Famiglia

L’adozione che verrà. Lo speech di Paola Crestani

L'introduzione della presidente del Ciai, al convegno di oggi presso l’Aula Magna Università Bicocca di Milano in occasione della assemblea nazionale dell'associazione

di Paola Crestani

È tradizione che CIAI organizzi ogni anno un convegno di tipo scientifico sui temi dell’adozione ma a Milano mancavamo ormai da tre anni. Nel 2013 avevamo organizzato qui a Milano il convegno sugli adottivi adulti, mentre negli anni seguenti ci siamo concentrati sui temi legati all’accompagnamento post adozione organizzando il nostro tradizionale convegno a Roma e a Bari.

Quest’anno torniamo a Milano, non solo perché qui abbiamo la nostra sede principale ma anche perché Milano in questi anni si è costruita una fisionomia di città accogliente, internazionale, aperta al cambiamento e questi sono aspetti nei quali ci riconosciamo.

La vostra presenza cosi numerosa testimonia che abbiamo fatto una scelta giusta.

Probabilmente una presenza cosi numerosa è anche testimonianza del fatto che c’è desiderio di parlare di adozione e di parlarne in modo positivo, costruttivo.

Ed è proprio questa la scelta che abbiamo fatto organizzando questa giornata: affrontare le tematiche in modo positivo e costruttivo, con un approccio scientifico, aperto alle esperienze non solo italiane ma anche europee (la presenza del presidente di Euradopt e la scelta delle tematiche dei relatori lo confermano), mettendo a confronto i diversi attori del mondo delle adozioni – cosa che faremo nella tavola rotonda – per discutere insieme dell’adozione del futuro, l’adozione che verrà.

Partendo dal presupposto che discutere di adozione per noi significa discutere di bambini abbandonati, soli, delle loro storie, delle loro necessità, dei loro diritti.

Vi chiedo davvero di fare questo esercizio oggi: provare a guardare le cose con gli occhi di un bambino, a pensare sempre e solo a ciò che può essere utile per i bambini che si trovano o rischiano di trovarsi in situazione di abbandono, per i bambini soli, cercando di immaginare quali potrebbero essere le risposte migliori alle loro necessità, ai loro bisogni, alle loro storie alla luce della situazione di oggi e in prospettiva futura.

Questo non significa, come qualcuno mi ha detto, non voler affrontare o voler minimizzare la grave situazione che sta attraversando l’adozione in Italia, e in particolare l’adozione internazionale.

Tutti noi operatori del settore sappiamo del fatto che la CAI non si riunisce da tre anni, impedendo di fatto l’adempimento di importantissimi compiti che la legge attribuisce a questa istituzione.

Tutti noi abbiamo ascoltato la recente audizione della vicepresidente della CAI che ha evidenziato lo sfascio di questa istituzione: una commissione adozioni che ha il sito bloccato da quasi 6 mesi, cosi bloccato che non si può modificare nulla, neppure il nome del nuovo Presidente che nel frattempo è entrato in carica, che non può o non vuole pubblicare i dati delle adozioni, e noi che ci occupiamo di adozione sappiamo quanto sono importanti i dati per poter operare in modo efficace per il bene dei bambini.

Una commissione adozioni che, a fronte di gravissime accuse fatte dalla vicepresidente in un contesto cosi autorevole come la commissione giustizia della camera ad un ente autorizzato, accusato di tratta di minori, non prende nessun provvedimento, una commissione che dunque non riesce ad adempiere a quanto prescritto dall’art. 39 della legge 184/83 che dice che “la commissione adozioni “autorizza l’attività degli enti… …vigila sul loro operato, lo verifica almeno ogni tre anni, revoca l’autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme della presente legge” .

È una commissione adozioni inesistente, con tutte le conseguenze che questo può avere non solo sulle adozioni internazionali ma sulla percezione nei confronti dell’adozione in Italia in generale. Con questi comportamenti stiamo dicendo alle famiglie che la CAI non riesce a garantire la correttezza delle adozioni, che sono autorizzati ed operanti enti accusati di tratta di minori. Che fiducia possono avere le famiglie nei confronti dell’adozione?

La situazione è quindi gravissima, è stata segnalata da più parti, da molti enti – non tutti, per alcuni va benissimo cosi, va bene che la Commissione Adozioni non sia in grado di controllare e sanzionare gli enti – dalle associazioni familiari, direi tutte, dai politici, dal gruppo CRC, un network di più di 90 associazioni del terzo settore che si occupano della difesa dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e di cui anche CIAI fa parte.

Questa situazione è all’attenzione delle istituzioni, della presidente della commissione, il ministro Boschi, che ne aveva parlato in audizione alla commissione giustizia, della commissione giustizia della camera stessa. Sono tutti consapevoli della necessità di operare dei cambiamenti e confidiamo che arrivi una soluzione, anche dal punto di vista legislativo, se serve, come suggerito anche in commissione Giustizia, che sblocchi la situazione della Commissione Adozioni, che possa tornare a riunirsi e a fare il lavoro a cui è chiamata.

