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Lea Melandri: «Sui femminicidi basta con le semplificazioni»

Massimo Sebastiani ha ucciso e occultato il corpo di Elisa Pomarelli. Si dice che l'uomo fosse ossessionato da lei. «Identificare questi gesti come “raptus” è un modo per attenuarne la responsabilità», dice la femminista e scrittrice Lea Melandri. «E il linguaggio di oggi è solo una copertura per non mettere in discussione i rapporti di potere tra i sessi»

di Anna Spena

Massimo Sebastiani, 45 anni, ha ucciso e occultato il corpo di Elisa Pomarelli, 28. Qualcuno ha chiamato il carnefice “il gigante buono” con “un amore non corrisposto”. Quando si parla di femminicidi si gira sempre attorno al problema.

Si giustificano come “raptus”, “troppo amore”. Ma è sostenibile questo tipo di comunicazione e linguaggio? «È la strada più facile da seguire, la cosa più semplice», dice la femminista e scrittrice Lea Melandri.

«Identificare questi gesti come “raptus” è un modo per attenuarne la responsabilità». Sebastiani avrebbe ucciso Elisa strangolandola. Il delitto sarebbe avvenuto subito dopo l'uscita a pranzo insieme in una trattoria di Ciriano di Carpaneto dove la coppia era stata vista per l'ultima volta, domenica 25 agosto.

Anche la parola ossessione ricorre spesso: «Nell’immaginario collettivo», continua Lea Melandri, «si è sempre considerato l’uomo come il soggetto con una carica di desiderio incontrollabile e incontenibile. Sono tutti i luoghi comuni attribuiti ai maschi. E il linguaggio di oggi è solo una copertura per non mettere in discussione i rapporti di potere tra i sessi che hanno finito con l’intrecciarsi anche con la loro vita intima. E l’ossessione maschile non sopporta un rifiuto».

Il linguaggio di oggi, non è un linguaggio che fa bene alle donne: «C’è odio ovunque», spiega Melandri. «Anche certi titoli di giornale sono studiati consapevolmente e a tavolino solo per esprimere una posizione reazionaria rispetto alla libertà femminile. Non dobbiamo meravigliarci. Oggi non viene tollerato che le donne non siano più “quelle di una volta”. Non è una guerra dichiarata ma è comunque una guerra».

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