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La cooperazione allo sviluppo? Al governo mancano ambizione e visione

Mediamente, tra il 2015 e il 2018 meno di 1/6 dei fondi complessivi APS è stato destinato alle reali attività di cooperazione bilaterale e alla costruzione di partenariati con i paesi prioritari per l’Italia. Tale proporzione scende a 1/9 dei fondi complessivi nel 2019, rimanendo tale nelle previsioni di bilancio 2020-2022. Un'analisi in cinque punti

di Nino Sergi

Stando alla legge di bilancio 2020-2022, la cooperazione internazionale per lo sviluppo continua a rimane stazionaria, con andamento negativo, senza ambizione e visione. Dal 2015, dopo l’approvazione della legge 125/2014, il Parlamento ha iniziato ad attuare la disposizione legislativa di adeguamento degli stanziamenti per l’Aiuto Pubblico alla Sviluppo (APS) agli impegni assunti a livello internazionale. Dallo 0,21% del Pil nel 2015 si è infatti passati a quasi lo 0,30% nel 2017. Tale progressione si è arrestata nel 2018, incidendo particolarmente sulla cooperazione bilaterale che attualmente non supera in realtà il 10-15% del totale complessivo, dato il maggiore utilizzo di tali fondi per l’accoglienza dei rifugiati in Italia; allargando così lo squilibrio rispetto al canale multilaterale che complessivamente supera il 50%.


Osservazioni e proposte al Governo e al Parlamento

I. È questa la cooperazione bilaterale che l’Italia vuole?
La tabella dimostra come le programmazioni finanziarie delle leggi di bilancio rispondano innanzitutto agli stretti obblighi internazionali, europei e multilaterali a cui l’Italia è tenuta ed alle necessità relative all’accoglienza dei richiedenti asilo nelle varie regioni italiane. Mediamente, tra il 2015 e il 2018 meno di 1/6 dei fondi complessivi APS è stato destinato alle reali attività di cooperazione bilaterale ed alla costruzione di partenariati con i paesi prioritari per l’Italia. Tale proporzione scende a 1/9 dei fondi complessivi nel 2019, rimanendo tale nelle previsioni di bilancio 2020-2022.
È questa la cooperazione bilaterale che il Governo e il Parlamento vogliono realmente? C’è ancora tempo per cambiare rotta, fin dalla legge di bilancio in discussione al Senato, consapevoli che mantenendo queste previsioni l’Italia continuerà ad avere una cooperazione bilaterale di sussistenza; e apparirà in tutta evidenza l’incoerenza rispetto agli impegni politici assunti ed alle affermazioni sulla necessità di solidi partenariati, in particolare nelle aree prioritarie dell’Africa, del Mediterraneo e del Medio Oriente.

II. Progressione e stabilizzazione degli stanziamenti tra il 2020 e il 2030
Uscire dalla sussistenza richiede la progressione e stabilizzazione degli stanziamenti, rendendoli certi per ciascun triennio. È la condizione per potere garantire efficacia e qualità agli interventi di cooperazione allo sviluppo. L’articolo 30 della legge 125/2014 stabilisce il “graduale adeguamento degli stanziamenti annuali per la cooperazione internazionale allo sviluppo, tale da porre l'Italia in linea con gli impegni e gli obiettivi assunti a livello europeo e internazionale”. L’impegno preso con l’adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è di giungere allo 0,7% del Pil. Il graduale adeguamento degli stanziamenti annuali richiederebbe quindi una progressione pari a +0,04% del Pil, per ciascuno dei prossimi dieci anni.
Le risorse possono essere trovate già all’interno delle previsioni finanziarie 2020, riconsiderando l’impropria attribuzione alla spesa APS di parte dei fondi per l’accoglienza in Italia dei richiedenti asilo. Le regole Ocse-Dac stabiliscono infatti che tali spese possano essere considerate aiuto allo sviluppo solo per il primo anno dalla data delle singole richieste di asilo. D’altro canto, gli arrivi di stranieri sono diminuiti del 90% rispetto al 2016-2017 ma la somma stanziata al ministero dell’Interno rimane mediamente la stessa. Sono stanziamenti che la stessa legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 767 e 768) ha considerato eccessivi, stabilendo che “il Ministro dell'interno è autorizzato a ripartire, con propri decreti… le somme accertate ai sensi del comma 767 tra i pertinenti capitoli di bilancio del Ministero dell'interno” (si tratta di risparmi di 400 milioni dal 2019, 550 milioni dal 2020 e 650 milioni dal 2021) e che ulteriori risparmi “confluiscano in un apposito fondo… da destinare alle esigenze di funzionamento del medesimo Ministero”. Che le somme stanziate come APS vadano a sostenere il funzionamento del ministero dell’Interno è una distorsione che deve essere assolutamente corretta a favore delle reali attività di cooperazione allo sviluppo.