Ma oggi abbiamo deciso di non parlare di questo.

Noi oggi abbiamo scelto di essere qui per parlare dei bambini che si trovano in stato di abbandono o che rischiano di trovarcisi e di pensare insieme a quali risposte dare a questi bambini in futuro, alla luce dei cambiamenti nella nostra società e dell’esperienza accumulata in tutti questi anni di lavoro quotidiano nel campo dell’adozione.

Vogliamo parlarne in modo costruttivo con uno sguardo al futuro.

Vogliamo farlo partendo dalla situazione attuale e da tutta l’esperienza che abbiamo accumulato, che è ormai davvero tanta per tutti noi, non solo per CIAI che si occupa di adozione da ormai quasi 50 anni.

E qual è dunque la situazione attuale delle adozioni? O meglio, qual è la situazione attuale dei bambini abbandonati, soli?

Ormai tutti sappiamo che nel mondo da più di dieci anni diminuisce il numero dei bambini adottati, in Italia questa diminuzione è iniziata in ritardo, solo nel 2011, seguendo quindi un trend già consolidato nel resto del mondo da qualche anno.

Allo stesso tempo è cambiato il profilo dei bambini adottabili, lo sappiamo bene.

I bambini che hanno bisogno di una famiglia, sia per l’adozione nazionale che internazionale, sono sempre più bambini “con bisogni speciali” cioè bambini grandi (in età scolare), con problemi di salute di diversa gravità, appartenenti a gruppi numerosi di fratelli, con esperienze di abusi e maltrattamenti così gravi da comprometterne l’equilibrio psicofisico. Questo è anche conseguenza del fatto che, nel campo delle adozioni internazionali, sempre più Paesi ratificano la convenzione dell’Aja e di conseguenza mettono in atto le garanzie di tutela della sussidiarietà dell’adozione che migliorano l’attenzione dedicata all’infanzia, promuovendo l’adozione nazionale attraverso la quale riescono a trovare famiglia i bambini meno problematici.

Non sempre, comprensibilmente, le famiglie italiane, già molto accoglienti, sono disponibili o hanno le risorse per accogliere bambini con queste problematiche, a ciò si aggiunge il fatto che le famiglie, a causa della situazione di cui avevo parlato prima e della percezione negativa che c’è in Italia in questo momento rispetto alle adozioni, sono scoraggiate e confuse. Il risultato è una diminuzione molto consistente delle famiglie che danno la loro disponibilità all’adozione per cui ci si trova nel paradosso di avere una grande riduzione dei bambini adottabili ma allo stesso tempo un aumento dei bambini – quelli con bisogni speciali – che non riescono a trovare famiglia.

Per quanto riguarda la situazione dei bambini italiani in stato di abbandono o che vivono fuori famiglia, negli ultimi anni abbiamo avuto un numero di adozioni pressochè stabile, intorno alle mille unità. Abbastanza stabile anche il numero dei bambini che vivono fuori dal loro contesto familiare – circa 30.000- quasi equamente divisi tra affido in comunità e affido familiare.

Tra l’altro tra i bambini affidati in comunità c’è una quota non irrilevante, stimata intorno al 6% o più, di bambini che provengono da esperienza di adozione, quindi casi di adozioni molto problematiche, tanto da suggerire l’allontanamento del bambino dal nucleo familiare.

Tra i bambini in affido familiare quasi il 60% rimane in affido per più dei due anni previsti dalla legge, di questi molti in affido sine die, anche se non ci sono dati precisi. (Dei diversi bambini che sono passati in affido nella nostra famiglia, nessuno è rientrato stabilmente nella sua famiglia ma per tutti l’esperienza è stata di passare da una famiglia all’altra o in comunità, dopo brevissimi passaggi in famiglia)

Affido sine die che non significa restare nella stessa famiglia per sempre ma restare in affidamento, cambiando magari famiglia periodicamente, senza quindi tenere conto del diritto dei bambini alla continuità degli affetti e delle relazioni.

Ci sono quindi tanti bambini che hanno dei genitori biologici incapaci di assumersi la responsabilità del loro ruolo ma che allo stesso tempo rappresentano comunque dei legami importanti, legami che il giudice o i servizi decidono che non è opportuno rompere. Questi bambini quindi non hanno prospettive di ritornare stabilmente nella loro famiglia d’origine ma allo stesso tempo non sono nelle condizioni di essere definiti adottabili.

Questa in estrema sintesi è la situazione dei bambini in stato di abbandono in Italia e nel mondo e di conseguenza queste sono le loro necessità: hanno bisogno di essere accolti bambini con bisogni speciali, sia italiani che stranieri, bambini che mantengono in qualche modo un legame con la loro famiglia biologica ma che hanno bisogno di stabilità.

