facoltà di filosofia. A Milano. Appunto. Galan, il mediatore Eppure, in Veneto, qualcosa si muove. Il mare azzurro (Forza Italia), nero (An) e bianco (Udc) scricchiola, smotta, come il Vajont dell?arciveneto Paolini. Molte le guerre interne in corso. Quella di Verona, dove il sindaco uscente, Michela Sironi, è in rotta di collisione con il suo partito, Forza Italia, presenta una propria lista e il senatore forzista (non si sa per quanto) Aventino Frau è il suo candidato sindaco. A guidare il Polo nel senso stretto del termine, invece, ci sarà il commissario straordinario della Fiera Pierluigi Bolla, ex assessore regionale al Turismo, che ha trovato nel presidente regionale Giancarlo Galan il suo mentore. Galan, in Veneto, fa e disfa. Uomini, enti locali, assessori. Ha inventato Forza Italia, ha saputo far andare d?accordo, obtorto collo, Lega e An. Sa parlare alla società civile. Ed è pure simpatico. Ma a Verona il suo uomo rischia la sconfitta. A fare da terzo incomodo c?è l?avvocato Paolo Zanotto: guida una lista civica appoggiata da tutto l?Ulivo. Ma Verona, città degli skinheads e della Liga di Fabrizio Comencini, che sta a destra della Lega, oggi in crisi verticale in tutta la regione, come dei Beati costruttori di Pace e dei preti missionari, fa per sé. È quasi Lombardia. Veneto vuol dire Padova, Treviso, Vicenza, Rovigo. E contado. Belluno, invece, è già Trentino. Qui la Margherita è fiorita per prima, inventata dai popolari di frontiera come il suo ex brilante sindaco Maurizio Fistarol. La mina Gentilini Venezia, invece, e il suo specchio malato, Mestre, ma anche Chioggia e tutto il Polesine, sono ancora delle isole rosse, terra della sinistra vecchia e nuova. Quella di Paolo Cacciari, assessore all?Ambiente a Venezia, rifondarolo doc e no global della prima ora, protagonista di Porto Alegre, versante ?bilancio partecipato?, e del dialogo con i centri sociali lagunari (dal Pedro di Padova, dove si è formato Luca Casarini, al Rivolta di Venezia). Ma anche quella di Paolo Costa, industriale tutto d?un pezzo e tutta una lite con Rifondazione e verdi. Del resto, anche la nuova sinistra mostra la corda: il prosindaco di Venezia, il verde Gianfranco Bettin, è deputato, lavora sui temi della globalizzazione, maha più lettori che elettori. Anche se è stato il primo a intercettare paure e drammi grondanti malsano familismo patriarcale, ipocrita timor di Dio e realissima cupidigia che solo gli schei e i loro falsi dei sanno creare. Parole in libertà (?parole mate?, direbbe Paolini) sono senz?altro quelle del sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, che contro gli immigrati (vera necessità dettata dal lavoro di cura, cioé l?assistenza agli anziani) si erge minaccioso, per parole e modi. «Ci vuole il bazooka». «Che dormano sotto le panchine». «Fora de ca?». Governa Treviso da signorotto di una Marca medioevale, e i quartieri da sceriffo, Gentilini. Duca e sceriffo ottuso che non sopporta nessuno, imprenditori in testa. I quali, nel trevigiano, la pensano tutti come Sergio Bellato, presidente dell?Unione industriali: «I primi globalizzati siamo noi, gente aperta, di cultura, non macchiette. E noi abbiamo bisogno non solo di braccia, ma anche di persone che sappiano vivere le nostre società. La Bossi-Fini, in quanto a quote, norme e numeri, non ci aiuta. E un Gentilini fa danni». Tanto che gli industriali hanno pensato bene d?investire su un?altra politica, quella abitativa: 10 miliardi di lire per 200 appartamenti, spiega Bellato. «Non è il nostro ruolo, ma è nel nostro interesse». Risultato: in provincia la Casa delle Libertà s?