Non profit

Volontariato, alibi o alternativa al potere?

A Civitas il dialogo tra Marco Revelli e Aldo Bonomi promosso da Vita. Ecco la trascrizione dell'incontro

di Redazione

Aldo Bonomi e Marco Revelli hanno animato una tavola rotonda dal titolo ?Volontariato, alibi o alternativa al potere? organizzata da ?Vita? in occasione dell?appuntamento padovano di Civitas. Ne è emersa un?analisi a 360 gradi sul ruolo che il volontariato. Fondamentale il distinguo fra chi vive il territorio prima, durante e dopo l?evento mediatico e il ?sorvolatore?, osservatore occasionale, di realtà sociali che spesso non riesce a comprendere. I due co-pensatori non hanno risparmiato fendenti sia al mondo politico, in particolare alla sinistra incapace di orientarsi dopo la dissoluzione dello Stato-nazione, sia alle logiche di mercato che tentano di tirare il terzo settore nelle dinamiche del profitto. Una panoramica completa che spazia dalla globalizzazione e dall?immigrazione alla critica del sistema di aiuti internazionali fino ad arrivare a una proposta concreta di come dare respiro al ruolo del volontariato.
Entrambi avete sempre contestato la definizione di pensatori, preferendo quella di ?persone da leggere?. In base alla vostra interpretazione chi è oggi il volontario?
Marco Revelli: Il volontario è una figura antica e nuovissima. E? qualcuno che si spende al di là di quanto gli richiede la società. Anche durante il Secolo passato, secolo della mobilitazione coatta e obbligatoria, il secolo dei totalitarismi e degli apparati, ovvero l?opposto del modello del volontariato a cui noi pensiamo. Arthur Koestler ricorda la leggenda talmudica dei 39 uomini saggi, che in silenzio ricuciono ciò che gli altri in preda allo strepito dell?attivismo e delle armi hanno spezzato. Sono l?humus della società che ricostruisce le basi dell?esistenza. Negli ultimi anni però queste figure si stanno ritagliando un ruolo centrale e più visibile dentro l?eredità negativa del novecento. Il secolo scorso è stato uno dei periodi più sanguinari dell?intera umanità. In cento anni si sono contate il triplo delle vittime rispetto ai 19 secoli precedenti dell?era cristiana. Centodieci milioni di morti contro trenta milioni. Quel secolo così cruento e contraddittorio aveva ridotto la dinamica sociale a un gioco di coppia perverso. Intorno allo Stato e al mercato si strutturava la vita collettiva. Vi era chi riteneva che lo Stato fosse l?unico regolatore della vita associata e chi, all?opposto, pensava che questo ruolo spettasse al mercato. Due luoghi della potenza. Una coppia apparentemente antitetica. In realtà un connubio fondato sulla connivenza. Lo Stato permetteva la sopravvivenza del mercato e il mercato offriva risorse alla funzione dello Stato. Il Welfare state è stato questo. Una buona divisione del lavoro fra Stato e mercato nel tentativo di ridistribuire più equamente le risorse. Questa coppia era esclusiva. Tendeva a monopolizzare l?intera sfera delle relazioni e delle risorse a scapito di un terzo elemento: il sociale, la società, le relazioni basate sullo scambio non economico, non lucroso. Oggi potremmo dire sul non profit. La logica del dono, quella economia informale e morale che aveva caratterizzato un tratto dell?umanità, ma che era stata spianata nel corso del novecento. Nel momento in cui il