Mondo

Don Angelo, un prete sempre in trincea. Da Napoli al Guatemala

«Come dice papa Francesco, ho scelto la periferia del mondo come luogo in cui vivere». Don Angelo Esposito è un sacerdote fidei donum che ha sperimentato la non facile realtà del Paese latinoamericano: «nella foresta, tra i vulcani del Guatemala, con questa gente a vivere la mia storia e la mia missione»

di Nicola Nicoletti

Presente in Guatemala da 10 anni, prima a Tajumulco e poi a Tacanà, don Angelo Esposito ha voluto dar spazio a quella vocazione missionaria che aveva avvertito nel seminario di Napoli. «Chiesi al cardinale Sepe di fare un’esperienza in terra di missione, e lui acconsentì. Una volta partito, sperimentai il desiderio di rimanere qui, nella foresta, tra i vulcani del Guatemala, e sono ancora con questa gente a vivere la mia storia e la mia missione». Parlata pacata e misurata, don Angelo è un sacerdote fidei donum che ha sperimentato la non facile realtà del Paese latinoamericano. «Come dice papa Francesco, ho scelto la periferia del mondo come luogo in cui vivere».


Chi sono i componenti della diocesi di San Marcos, dove hai scelto di vivere?
Il 75 % delle persone che vivono qui sono giovani. Tacanà, che in lingua Mam significa Casa del Fuoco, conta 120mila abitanti. La maggior parte sono agricoltori ma poveri, infatti vivono senza conoscere le grandi possibilità che la terra potrebbe offrire. La gran parte di loro emigra per lavorare negli Stati Uniti, anche se adesso, con la politica restrittiva di Trump, è sempre più difficile Molti vanno nelle piantagioni di caffè del Messico per 4 euro al giorno e per 12 ore, con grandi privazioni per la famiglia, soprattutto per i bambini che rimangono spesso soli. Il 95% degli abitanti di questa regione è contadina, molti non sanno leggere, ma ogni catechista ha una Bibbia e la porta con sé, per insegnare in qualunque luogo la Parola della Chiesa.

È una Chiesa che si fa carico della parte debole della società?
Sì, ho cercato di venire incontro alle esigenze primarie della mia comunità, e per questo abbiamo realizzato Los Angelitos, un dispensario e centro di ricovero per i bambini colpiti da malnutrizione, una delle emergenze principali del Guatemala. La gente arriva portandosi i bambini sulle spalle, camminando a piedi anche per due ore per strade inesistenti, che si fanno fangose nella stagione delle piogge. Abbiamo iniziato con i volontari gli orti sociale, un esempio per dire che con la terra si può sopravvivere.

Chi ti aiuta?
Cerco supporti pubblici e privati, mi informo se lo Stato offre contributi, ma domando anche ai miei connazionali in Italia. Per questo nasce Hermana Tierra, una onlus che segue adozioni a distanza, finanzia l’acquisto di medicine e strumenti per l’ambulatorio medico e tutte le altre emergenze che possono nascere. Cibo, asciugamani, lenzuola o letti, arrivano incrociando richieste varie a tutti i nostri conoscenti e amici.

Come parli a questa gente?
Uso i documenti della Chiesa e, grazie alla teologia popolare elaborata nelle università dei Gesuiti del Centro America, modellata per questo contesto rurale, porto ai miei fedeli un discorso di liberazione, soprattutto dalle dipendenze, alcolismo e droga, per fargli conoscere il messaggio salvifico del Vangelo. La catechesi si incarna nelle realtà e nelle ingiustizie del territorio. Offro un messaggio Cristocentrico, seguendo Cristo come modello e, grazie alla Chiesa, superiamo l’individualismo per vivere l’esperienza comunitaria, senza dimenticare l’impegno e la coscientizzazione sociale.

Quali sono le sofferenze maggiori di questa terra?
Il 46.5% dei bambini sino ai 5 anni del Guatemala soffre di malnutrizione a causa una violenza istituzionalizzata. È contenuto anche nel documento dei vescovi di Puebla. A questo aggiungiamo alcolismo, droga e violenza. Anche la famiglia è perennemente attaccata, la donna soffre il machismo, la violenza da parte degli uomini, anche nella stessa famiglia. Viviamo una povertà frutto di un’ingiustizia prodotta da chi dovrebbe provvedere al bene comune.

Ti senti solo?
No, ci sono persone come don Esteban e la sua famiglia sempre disponibili a darmi una mano, oppure Alondra, Julieta, Marianela e Lisma, volontarie capaci di essere presenti nei casi più difficili, assieme a Carlos. Adesso arrivano dei volontari da Napoli e dei medici dagli Usa, saranno una benedizione per il lavoro abbondante che dobbiamo continuare a fare in questa terra meravigliosa fatta di villaggi e strade inesistenti, paesini isolati per le forti pioggie e vulcani.

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