è spaccata. Il candidato della Lega e presidente uscente, Luca Zaia, si ricandida, ma dovrà vedersela con l?uomo del Polo, Francesco Giacomin (Udc), segretario di Confartigianato. A rompere le uova ci penserà Diego Bottacin (Ulivo). Il segretario regionale Ds, Cesare De Piccoli, ci spera: «Il centrodestra finge aperture sull?immigrazione, ma è opportunismo. Almeno Gentilini lo dice, cosa pensa. Gli altri fingono. Comunque noi lo stiamo costruendo, il nuovo Ulivo». Per la provincia di Vicenza, invece, il Polo è unito. Il candidato, la leghista Manuela Dal Lago, va verso la riconferma contro Giuseppe Sella, uomo di Ulivo e Prc. Ma anche qui la ?Forza nera? resta il vero nodo della politica: il 15 maggio sono scesi in piazza a migliaia, a reclamare diritti, a protestare contro la Bossi-Fini ed a ricordare che, loro, sono anche imprenditori (3mila dai 300 di dieci anni fa, in tutto il Nord Est) e non soltanto lavoratori. Quanto pesa il capitale Insomma, alla fine in regione cambierà poco o nulla, anche perché (Gentilini a parte) il Polo qui la sa lunga: incoraggia gli industriali, corteggia il volontariato, fa poca cultura, ma sa stare in mezzo alla gente. Come il sindaco di Padova Giustina Destro, una lady di ferro. Come l?assessore regionale alle Politiche sociali, Antonio De Poli, che al recente Civitas di Padova non è venuto a fare un giro e via (come Fassino e Rutelli). La Destro s?è fatta vedere e spesso, Galan anche. E il salone, più che italiano, parlava veneto. Del resto, a lavorare per l?integrazione degli immigrati c?è soprattutto il Terzo settore, quello che una volta era una rete di parrocchie e Camere del lavoro e oggi è non profit. In Veneto lavorano tutti. «L?insulto peggiore da queste parti», sorride Giorgio Lago, ex direttore del Gazzettino, «è di essere un fannullone. E anche gli immigrati lavorano. I veneti saranno poco acculturati, ma non sono stupidi. Il padroncino del ?faso tuto mi? è finito, è nata la seconda generazione: globalizzata e pronta all?integrazione». Qualcuno dovrebbe dirglielo, però, al Bossi. E al Gentilini. Ocio Lega ex padrona:il capitale degli schei non perdona. Raffaele Zanon, assessore La destra dolce. Con le colf Raffaele Zanon ha il viso sorridente e un po? furbo di uno in carriera: 45 anni, una lunga militanza in An (area Destra protagonista), assessore da due legislature, prima al Welfare e ora all?Immigrazione e sicurezza, lo potremmo definire il volto buono di An. Meglio: il volto intelligente della politica pacata del centrodestra ?alla veneta?. Vita: Zanon, sarà mica uno che gli immigrati li vuole integrare davvero, lei? Raffaele Zanon: Non è colpa mia se siamo l?unico assessorato in Italia che si chiama così: Sicurezza e flussi migratori, peculiarità di una regione-laboratorio. Le esigenze di industriali e famiglie ci chiedono regolarità nei flussi. Insieme al rispetto della legalità e al contrasto duro a prostituzione e criminalità. Abbiamo deciso di affrontare il problema immigrazione e di non limitarci a subirlo. Vita: Ci dia un po? di numeri assessore, di cifre e magari anche di risultati… Zanon: Abbiamo un programma triennale e un tavolo di consultazione. Nel 2000 avevamo stanziato un miliardo di lire, ma grazie al ministero del Welfare, nel 2002 i miliardi sono 20. Lavoriamo con gli enti locali, le associazioni di categoria e di volontariato. Vita: Assessore, ma lei alle reazioni dentro il suo partito ci pensa? E alla Lega? Zanon: Con la Lega abbiamo un patto: noi andiamo avanti su questa strada e loro varano un piano per il sostegno e il possibile rientro degli immigrati veneti dal Sud America. Certo, scoppiano liti, ma poi rientrano. Con le posizioni di An sono in sintonia, tranne che per l?emendamento (bocciato) sulla regionalizzazione