mercato cessa di costituire una fonte pura di creazione di ricchezza e anzi distrugge socialità e territori, la sfera delle relazioni sociali riemerge. Il volontario è chi lavora dentro questa dimensione, che non si contrappone allo Stato e al mercato, ma pensa di poter coesistere con entrambi. E rivendica una propria autonomia e funzione vitale, altrimenti le società non si reggerebbero. Individui che non lavorano per un domani indefinito, ma si impegnano qui e ora. Figura della debolezza e non della potenza; noi siamo abituati alle figure della potenza che hanno trascinato il mondo sull?orlo della distruzione. Questo nuovo protagonista, se vuole mantenere la propria autonomia e funzione, non può che tenersi distante dal sistema dei mezzi finalizzato alla moltiplicazione dei fini e dirigersi invece verso la relazionalità. Dove tutti sono sullo stesso piano per dialogare umilmente al livello più basso. Non esiste un deus ex machina che dall?alto indichi la strada. Il volontario è un co-produttore, un co-pensatore che passo dopo passo fa il punto della situazione.
Bonomi, tu hai introdotto il concetto dello ?stare nel mezzo?. Quale il significato di questa dimensione?
Aldo Bonomi: A costo di offendere il volontario occorre dire che il volontario è uno che non pensa gli altri, ma fa. Il novecento è pieno di due concetti potentissimi: l?autonomia del politico, in cui c?era l?intellettuale organico o non organico che pensava gli altri. Heidegger sostiene che ?prima si pensa, poi si costruisce, quindi si abita il territorio?, come se ci fosse qualcuno che pensa come tu devi abitare. Il fatto scardinante è che il volontario mette in crisi l?autonomia del politico che pensa gli altri senza accompagnare i processi. Il volontario parte dal suo fare e reinterpreta i percorsi; si posiziona per stare al livello del suolo. Anche se ci sono volontari che sorvolano come gli altri. Io nel mio lavoro di ricercatore sociale ho incontrato il volontario sul territorio in due situazioni. Qui, in una società a capitalismo maturo e avanzata. In questo contesto il volontario è un costruttore di legame dentro una società anomica che non riesce a trasformare in valori condivisi i processi di modernizzazione. Di fonte alla globalizzazione non riusciamo a ricostruire valori comuni. La società è muta da questo punto di vista. Il volontario è presente però anche dall?altra parte. Nella ex Yugoslavia, per esempio, gli unici, con i militari, che presidiavano il territorio in attesa che qualcuno decidesse che cosa fare erano i volontari. Le due figure con prospettive differenti. I militari sono lì per vedere come servirsi del territorio: quali ponti, autostrade, aziende costruire. I volontari, invece, si mettono in mezzo per edificare forme di convivenza e di sviluppo locale. Attenzione però. Il volontario si frappone nei conflitti metropolitani in una società anomica e rotta. Quando in un quartiere, cittadini e immigrati arrivano al conflitto, la legge Bossi propone i centri di carcerazione per l?espulsione. Non è la rivoluzione, ma un lavoro pre-politico. Nella ex Yuguslavia si mette in mezzo in una società maledetta ritornata al sangue, al suolo e al fondamentalismo religioso. Se noi pensiamo di avere identità a tutto tondo basate al sangue, l?etnia e la religione il destino è di scannarci l?un l?altro.

