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Touring Club: come recuperare le zone colpite dal sisma

Continuano le scosse in Centro Italia. L’ultima questa notte in Valnerina e mentre gli studenti di Norcia tornano a scuola, gli abitanti cercano di capire come andare avanti. Il presidente di Touring Club, Franco Iseppi, spiega quali dovrebbero essere le priorità adesso per salvaguardare i territori colpiti e perché l’educazione al paesaggio potrebbe essere la soluzione migliore per resistere ai terremoti

di Ottavia Spaggiari

Ricostruire e difendere i nostri borghi, significa difendere la nostra identità, “il miglior antidoto contro l’omologazione”. Ad affermarlo è Franco Iseppi, presidente di Touring Club, secondo cui, oltre alla messa in sicurezza dei territori, oggi tra le priorità vi sono anche l’educazione al paesaggio e la ricostruzione dell’immagine delle zone colpite.

Presidente, quali sono le politiche territoriali da mettere in campo adesso, dopo l’emergenza?

Bisogna focalizzarsi sui territori nel loro insieme, non solo sui beni culturali, ma su tutto il contesto, sui centri storici, sulla capacità produttiva, sulla mobilità. Noi come Touring dovremo darci molto da fare, per cancellare l’idea che i territori colpiti non siano più praticabili. Dobbiamo superare l’idea di zone devastate e ricostruire l’immagine complessiva, questa è una priorità assoluta. Bisogna sviluppare un rapporto virtuoso tra pubblico e privato, far sì che il ragionamento sulla ricostruzione sia fatto a 360 gradi. Difendere i borghi medievali significa difendere la nostra identità, salvaguardare le nostre differenze, è un antidoto all’omologazione. Si tratta di salvare la storia. Il terremoto tocca l’essere umano nel profondo. Se ad essere messa a rischio è la terra, su cui tutta la nostra civiltà è fondata, la memoria non può non essere toccata. Chi subisce la distruzione di un sisma, si trova anche davanti a un dubbio: ricostruire o andarsene? I beni culturali, le forme espressive, sono elementi che tengono assieme la collettività, quando questi sono danneggiati o distrutti, si apre una ferita profonda nella nostra identità comune.

In un’intervista a Repubblica, lo storico, Montanari, sosteneva che, se si fosse intervenuti dopo il terremoto dello scorso agosto, si sarebbero potuti salvare diversi beni culturali. Cosa ne pensa?

Non è un’affermazione contestabile, ma nemmeno documentabile. In realtà, non si può sapere in anticipo dove verrà il sisma. Possiamo però prevenire gli effetti. Questo è un problema che ci trasciniamo da sempre. Servirebbe del pragmatismo e noi di fatto non ci siamo organizzati a dovere.

Quali sono le priorità adesso?

È necessario fare un pensiero di tipo strategico sull’educazione al paesaggio, che è la cartina di tornasole dell’operato dell’uomo. Dobbiamo cancellare l’idea che non ci sia più niente di recuperabile. Sarebbe opportuno probabilmente attribuire maggiore autonomia ai comuni e alle sovrintendenze. Prioritaria è poi la messa in sicurezza dei territori. È facile dire cosa si sarebbe potuto fare e non si è fatto, ma il problema è anche una mancanza della cultura preventiva, non solo tra le istituzioni. Una politica di tipo educativo al paesaggio, avrebbe probabilmente portato anche a scelte diverse in materia preventiva e la prevenzione oggi è necessaria, così che non vi siano alibi per il futuro.

Cosa ne pensa della proposta di creare una task force di volontari volti alla protezione dei beni culturali?

Credo che siano da tenere in considerazione due aspetti fondamentali. Il primo tema, molto serio, è quello delle competenze, questi volontari dovrebbero essere persone altamente qualificate, in secondo luogo sarebbe interessante capire la natura di questo tipo di volontariato che non dovrebbe basarsi solo sula solidarietà e su un principio di sussidiarietà ma, più che altro, sul dovere morale, di chi vuole rendere il posto in cui vive, il proprio Paese, migliore, non solo cercare di riparare alle pecche altrui.

Foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images

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