dei flussi e per quello sul tetto di badanti e colf. Le posizioni dei cattolici del Polo, in questo caso, mi sono apparse più sagge. Rossi Luciani, industriale Caro Bossi, ecco perché ti sbagli Luigi Rossi Luciani è un uomo mite. Persino poco veneto rispetto a quanto, di solito, sono veneti i veneti. Presiede l?Associazione industriali veneti, uno di quei posti che ti fanno ricredere sul modello del padroncino ignorante del Nord Est. Dove hanno varato progetti a favore degli immigrati come Extrapoint, voluto in provincia di Padova da Acli, Camera di commercio, Cgil-Cisl-Uil e naturalmente Unindustria. Vita: Ma cosa siete, in Veneto, industriali o filantropi? Luigi Rossi Luciani: La questione è semplice: qui abbiamo il trend di natività più basso del mondo e la popolazione che invecchia più rapidamente in Italia. Senza dire del tasso di disoccupazione, ridicolo. Ne consegue che abbiamo bisogno di lavoratori, persone adibite ai lavori di cura, gente che popoli questa regione. Italiani, europei o extracomunitari poco importa, l?importante è che arrivino. Vita: E invece è arrivata la legge Bossi-Fini… Rossi Luciani: Una cattiva e brutta legge. Stupida, direi. Abbiamo chiesto almeno la regionalizzazione delle quote, ma gli emendamenti che anche noi, e la Regione, appoggiavamo sono stati bocciati. Poi, certo, ci sono i problemi dell?accoglienza da risolvere. Ma li risolveremo. Vita: Ma le vostre proposte quali sarebbero? Rossi Luciani: Primo. Formazione e selezione del personale nei paesi d?origine. Secondo. Integrazione degli immigrati sul territorio, argomento sul quale abbiamo cercato di coinvolgere i governi locale e nazionale, ma senza successo. Dunque ci siamo attivati, fornendo foresterie e abitazioni, che consideriamo investimenti. I mezzi messe a disposizione dalle autorità sono scarsi, il rapporto con il non profit, invece, è ottimo. Maurizio Trabuio, Acli L?integrazione che ci conviene Maurizio Trabuio, membro delle Acli padovane, presidente della cooperativa per immigrati Nuovo villaggio, coordinatore di Veneto accoglienza, ha l?aria di chi sa che il suo posto è in mezzo agli altri. Vita: Insomma, qui son tutti bravi, solidali. Industriali, politici, volontari. Un Eden. Maurizio Trabuio: No, guardi, le difficoltà ci sono e sono tante. Come anche le ricchezze. Entrambe legate al territorio. Le imprese sociali e il mondo del volontariato offre buone risposte alle domande del mondo dell?impresa. La politica non può che assecondare queste scelte. Ma farsi ascoltare è dura. La differenza con il quadro nazionale, forse, è che qui giochiamo in squadra, superando i campanilismi. Ma non è tutto oro: dieci anni fa, gli imprenditori nemmeno ci guardavano, quando andavamo a bussare per progetti di solidarietà. Oggi ci trattano come quelli che avevano capito tutto. Il rischio c?è, tuttavia, e sta nel considerare gli immigrati come schiavi. Noi serviamo a fargli capire che l?inserimento degli extracomunitari conviene anche a loro. Ma molti hanno paura, credono nella retorica dell?insicurezza. Vita: Come a Treviso, per esempio? Trabuio: Sì, come a Treviso, dove uno come Gentilini, il sindaco, queste paure le alimenta. Alla sua città fa del male, questo piccolo Le Pen. Le persone intelligenti non mancano neanche lì, industriali in testa. Ma restano situazioni come quelle di via Anelli, a Padova: 300 appartamenti dove vivono 10 persone in 32 metri quadri. Una cloaca. Il sindaco Destro non fa nulla. La Regione neppure. Roma non sto nemmeno a citarla. Vita: E la sinistra? Trabuio: Mah, la sinistra è morta. Info: www.extrapoint.it www.fondazionenordest.net www.regione.veneto.it


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