Politica

Assegno unico: al centro c’è il reddito o ci sono i figli?

Matteo Rizzolli, economista, spiega perché l'idea di dare un assegno unico a tutte le famiglie con figli, indipendentemente dal reddito, sarebbe una scelta di equità. «Legandolo al reddito si introdurrebbe un elemento di equità verticale in un tema che riguarda solo l'equità orizzontale». Detto altrimenti: «tutti i figli sono un bene comune davanti allo Stato: perché quelli della classe media no?»

di Sara De Carli

«Al centro dell’assegno unico non c’è il reddito, ci sono i figli. Per questo la nostra proposta di #assegnounico universale è da sempre – così come avviene, ad esempio, in Germania – del tutto svincolata da criteri che lo farebbero decrescere linearmente in base al reddito di chi guadagna di più all’interno del nucleo familiare. Se proprio si volesse mettere una soglia, occorrerebbe eventualmente calibrarla, facendola crescere in base al numero dei figli. Quindi i dubbi sulle potenziali criticità di un assegno unico per figlio che venga legato al reddito o a una soglia economica reddituale di accesso, portati oggi alla luce dall’Ufficio parlamentare di bilancio, sono gli stessi che abbiamo noi»: così Gigi De Palo, presidente del Forum Famiglie, commenta l’audizione odierna del consigliere dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Alberto Zanardi, in Commissione Affari Sociali della Camera.

Quella dell’universalità è la differenza dirimente fra due proposte che hanno lo stesso nome – assegno unico – e che parlano di cifre simili – 240 euro al mese per figlio nella proposta del Pd, 250 in quella del Forum – ma che sono in realtà diverse proprio per questo. Matteo Rizzolli insegna politica economica alla LUMSA ed economia della famiglia all’Istituto Giovanni Paolo II della Lateranense, è padre di sei figli e revisore dei conti del Forum Famiglie: un esperto che ha molto lavorato al dossier “assegno unico” e che abbiamo interpellato ieri, in vista della Manovra e del flshmob indetto dal Forum, che domani pomeriggio a Roma, alle 15, porterà in piazza Montecitorio le famiglie con i passeggini e i seggioloni.


Il Forum dice che l’assegno unico si può fare subito, le risorse ci sono, basta riorganizzarle diversamente. Quanto costa l’assegno unico e davvero le risorse ci sono?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare una distinzione: parliamo dell’assegno unico proposto dal Forum o di quello di Delrio? Il nome è lo stesso, la cifra è simile, ma mentre la proposta del Forum parla di 250 euro a figlio, senza qualificazione, la proposta di legge in discussione parla di 240 euro al massimo a figlio, a scalare al crescere del reddito, per annullarsi a 100mila euro lordi di reddito per uno dei due genitori. C’è un po’ di confusione. E fa problema la progressività in una misura che non è pensata per essere progressiva.

Un assegno per figlio, indipendentemente dal reddito: c’è chi critica proprio il fatto di destinare soldi pubblici a sostegno di famiglie benestanti, che i figli sono in grado di crescerli da sole. Perché per voi al contrario questo è proprio un punto di forza qualificante della proposta? Perché dare l’assegno unico a tutti non è iniquo ma al contrario è esattamente quel che si dovrebbe fare?
La nostra Costituzione dice che ciascuno deve pagare secondo propria capacità contributiva. Questo principio si può realizzare in due direzioni: orizzontale e verticale. Si parla di equità orizzontale per indicare il fatto che due persone che hanno lo stesso reddito non hanno la stessa capacità contributiva perché vivono situazioni differenti: ad esempio uno è single e l’altro ha tre figli. Si parla di equità verticale invece quando davanti a due persone nella stessa condizione ma con reddito diverso – due single o due padri di famiglia con tre figli ciascuno – si dice che chi ha di più deve contribuire proporzionalmente di più. L’assegno unico ha a che fare solo con l’equità orizzontale, il reddito non c’entra nulla. Non è uno strumento fiscale, per cui chi ha di più deve contribuire di più: mischiare le cose crea confusione. In quell’ottica, se serve e se si vuole, si intervenga sulle aliquote Irpef.

