Cultura

In un carcere che non c’

Sono tossicodipendenti ma anche pezzi da novanta i 36mila "carcerati invisibili" che godono degli arresti domiciliari.

di Cristina Giudici

“All?apertura dell?anno giudiziario, il procuratore generale ha ricordato le cifre dei detenuti, ma si è dimenticato di quei 36 mila cittadini seguiti nel ?98 dagli assistenti sociali fuori dal carcere, perché si tratta di una verità che si cerca sempre di nascondere”. Ha proprio ragione Maria Pia Giuffrida, assistente sociale e responsabile della divisione trattamento e misure alternative presso l?amministrazione penitenziaria. Sì, perché, quando la guerra delle cifre ricomincia, a perdere sono sempre loro, i 775 assistenti sociali che con un budget di sei miliardi annui gestiscono un carcere che non c’è, o meglio non si vede: l?esecuzione delle misure alternative. Dopo l?omicidio dei gioiellieri Ezio Bartocci di Milano e Domenico Felicini a Toscolano Maderno è tornata la polemica sulla legge Gozzini, il lassismo della giustizia, la mancata certezza della pena. E così, come all?inizio dell?anno, quando Milano, finì in testa alla classifica della criminalità con nove omicidi in dieci giorni è tornata puntuale la guerra delle cifre. Si esaltano i numeri dei detenuti agli arresti domiciliari trovati irreperibili, si accusano gli assistenti sociali di non sapere fare il loro mestiere (ma l?istituto giuridico dell?arresto domiciliare dipende solo dai controlli della polizia). Siamo arrivati al collasso della giustizia e della riforma penitenziaria che nel ?75 inaugurò il nuovo corso, cioè il reinserimento e la rieducazione dei detenuti? Ragioniamo. Oggi in Italia ci sono 775 assistenti sociali, dipendenti del ministero di Grazia e Giustizia, deputati a gestire la parte trattamentale dei condannati definitivi. 58 centri che gestiscono il futuro di 36 mila persone fra ex detenuti e autori di reato che non sono mai passati dal carcere, ma godono dei benefici di legge direttamente in libertà. Tossicodipendenti, rapinatori, tangentisti, testimoni di Geova, che non riempiono le pagine della cronaca perché non sgarrano. Che si sottopongono ai programmi terapeutici, lavorano gratuitamente in cooperative sociali, accettano percorsi trattamentali, colloqui, verifiche, controlli. Giovani tossicodipendenti, ma anche pezzi da novanta della criminalità che, di fronte alla possibilità di cambiare, hanno vinto la scommessa. Da un?indagine condotta su 20 centri è emerso che nel ?95 solo il 7% degli affidati sono tornati in carcere per recidività. E allora? «Facciamo chiarezza», spiega Maria Pia Giuffrida che coordina l?attività dei 58 centri. «Gli assistenti sociali seguono tre misure alternative: la semilibertà, l?affidamento in prova ai servizi sociali e, da quando è in vigore la legge Simeone, la detenzione domiciliare, (prevista per le donne incinta o madri di bambini con meno di dieci anni, oppure persone malate o anziani. ndr). Poi ci sono le pene sostitutive, i permessi premio, l?osservazione all?interno del carcere. Per un totale di 36mila utenti. La percentuale dei fallimenti è del 7%, un numero quasi fisiologico. Nonostante ciò siamo pochi, abbiamo un budget vergognoso e veniamo usati come capri espiatori. Sono stufa di sentire parlare di ?pianeta carcere?, ormai bisognerebbe parlare di esecuzione della pena. I nostri centri seguono un numero di utenti che è quasi equivalente a quello dei carcerati eppure l?attenzione va sempre lì, perché il carcere impressiona, fa spettacolo. Qualcuno mi spieghi perché i volontari preferiscono lavorare in carcere e non vengono da noi, che ogni giorno impazziamo per smaltire pratiche, fare colloqui e a volte dobbiamo prendere l?autobus per verificare che gli affidati siano sul loro posto di lavoro? Cosa facciamo carceri per 100mila persone? E dopo?». Tra i nemici degli assistenti sociali e delle misure alternative l?ignoranza e la confusione nell?opinione pubblica, che non distingue fra leggi varate e leggi applicate. Oggi i CSSA non hanno la possibilità di differenziare le misure alternative secondo il reato. Così, un efferato rapinatore viene trattato come un tossicodipendente al primo furto e i Cssa trasformati in un contenitore senza criterio. E poi ci sono i nemici veri, in carne e ossa. Come il sindacato autonomo della polizia penitenziaria che, forte della sua amicizia con il guardasigilli, vorrebbe portare gli agenti fuori dal carcere per fare concorrenza a carabinieri e poliziotti. «Non so se esiste un?alleanza strategica», afferma cautamente la Giuffrida«ma di sicuro c?è una fortissima pressione per far uscire gli agenti dal carcere ed effettuare controlli sui detenuti che godono di misure alternative. Certo, noi siamo 775 (con il raddoppio dell?organico previsto dalla Simeone nel 2000 saranno 1400, ndr) e loro sono 44mila, quindi contano di più soprattutto a livello di consenso politico, ma non saranno i colpi di mano a migliorare le cose. Ci vuole una politica penale coerente. Non ci vogliono più poliziotti ma più educatori, una maggior legittimazione di chi dal ?76 lavora per favorire il reinserimento, che funziona». Insomma nessun rammarico? «Una volta che gli affidati finiscono la pena, tornano a vivere in condizioni di marginalità. Dovremmo costruire un sistema che permetta loro di cambiare vita per sempre. Noi arginiamo, ma poi? Ci vuole una politica sociale complessiva». Cosa chiedono gli assistenti sociali al neo direttore generale degli Istituti di pena, Giancarlo Caselli? «Che rimanga a lungo, dato che da quando lavoro nell?amministrazione penitenziaria ho visto passare 4 direttori generali. E poi un riconoscimento al nostro lavoro – l?esecuzione delle pena ha due gambe e due anime, quella del carcere e quella delle misure alternative – e un cambiamento di nomenclatura in modo tale da poterci finalmente avvicinare all?Europa ». Già, due anime e in mezzo un esercito di migliaia di potenziali detenuti che ogni anno non passano dal carcere e non vengono introdotti al jet set del crimine. E quasi sempre si salvano. Ventimila persone all?anno. Qualcuno ci aveva mai pensato? Tribunali, pene e avvocati Se volete orientarvi nel marasma della giustizia italiana e approfondire il complesso capitolo delle misure alternative, affidatevi alla rete. Nel sito www.giustizia.it troverete una pagina web dedicata all’attività dei 58 Cssa. Troverete le normative, i criteri per accedere ai benefici di legge e anche una copia del modulo previsto dalla legge Simeone per chiedere la sospensione della pena. Troverete anche la mappa del sistema giustizia: dalla struttura del ministero, alle nuove normative,i concorsi per accedere alla magistratura, fino ai documenti discussi alla Camera. E se volete aggirare le difficoltà della dea bendata della giustizia, senza perdervi nei soliti meandri della burocrazia, cliccate sul link informazioni: avrete finalmente un’idea chiara dei servizi per i cittadini. Dalle adozioni, al gratuito patrocinio degli avvocati, alla domanda di accesso per gli atti amministrativi. Dai certificati penali alle informazioni per i cittadini italiani residenti all’estero. Ottimo anche per gli studenti che vogliono esaminare le sentenze che fanno discutere. Il sito è collegato alla banca dati elettronica della Corte di Cassazione.


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