III. Inderogabili modifiche, senza oneri aggiuntivi
Nel disegno di legge di bilancio 2020, il Parlamento può quindi, senza oneri aggiuntivi, spostare almeno 500 milioni APS dal ministero dell’Interno al ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, incrementandoli con eventuali ulteriori risparmi nella legge di assestamento di metà anno. È il minimo per potere rivitalizzare la cooperazione internazionale per lo sviluppo, permettendone l’attuazione delle finalità, il raggiungimento degli obiettivi, il normale esercizio delle funzioni delle istituzioni preposte. Si tratta di tradurre nella realtà – uscendo dalle mere intenzioni – la legge 125 approvata dal Parlamento nel 2014 con consenso unanime, riuscendo ad attuare così:

  • a) i programmi, i progetti, i relativi studi, le partnership e le relazioni istituzionale settoriali, le strategie paese, i monitoraggi, i controlli, le valutazioni; per la cui realizzazione è indifferibile il rafforzamento dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo nella sua struttura centrale e nelle sedi estere;
  • b) il pieno esercizio dei compiti affidati dalla legge alla Dg Cooperazione allo sviluppo, finora esercitati al minimo, data la perdurante insufficiente copertura finanziaria; che riguardano l’elaborazione degli indirizzi e la programmazione, la rappresentanza politica, la coerenza nelle relazioni multilaterali e bilaterali, le proposte sui contributi alle organizzazioni internazionali, sugli interventi di emergenza umanitaria, sui crediti concessionali, la valutazione dell'impatto e del raggiungimento degli obiettivi definiti dal Comitato interministeriale nella programmazione triennale.

IV. CDP, Istituzione finanziaria per la cooperazione allo sviluppo
Una delle innovazioni della legge 125 è stata la creazione dell’Istituzione finanziaria per la cooperazione allo sviluppo, identificata in Cassa Depositi e Prestiti che, nel nuovo piano Industriale, ha inserito la cooperazione allo sviluppo nelle quattro aree prioritarie. Si tratta di un’innovazione che situa l’Italia al livello dei più importanti paesi europei con istituzioni finanziarie attive da tempo nella cooperazione allo sviluppo. Occorre ora che il Parlamento definisca le norme per l’attivazione degli strumenti di garanzia già previsti dalla normativa primaria e meccanismi di abbattimento del tasso di interesse a favore dei paesi partner, ampliando così settori di sviluppo e aree geografiche di priorità strategica per la cooperazione italiana. Dovranno inoltre essere Incrementate forme di partenariato pubblico privato, con strumenti di blending che attivino risorse private accanto a quelle pubbliche.

V. Fare sul serio
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile si attua anche attraverso una buona e ampia cooperazione e partenariati per lo sviluppo. Il Governo e il Parlamento hanno dieci anni di tempo per potere trasformare le parole in fatti realizzabili, utili ed efficaci. Questa nota, che esprime preoccupazioni condivise nel mondo Ong e Osc di sviluppo, indica sia provvedimenti realizzabili subito, senza aggravio di costi, sia decisioni da prendere durante i prossimi dieci anni, con un preciso calendario di scadenze. Fermarsi ad una visione limitata al breve termine, rinviando continuamente decisioni non più rinviabili, sarebbe una dimostrazione di grave incoerenza e irresponsabilità politica.
La cooperazione dell’Italia per lo sviluppo, a cinque anni dalla nuova legge, ha bisogno dell’ossigeno necessario per potere essere viva ed efficace nella rete delle relazioni internazionali che riguardano aree e paesi di interesse primario per l’Italia. Il Parlamento ha il dovere di intervenire.


*Nino Sergi, presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007

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