Welfare

Sapessi com’è strano offrire un lavoro a Milano

Diecimila nuovi posti per gli immigrati e le categorie più deboli. Un'idea davvero insolita per un Comune che per assumere cercava operai in Sicilia.

di Gabriella Meroni

Il sindaco Albertini non ci è abituato, a ricevere tanti consensi. Di solito, dai vigili in giù, le polemiche sono il suo pane. Eppure con il “Patto per il lavoro”, strumento che dovrebbe facilitare l’occupazione per immigrati e fasce deboli della popolazione, ha incassato moltissimi sì: Cisl e Uil, innanzitutto, e poi la Curia, la Caritas, perfino il portavoce della comunità islamica milanese, Ali Schutz. Anche i leader del mondo cooperativo confermano a “Vita” il loro sostegno. Tutti a favore, tranne la Cgil di Cofferati, che ha accusato sindaco e giunta di voler proporre a immigrati e milanesi disoccupati troppa flessibilità e poche garanzie. Offriamo lavoro, nessuno lo vuole In difesa dell’idea del sindaco erano scesi autorevoli commentatori, da Sergio Romano a Guido Gentili (oltre a Sergio D’Antoni, segretario della Cisl), che si sono chiesti: meglio un immigrato lavavetri o impiegato regolarmente, seppur a tempo? E sempre a favore di Albertini giocano le cifre del lavoro nero in Italia, i cui protagonisti indiscussi sono proprio loro, gli extracomunitari: secondo i dati di uno studio dell’Associazione “Nessun luogo è lontano” su oltre un milione di presenze, i lavoratori immigrati in regola sono solo 315 mila, eppure tutti insieme, regolari e irregolari, producono il 2% del prodotto interno lordo italiano. Come dire: l’Italia ha bisogno di loro. E ne avrà bisogno sempre di più: l’ha detto anche il ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, secondo il quale senza il contributo degli immigrati tra qualche anno potremo scordarci i benefici dello Stato sociale, pensioni e sanità in testa. La soluzione sarebbe inserire nel mondo del lavoro qualcosa come otto o nove milioni di immigrati, magari impiegandoli proprio in quelle mansioni che gli italiani sdegnosamente rifiutano. E allora? Milano ha pronta una soluzione, magari parziale, sicuramente circoscritta, probabilmente non risolutiva. Ma che offrirà la chance di un lavoro in regola a circa 10 mila (parola di Albertini) immigrati e disoccupati di lungo corso nel settore dei servizi alla città, quali manutenzione di parchi e giardini e rimozione dei graffiti dai muri. «La disoccupazione in città per le statistiche è al 6%, ma in pratica è a zero» spiega Stefano Parisi, city manager del Comune e tenace sostenitore del progetto. «Quando ci siamo rivolti al collocamento offrendo posti di ausiliari del traffico non siamo riusciti a coprire i posti disponibili. Ne cercavamo 300, ne abbiamo trovati solo 200. Gli operai che fanno manutenzione nelle nostre strade vengono dalla Sicilia. Eppure a Milano ci sono migliaia di stranieri ridotti a vendere collanine o a lavare i vetri ai semafori…». Largo agli immigrati dunque, anche se il patto per il lavoro si rivolge anche ai disoccupati “storici” o agli espulsi dal mondo del lavoro con più di 40 anni. Il Comune punta comunque alla flessibilità, offrendo contratti a tempo determinato, anche di formazione-lavoro, della durata di due anni, «ovviamente poi prolungabili a tempo indeterminato, come capita nel 95% dei contratti di formazione lavoro in Italia» afferma Parisi. Alla formazione dei lavoratori provvede il Comune, per gli altri eventuali bisogni (casa, assistenza) si pensa di coinvolgere il Terzo settore, in modo da creare percorsi di solidarietà che permettano al lavoratore di risolvere, insieme al posto di lavoro anche altri problemi. Per i finanziamenti si spera nel contributo delle banche e si sta già pensando a una fondazione, “Milano pulita”, che potrebbe finanziare l’operazione. E per il permesso di soggiorno? «Intendiamo accordarci con Questura e Prefettura», continua Parisi, «in modo da facilitare la regolarizzazione di questi immigrati che un lavoro vero ce l’hanno, come prevede la legge». Le cooperative sociali sono pronte Al tavolo di Albertini sono stati invitati parecchi soggetti. Tra questi anche i rappresentanti dell’universo cooperativo, che scelgono “Vita” per esprimere il loro giudizio sulla validità dell’idea. «Mi sembra un’ottima iniziativa» la promuove il presidente regionale di Federsolidarietà, Pezzotti. «Perché in fondo fa quello che le nostre 223 cooperative sociali di tipo B in Lombardia fanno da sempre, cioè inserimento di persone che appartengono alle cosiddette fasce deboli. Mi piace l’idea che le imprese si possano rendere conto che questi lavoratori