Cultura

Un rapporto choc. Così il Nord deruba il Sud

Commercio. La denuncia di Oxfam Ogni 100 dollari generati dall’export, 97 finiscono ai paesi ricchi, e solo tre a quelli in via di sviluppo

di Carlotta Jesi

L?Unione europea e gli Stati Uniti rubano 100 miliardi di dollari l?anno ai Paesi poveri. Il doppio di quanto ricevono in aiuti. È la pesante denuncia che l?organizzazione non governativa Oxfam International lancia alle grandi potenze industriali nel suo rapporto Rigged Rules and Double Standards, ossia ?regole truccate e doppi standard?, 170 pagine di numeri e tabelle che hanno scatenato grandi polemiche. Nel mondo no global, perché a sorpresa l?ong più influente del pianeta si schiera a favore del commercio globale sostenendo che basterebbe aumentare dell?1% le esportazioni del Sud del mondo per affrancare dalla povertà 128 milioni di persone. Nel mondo pro global, perché Oxfam svela come la liberalizzazione del commercio invocata dai Paesi ricchi per combattere la povertà sia in realtà a senso unico. Dal Nord verso il Sud del mondo. La rotta inversa è bloccata da barriere commerciali altissime. Col risultato che, su ogni 100 dollari generati dall?export mondiale, 97 finiscono in tasca alle nazioni molto o mediamente sviluppate e solo 3 a quelle povere. Prezzi stracciati è un doppio gioco che le grandi potenze industriali fanno sul commercio, spiega l?autore del rapporto, Kevin Watkins: «Chiedono la liberalizzazione dei mercati del Sud ma poi proteggono i loro». Bloccando l?export dei Paesi poveri con barriere commerciali quattro volte più alte di quelle che incontrano le loro merci e, quindi, immettendo sui mercati del Sud prodotti occidentali a prezzi stracciati. Dumping, insomma. Secondo Oxfam particolarmente evidente, e grave, nel settore agricolo, dove lavorano i due terzi dei poveri delle nazioni in via di sviluppo e dove le barriere occidentali sull?export causano perdite annue di 20 miliardi di dollari all?anno. «I Paesi ricchi», spiega il rapporto, «chiedono ai governi del Sud di tagliare i sussidi agli agricoltori, ma poi sostengono i loro contadini spendendo un miliardo di dollari al giorno». Campionessa di doppio gioco, l?Unione europea. Secondo il Double Standard Index di Oxfam, uno speciale indice che misura il gap fra i principi del libero commercio enunciati dai Paesi industrializzati e le loro politiche protezionistiche, Bruxelles esporta i suoi prodotti agricoli a costi addirittura di un terzo inferiori a quelli di produzione e guida la classifica dei ricchi doppiogiochisti davanti a Stati Uniti, Canada e Giappone. Un?accusa pesantissima. Ma anche gli Stati Uniti non hanno potuto smentire i tragici effetti della liberalizzazione del commercio a senso unico che hanno imposto ad Haiti servendosi di Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale. Istituzioni che vincolano i loro prestiti all?abbattimento di barriere commerciali.«Negli anni 80, Haiti ha iniziato un programma di rapida liberalizzazione economica tagliando le tariffe sulle importazioni di riso dal 50 al 3%, aprendo il mercato locale alle importazioni americane a basso costo. Risultato: all?inizio degli anni 90, il Paese era quasi autosufficiente per il riso, mentre alla fine del decennio la metà del riso venduto nel Paese era americano, metà dei bambini haitiani era malnutrito e l?80% della popolazione rurale viveva sotto il livello di povertà». Povertà che, per Oxfam, si potrebbe ridurre spalancando le porte dei mercati occidentali al Sud del mondo. Dove oggi vive più del 40% della popolazione mondiale ma si genera meno del 3% del commercio globale. Aiuti senza senso «Se, tutti insieme, i Paesi poveri aumentassero le loro esportazioni del 5%, genererebbero una ricchezza di 350 miliardi di dollari da usare per combattere la povertà. Sette volte quanto ricevono in aiuti», sostiene l?ong. E le sue stime sono ancora più impressionanti focalizzandosi solo sull?Africa. Paese che negli ultimi vent?anni ha perso 50 cent per ogni dollaro che riceve in aiuto a causa di barriere commerciali a senso unico e che, con un aumento delle esportazioni di appena l?1%, genererebbe 70 miliardi di dollari. Cinque volte più di quanto riceve in aiuto allo sviluppo e riduzione del debito. Aumento dell?export, certo, non fa automaticamente rima con riduzione della povertà. Nei Paesi in cui ciò non è stato abbinato a investimenti sul sociale, ammette Oxfam, non c?è stato alcun miglioramento. Ma il caso dell?Est asiatico dimostra che, se ben gestita, la liberalizzazione del commercio può essere un volano di riforme sociali: «Dagli anni 70 agli anni 90, nell?Asia dell?Est la crescita economica legata all?aumento del commercio ha portato più di 300 milioni di persone fuori dalla povertà. Negli anni 70, sei persone su 10 lì vivevano sotto il livello di povertà, oggi meno di 2 su 10 si trovano in quella posizione». L?Herald attacca Per l?Economist, questo rapporto prova che la globalizzazione partecipata è un volano di sviluppo per tutti; per l?International Herald Tribune, alla fine, non convince davvero sui benefici del commercio liberalizzato: «I danni al settore agricolo del Sud provocati dai sussidi che Europa, Stati Uniti e Giappone danno ai loro produttori di cereali e zucchero, per esempio, sono molto ben documentati da Oxfam. Ma il rapporto si dilunga in lamenti sui bassi prezzi di prodotti come il caffè di cui non si possono incolpare i ricchi. Ignorando altri buoni effetti del commercio». La risposta di Oxfam? «Con questo rapporto lanciamo una campagna internazionale per un commercio più giusto che durerà tre anni», spiega a Vita, Paul van Tongeren di Oxfam Olanda; «il nostro obiettivo è cambiare le leggi del commercio globale». Tre le cose più urgenti: abbattere le barriere commerciali ingiuste imposte ai prodotti del Sud, tagliare i sussidi agli agricoltori occidentali e le politiche di dumping, non vincolare i prestiti del Fondo monetario internazionale a una liberalizzazione forzata dei mercati del Sud del mondo. Input Per scaricare il rapporto Rigged Rules and Double Standards: www.maketradefair.com. Per approfondire:www.oxfam.org.uk


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA