Cultura

Chiesa. Cossiga attacca il magistero di Martini

"Un imbarazzante equivoco per la Chiesa e per la società politica italiana" il suo, secondo il senatore. Immediate le reazioni di sdegno alle sue parole

di Redazione

“Con la sua cessazione dalla titolarità della cattedra di Sant’Ambrogio da parte del cardinale Carlo Maria Martini viene meno, sotto il profilo della dottrina dell’ecumenismo e della dottrina sociale cattolica, un imbarazzante equivoco per la Chiesa e per la società politica italiana”. E’ un’uscita fuori dal coro quella del senatore a vita Francesco Cossiga. Fu proprio l’ex presidente della Repubblica – ricorda questi – a concedere “il 24 dicembre 1979, in forma straordinaria, il nulla osta del Governo italiano” alla nomina di Martini a Milano, così come richiesto dalle norme vigenti del concordato Gasparri-Mussolini. A poche ore dall’accettazione formale delle dimissioni di Martini da parte di Giovanni Paolo II, Cossiga, pur riconoscendo a Martini le qualità “di studioso e scrittore impareggiabile”, lo critica come “maestro di teologia politica e di ecumenismo”. Un parere, quello del senatore, singolare. Milano, specie quella laica, ha sempre guardato al porporato come – citiamo Albertini – “un padre rigoroso”. Recenti sono le dichiarazioni di Sergio Zaninelli e di Enrico Decleva, rispettivamente rettore della Cattolica e della Statale, circa l’operato più che ventennale di Martini a Milano. “Il suo magistero – aveva detto Zaninelli – è stato una testimonianza di laicità”, mentre Decleva aveva ringraziato Martini “per il suo invito al dialogo”. Lo stesso dicasi di Giorgio Rumi, professore di storia contemporanea alla Statale, secondo il quale grazie all’arcivescovo “Milano è diventata un luogo di dialogo che non ha più ‘nemici’ ma solo fratelli con i quali parlare”. Il giudizio positivo sul suo operato è unanime. Martini piace alla destra rappresentata da Albertini così come a Paolo Pillitteri, a Carlo Tognoli o a Massimo Cacciari. Certo, qualcuno come Zecchi dichiara di non essersi “sempre trovato dalla sua parte politica”, ma non per questo disconosce il merito di “non essersi sottratto alla politica di largo respiro”. Per questo, aggiunge il professore, “il mio sentimento di fronte alla sua figura è di altissimo rispetto”. Suona dunque stonato, almeno a Milano, l’intervento di Cossiga. E suona stonato perché, aggiunge Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana e allievo del cardinale “in tutti i discorsi pubblici l’arcivescovo non ha mai mancato di rifarsi alla dottrina del Santo Padre”. In ogni discorso di Martini è presente, fa notare Ravasi, una citazione delle parole di Giovanni Paolo II. Ciò non significa, ricorda Andrea Tornielli autore del volume “La scelta di Martini”, che l’arcivescovo non abbia sue personali opinioni in tema di politica: “Non è vero che un polo vale l’altro. Martini sembra credere nella superiorità morale del centrosinistra. Lo dimostra un paragrafo durissimo dell’omelia tenuta per la festa di Sant’Ambrogio nel ’95, un’accusa contro tutto ciò che viene identificato, dagli avversari del Cavaliere, come berlusconismo. Più che una preoccupazione, una condanna senza appello”.


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