non sono una iattura, ma una vera risorsa economica». Complessivamente favorevole, anche se con alcune perplessità, è Gianfranco Piseri, presidente dell’Associazione servizi di Legacoop: «È una buona idea, soprattutto perché vuole estirpare la piaga del lavoro nero che nelle imprese di pulizia in Italia tocca punte del 40%. Ma ho due rilievi: il primo, che deve essere il Comune per primo a dare il buon esempio non assegnando più incarichi ad imprese che non rispettano le tariffe minime del costo del lavoro; secondo, che scelga come interlocutore chi già si occupa di inserimento, cioè le coop sociali di tipo B». Caro Cofferati, torna alla realtà È scontro aperto invece nel sindacato. Per un Cofferati fieramente contrario al patto alla meneghina, c’è un D’Antoni entusiasta che ha definito il documento un «modello avanzato di sperimentazione». «Il Patto fa finalmente incontrare domanda e offerta», precisa Maria Grazia Fabrizio, responsabile della Cisl milanese. «Certo, ci sono i contratti a termine, ma io li vedo come la porta d’ingresso, finora rimasta chiusa, attraverso cui il lavoratore può entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro. Il sindacato ha il compito di vigilare che i diritti siano rispettati. Perciò abbiamo chiesto la costituzione di un Osservatorio congiunto tra Comune, sindacati e imprese per esaminare le varie forme di lavoro irregolare presenti a Milano e mettere strategie per contrastarlo». E la Cgil? Perché secondo lei questa feroce opposizione? «Credo si tratti di una posizione ideologica e come tale difficile da difendere quando la proposta diventerà operativa. Spero che Cofferati a quel punto esca dall’ideologia e cominci a confrontarsi con la realtà». Il Patto dalla a alla z I destinatari Lavoratori extracomunitari e altre categorie “deboli” del mercato del lavoro milanese Le opportunità di lavoro 1. Servizi per la città: pulizia e manutenzione strade, piazze, giardini pubblici, controllo traffico e soste 2. Servizi per la persona: cura e assistenza agli anziani, ammalati, bambini, ristorazione, divertimenti, cultura, turismo 3. Servizi alle imprese pubbliche e private: gestione servizi informatici e nuove tecnologie, manutenzione e sorveglianza, pulizia locali Obiettivi del Patto per il lavoro a Milano 1. Trovare manodopera per servizi che in alcuni casi non vengono svolti da nessuno e in altri vengono fatti in modo costoso e inefficiente 2. Tradurre fattori di criticità (immigrazione, lavoro nero, microcriminalità, disoccupazione) in opportunità e fattori di sviluppo Percorso per il Patto per il lavoro 1. Apertura di un tavolo negoziale con tutte le istituzioni e i soggetti economici e sociali della città per la sottoscrizione di un intesa sperimentale in occasione del Giubileo soprattutto dei lavori inerenti la manutenzione e la pulizia 2. Costituzione di un Fondo per finanziare il mercato dei servizi pubblici a cui apporteranno risorse il Comune di Milano, Banche, Fondazioni, mondo delle imprese e del terziario, senza gravare sulle casse statali 3. Attivazione delle misure per una maggiore flessibilità del lavoro e per la formazione professionale 4. Semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, specificamente delle procedure per la regolarizzazione degli extracomunitari 5. Facilitazione dell’accesso al credito e politiche della casa e dei trasporti 6. Iniziative per la scolarizzazione (favorire l’accesso all’istruzione per i lavoratori e i loro familiari) e la cultura della legalità con la costituzione di un Osservatorio per il monitoraggio sull’applicazione delle leggi e dei contratti 7. Valutazione dopo un anno dei risultati in termini di emersione del lavoro dal sommerso, di regolarizzazione degli immigrati, e loro formazione Soggetti interessati al Patto 1. Il Sindacato: per assicurare condizioni di particolare flessibilità dei contratti di lavoro: salario d’ingresso, contratti a tempo revocabili; relazioni sindacali flessibili 2. Il Terzo settore: per organizzare la forza lavoro garantendo qualità e efficienza economica e produttiva 3. Le Imprese: per investire in queste nuove attività, servizi pubblici e privati 4. Le Banche: per sostenere le nuove attività e agevolare l’accesso al credito 5. Lo Stato: perché faciliti lo snellimento delle procedure di regolarizzazione per gli immigrati che hanno i presupposti di legge e vogliono lavorare 6. Il Comune: perché garantisca e coordini la piena applicazione del Patto e perché garantisca percorsi di integrazione culturale degli immigrati e la loro formazione


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA