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Migrante ucciso dopo lo sbarco a Tripoli, il fallimento totale della guardia costiera libica

A raccontare l'accaduto l'Organizzazione internazionale per le migrazioni presente sul punto di sbarco ad Abusitta. Il migrante sudanese insieme a 103 compagni di viaggio si era rifiutato di tornare nei campi di detenzione libici dopo essere stato intercettato dalla cosiddetta guardia costiera libica. Ocean Viking con 218 migranti soccorsi in attesa di un porto sicuro

di Alessandro Puglia

Ucciso dopo lo sbarco a Tripoli perché insieme ai suoi compagni di viaggio si era rifiutato di tornare nell’inferno dei campi di detenzione libici. A denunciare l’episodio è stata l’Organizzazione internazionale per le migrazione (Oim) che era presente nel punto di sbarco di Abusitta quando è avvenuta la tragedia che conferma ancora una volta il modus operandi della cosiddetta guardia costiera libica.

Il giovane sudanese morto dopo essere stato colpito da un proiettile allo stomaco faceva parte dei 103 migranti “soccorsi” dai guardacoste libici che hanno opposto resistenza quando hanno capito che sarebbero stati rispediti nelle prigioni libiche. Lo staff Oim presente sulla scena della tragedia ha raccontato che uomini armati hanno iniziato a sparare in aria quando diversi migranti hanno provato a scappare dal controllo delle guardie libiche.


Nonostante l’immediato intervento del team di medici dell’Oim il giovane sudanese è morto in una clinica due ore dopo essere sbarcato. «Una tragedia che aspettavamo potesse accadere», ha detto il portavoce dell’Oim Leonard Doyle. L’organizzazione internazionale per le migrazioni e le Nazioni Unite condannano quanto accaduto sottolineando come la morte del ragazzo sia un ennesimo campanello di allarme riguardo all’operato della guardia costiera libica.

Una tragedia – ricorda l’Oim – che accade due mesi dopo che 53 migranti, tra cui sei minori, sono stati uccisi in un attacco aereo nel centro di detenzione di Tajoura.

Secondo l’Oim sono al momento cinque mila i migranti, donne, uomini e bambini detenuti in condizione disumane nei campi di detenzione in Libia, più di tre mila in zone di conflitto. Una situazione che necessita di un’azione immediata per porre fine alla sofferenza di civili e migranti detenuti.

Nel frattempo nel Mar Mediterraneo continuano gli allarmi di imbarcazioni in difficoltà. In particolare un gommone con 80 persone in zona Sar Maltese secondo quanto riferito da Alarm Phone che sollecita un intervento immediato per evitare un naufragio.

La Ocean Viking della Ong Sos Mediterranée ha invece soccorso 36 persone che si sommano ai tre precedenti soccorsi. Sono 218 i migranti che ora attendono l’assegnazione di un porto sicuro a bordo della nave di SosMed, mentre sono 500 i migranti riportati indietro dalla guardia costiera libica tra di loro il migrante sudanese morto perché insieme ad altri 103 compagni non voleva tornare in quell’inferno che da anni viene denunciato.

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