Volontariato

Calamità naturali, la prima prevenzione è quella dei cittadini attivi

Torna per la nona volta “Io non rischio” la campagna di Anpas per promuovere le buone pratiche di protezione civile. «Mettiamo queste conoscenze a disposizione del volontariato e a cascata di tutta la cittadinanza che si avvicinerà ai nostri punti nelle circa 800 piazze d'Italia», sottolinea il responsabile Protezione Civile delle Pubbliche Assistenze Carmine Lizza, «ma le istituzioni sono indietro e devono fare molto di più»

di Lorenzo Maria Alvaro

Maremoti, bombe d’acqua, frane, smottamenti, alluvione. Arriva l’autunno e l’italia come ogni anno si riscopre fragile. Per questo Anpas torna, per il nono anno consecutivo, con “Io non rischio” la campagna che in 800 piazze italiane che promuove le buone pratiche di protezione civile e sensibilizzare in maniera capillare i cittadini sui rischi del territorio e i comportamenti da mantenere in caso di eventi calamitosi. «Essere arrivati alla nona edizione è il successo di un’idea che viene da lontano. Il terremoto dell'Aquila ci fece riflettere sulla necessità di cominciare a diffondere le buone pratiche per giungere preparati ad un evento sismico», racconta il responsabile Protezione Civile Anpas, Carmine Lizza, «è fondamentale conoscere i comportamenti da assumere durante un'urgenza e da questo punto di vista Anpas ha assunto sempre più un ruolo di laboratorio per sperimentare tecniche di comunicazione più efficaci. Mettiamo queste conoscenze a disposizione del volontariato e a cascata di tutta la cittadinanza che si avvicinerà ai nostri punti nelle circa 800 piazze d'Italia dove si svolgerà la campagna Io Non Rischio». L’intervista



Che cos’è “Io non rischio”?
È prima di tutto un proposito, è la pacifica battaglia che ciascuno di noi è chiamato a condurre per la diffusione di una consapevolezza che può contribuire a farci stare più sicuri.

Ma è anche uno slogan di una vostra campagna…
Certo. Una consuetudine che quest'anno si rinnova: è l’esempio virtuoso di una contaminazione tra volontariato, comunità scientifica e istituzioni. I nostri volontari di protezione civile saranno in 800 piazze italiane per sensibilizzare e informare i cittadini sul proprio territorio, sui rischi che si corrono e sui comportamenti da tenere prima, durante e dopo eventuali calamità

Quanto la cittadinanza attiva può fare la differenza?
Moltissimo, i cittadini possono fare tantissimo in termini di prevenzione e anche per mettersi al sicuro. Il nuovo codice di Protezione Civile mette al centro il cittadino. Questo perché da un lato la consapevolezza del rischio salva vite e poi perché buone pratiche permettono di mitigare effetti che al contrario se non previsti diventano letali. È un periodo delicato questo dell’autunno. Con il cambio del tempo e l’aumento delle precipitazioni arrivano situazioni emergenziali in molti territori del Paese. Ecco perché facciamo questo evento ora.

Ma per cambiare passo rispetto alla sicurezza basta la cittadinanza attiva?
No, non si può pensare che siano i cittadini a risolvere la questione. Pensiamo a Genova, e alle ripetute calamità che l’hanno colpita. C’è la prevenzione non strutturale che riguarda la nostra campagna. C’è poi una prevenzione strutturale che, per stare a Genova, vedono criticità di alvei fluviali e urbanistiche. Questo tipo di intervento è capitale

E a che punto siamo in Italia?
Va detto. Mentre i cittadini sono formati e cominciano ad avere una cultura della prevenzione le istituzioni sono ancora indietro. E tanta la strada da fare. Ma pensiamo come Anpas che la consapevolezza del cittadino possa fare la differenza anche politicamente. I rappresentanti istituzionali sono una seconda faccia delle persone. Vengono scelti e votati. Più consapevolezza su alcuni temi porterà persone attente a quei temi a prendere decisioni politiche.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.