Proviamo a fare i conti?
La proposta del Forum – 250 euro a figlio, per tutti i figli fino a 18 anni – costerebbe più o meno 28-30 miliardi a regime. Sono tanti? Sì ma in parte ci sono già, perché si rimettono in gioco gli attuali strumenti a favore delle famiglie. Quanto valgono? 6,5 miliardi che vengono passati dallo Stato all’Inps sottoforma di assegni familiari; detrazioni fiscali per figli a carico, valgono circa 10 miliardi; bonus estemporanei – bonus bebè, asilo nido, mamma domani ecc – valgono circa 1,5 miliardi. Arriviamo a 18. Ne mancano 10. Perché allora diciamo che i soldi ci sono? Noi abbiamo proposto di utilizzare gli 80 euro di Renzi per trasformarli in misure a sostegno famiglia: c’è infatti una sovrapposizione tra le due platee, certo riformulando la misura qualcuno ci perde e qualcuno ci guadagna, ma in buona parte chi prende gli 80 euro di Renzi cono sono famiglie con figli (oggi del bonus beneficiano 6 milioni di lavoratori dipendenti con figli e 2,8 senza figli, ndr). Evidentemente si è deciso, politicamente, che il bonus Renzi non si può toccare. La proposta Lepri/Delrio costa meno perché dà meno soldi alle famiglie con rediti più alti, le coperture sembrano meno difficili da trovare però rendiamoci conto che questa progressività rispetto al reddito è una forte ingiustizia, perché introduce una questione di equità verticale dove non c’entra. Non si capisce perché le detrazioni per ristrutturare casa, comprare un condizionatore o rifare la facciata siano indipendenti dal reddito e invece per figli si debba introdurre la progressività. È paradossale, significa dare più importanza fiscale ai beni materiali che non ai figli. Tutti i figli sono un bene comune davanti allo Stato: perché quelli della classe media no?

L’assegno unico, prima esplicitamente citato nella nota di aggiornamento del Def, poi sparito, pare adesso che nascerà ma nel 2021…
Sulla famiglia accade spesso quello che gli americani chiamano “kicking the can down the road”. La mia lettura, da economista, è che gli assegni ai figli non pagano perché i figli non votano, mentre al contrario dare ai pensionati porta voti. È un estremismo da economista? Forse, però basta dare uno sguardo alla spesa pubblica in Italia per vedere che è tutta spostata a favore delle classi di età più elevate. Quindi nessuno a parole può dire di essere contro la famiglia, ma in linea di massima quando ci sono da mettere i soldi, si mettono là dove essi garantiscono un ritorno elettorale. Il problema è che più andiamo avanti e meno famiglie giovani ci sono, peggio la situazione diventa, ci sarà una sottorappresentanza sempre più forte. I dati della Banca d’Italia dicono questo, che se osserviamo la distribuzione della ricchezza per fasce d’età, la crisi pesantissima del 2008/09 l’hanno pagato interamente le generazioni più giovani, che hanno visto crollare la loro ricchezza, mentre quella dei pensionati è rimasta costante. Si questa disuguaglianza fra generazioni si parla sempre troppo poco.

Massimo Calvi, su Avvenire, ha scritto che «l’intera classe dirigente, politica e non solo, anziché giocare al braccio di ferro sulle misure da inserire in Manovra, rischiando di lasciare le briciole alle famiglie dei lavoratori con figli, dovrebbe essere capace di farsi portatrice di un messaggio univoco. Una specie di operazione-verità per dire agli italiani che di soldi ce ne sono pochi, che la situazione non è facile, ma che piuttosto che procedere con micro-interventi finalizzati a dare pochi euro in più oggi a qualche categoria ben rappresentata (con la garanzia che salirà il debito domani), si è deciso di mettersi al lavoro per disinnescare la bomba sulla quale siamo tutti seduti e che si chiama "declino demografico", considerato che il calo delle nascite che dura da decenni condannerà presto il sistema di protezione sociale a implodere per mancanza di popolazione al lavoro».
Sì, sarebbe un modo. Un governo coraggioso, forse impopolare, dovrebbe dire che chi in questo momento ha più bisogno di sostegno sono le famiglie con figli: di conseguenza in questo momento è giusto concentrare su di loro le risorse disponibili. Per un discorso di equità ma anche di efficienza per il Paese, che sta andando incontro a un precipizio demografico da cui sarà difficile risollevarsi.

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