A fronte di questi cambiamenti nel profilo dei bambini che hanno bisogno di una famiglia assistiamo anche a dei grandi cambiamenti nella nostra società e nelle relazioni familiari.

Aumentano sempre di più le famiglie separate e ricomposte, famiglie allargate in cui i riferimenti affettivi diventano multipli, aggiungendosi ai legami con i genitori biologici.

Sono sempre di più, o forse sono solo più visibili, le famiglie composte da coppie omosessuali, famiglie che oggi hanno anche un riconoscimento giuridico con l’istituto delle unioni civili.

Ci domandiamo, ed è l’obiettivo di questo convegno, come affrontare questi cambiamenti.

Abbiamo tre alternative:

  • resistere al cambiamento, opponendoci in ogni modo alle novità;
  • subirlo, aspettando che abbia i suoi effetti,
  • oppure accompagnarlo, governarlo, cercare di approfittare degli aspetti positivi e riducendo quelli negativi.

La nostra proposta e se volete la nostra sfida, con questo convegno, è quella di accompagnare il cambiamento, senza paura di affrontarlo e di confrontarci, come stiamo facendo oggi, anche con temi difficili, sensibili e divisivi, dandoci però delle chiavi di lettura e di comportamento che ci possono aiutare.

Per noi oggi la chiave vuole essere, abbiamo deciso che deve essere, il superiore interesse del minore cioè sempre e solo l’interesse del bambino.

Tenendo ben presente che il concetto di superiore interesse del minore è un concetto non ben definito, che è sempre cambiato a seconda dei contesti e delle culture (in nome del superiore interesse del minore sono state fatte cose in passato che oggi ci sembrano degli orrori e che non vorremmo ripetere). Dal 1989, dall’entrata in vigore della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza – di cui tra l’altro domenica si festeggia l’anniversario – il superiore interesse dei minori è ricondotto al rispetto dei diritti del minore, nessuno escluso, ed è questo il concetto di superiore interesse del minore che vogliamo oggi tenere in considerazione e sviluppare, con l’aiuto dei relatori.

Vorremmo poi capire quali sono i bisogni profondi dei bambini e quali risposte possiamo dare loro, anche alla luce delle trasformazioni della famiglia e dei legami familiari.

Il fatto che le famiglie siano sempre più composte da una molteplicità di legami, il fatto che sempre più persone adottate, anche adulte, ci portino il tema dell’importanza delle origini e del legame con la famiglia biologica come per loro importante, può aiutarci a considerare l’adozione aperta come una possibile risposta alla necessità dei bambini di mantenere dei legami con la famiglia d’origine ma allo stesso tempo di avere la garanzia di una stabilità affettiva e di crescita?

Ce ne parleranno i nostri relatori portando sia il punto di vista internazionale che una riflessione basata sulla situazione italiana.

Parlando di cambiamenti nella famiglia non possiamo non ricordare i cambiamenti più recenti, anche dal punto di vista normativo, sulla regolamentazione dei legami affettivi. La legge sulle unioni civili ha dato legittimazione anche giuridica alle coppie omosessuali.

La domanda che da più parti viene posta, una domanda difficile, sensibile, divisiva – ma noi di CIAI non abbiamo paura di affrontare le sfide difficili, noi che 50 anni fa abbiamo introdotto una cosa cosi “contro natura” come il concetto che due genitori potessero accogliere come figlio un bambino completamente diverso da loro , anche come aspetti somatici, che due genitori bianchi potessero avere un figlio nero – la domanda dicevo è se le coppie omosessuali possono essere una risorsa utile per i bambini che si trovano in stato di abbandono, i bambini con quelle caratteristiche che ho descritto all’inizio che sono quelli che oggi hanno bisogno di avere qualcuno che li ami , li cresca, per i quali rappresentare la ragione di vita.

Vogliamo affrontare questo tema senza pregiudizi, con serietà, senza arrivare a nessuna conclusione, lo premetto già. Abbiamo scelto semplicemente, come è stato anche indicato ancora diversi anni fa dal consiglio d’Europa, di analizzare quali sono gli esiti delle esperienze in questo senso fatte all’estero e delle (poche) in Italia. Perché vogliamo affrontare ogni argomento con approccio scientifico e crediamo che solo dall’esperienza si possa imparare ed avere delle indicazioni su quale sia la strada migliore da prendere per dare delle risposte ai bambini abbandonati o a rischio di abbandono, ai bambini soli, per costruire l’adozione che verrà.

Di quali potrebbero essere le risposte ai nuovi bisogni dei bambini ne parleremo nella tavola rotonda, che vede coinvolti molti attori del mondo delle adozioni tra cui mi piace sottolineare, non me ne vorranno gli altri, una rappresentante degli adottati.

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