?Si può essere volontari o sorvolatori?. Cosa intendi dire?
Bonomi: ? Il volontario a tutto tondo dal punto di vista economico non esiste, come non è proponibile il discorso della gratuità totale. I flussi derivano dalla crisi del Welfare e dall?esternalizzazione dei servizi. Io non dico che non bisogna prendere quei soldi. Non ho una posizione moralistica. I flussi dipendono da una crisi sociale drammatica e irrisolta. A questo punto hai due scelte. O vai sul territorio, parti dal quartiere con le vittime dei flussi e ricostruisci gli ambienti e allora sei uno che utilizza le opportunità. I sorvolatori invece dicono: ci sono i flussi, io gli osservo dall?alto e in maniera indifferente li colloco sul territorio a seconda delle mie esigenze. Questo qui. Nella ex Yuguslavia ci sono milioni di euro di aiuti umanitari che sorvolano il territorio (come capita anche in Afghanistan). I fondi raccolti con la missione Arcobaleno erano un grande flusso che partiva da Roma e arrivava a Tirana. Il problema è semplice. O partivi dall?Albania, dal Kosovo, dalla Serbia e dicevi come utilizzare quel denaro, oppure partivi da Roma e arrivavi sul territorio in maniera indifferente. L?ambivalenza e il discrimine sono questi. Uno dei conflitti reali dell?umanità è fra luoghi e flussi.
Il volontariato si è sempre appoggiato su esperienze forti. Le identità sociali cattoliche e di sinistra. Oggi lo status del volontario come sostiene Bonomi è in una condizione di debolezza. Chance o un handicap?
Revelli: A mio avviso è soprattutto una condizione necessaria per stare in modo adeguato dentro i processi. Le identità forti tendono a distruggere e usano le risorse esterne per confermare se stesse. Le identità deboli sono al contrario aperte alla trasformazione. La debolezza tiene lontani gli aspetti bellicosi. Questo status pone dei problemi. L?area del volontario è costantemente vittima di aggressioni della politica e dell?economia. La politica è per sua natura totalizzante e vede le altre sfere come ancillari rispetto ai suoi fini anche oggi che appare impotente. La figura del volontario rischia di essere marginalizzata o peggio utilizzata. Bonomi faceva riferimento alla missione Arcobaleno. Questa iniziativa è stata un vergognoso esempio dei buoni sentimenti al servizio di una macchina bellica. L?idea che gli aiuti umanitari si raccogliessero nelle caserme è indicativa di una contraddizione insanabile e di un tentativo di porre il volontario al servizio della guerra. Come nell?ottocento si usavano i missionari per fini coloniali. Il pericolo è di diventare uno strumento di distruzione dello stato sociale. Quasi tutte le amministrazioni locali tendono a usare le risorse del non profit per esternalizzare i servizi sociali abbassando i costi senza migliorare la qualità del prodotto. Il terzo settore non deve sostituire lo Stato dove lo Stato possiede le risorse adeguate. Deve intercettare nuovi bisogni e intervenire laddove l?azione eticamente motivata è realmente utile. Lo stesso vale per il mercato. Anche il mercato tende a imporre la logica performativa. Il terzo settore non può girare le spalle alla dimensione economica. Non è un mondo di puri e semplici testimoni. E? un mondo di operatori che lavorano con le risorse. Un conto, però, è fondare la propria attività su valori, un altro è trasformare il proprio lavoro al fine di affermarsi sul mercato.
La politica in questo momento fa più paura del mercato. Le trasformazioni sociali non hanno un riflesso in politica sono destinate a morire o sbaglio?
Bonomi: Prendiamo il tema dell?immigrazione. Il mercato è più avanti della politica. Ci sono migliaia di padroncini inferociti del nord est che appena vedono un ministro del lavoro lo aggrediscono all?urlo ?dateci gli immigrati?. Ovviamente intendono ?dateci nuovi schiavi?. I due ministri che si sono occupati del tema hanno posto come politico il problema di come fermare il processo. Il volontario si deve mettere in mezzo. Oggi rispetto al mercato il volontario deve evitare di diventare il terminale del conservatorismo compassionevole e caritatevole. Il mercato tende a trasferire flussi in modo che i volontari si occupino degli ultimi. Bisogna rifiutare questa collocazione. Ma bisogna opporsi anche all?interpretazione dell?autonomia del politico che si vanta di saper legiferare in materia di immigrazione in modo che tutto si mantenga. I problemi nascono quando l?immigrato da lavoratore diventa cittadino. La legge Turco-Napolitano aveva posto la questione, ma la sinistra non ha avuto il coraggio di far passare il diritto di voto per gli immigrati. Se si fosse fatto questo passaggio si sarebbero risolti i nodi della Bossi-Fini. Questa legge dice: ?venite qui a lavorare, ma non contaminate le nostre forme di convivenza?. Di fronte a questa politica, il volontario si deve mettere in mezzo e chiedere alla sinistra perché non ha fatto passare la norma sulla cittadinanza e denunciare il razzismo differenzialista della legge Bossi-Fini. Lo deve fare non come soggetto politico, ma come co-lavoratore che sta con i soggetti migranti. Sta a don Colmegna, che si occupa tutti i giorni del problema, parlare di questi argomenti.
Il problema della pluralità di anime pone una questione di rappresentanza. Siamo reduci dall?esperienza fenomenale del G8 di Genova, ma la rappresentanza di queste energie ha lasciato molte perplessità. Come comunica il volontario?
Revelli: Faccio un passo indietro. Ho l?impressione che continuiamo ad attribuire alla politica un ruolo che non ha più. La politica come vertice di una gerarchia delle decisioni generali e il volontario come figura del particolare. Questo equilibrio si sta rovesciando. La politica, definita come potere sovrano sopra un territorio, sta diventando il luogo del particolare. Per dirla con Max Weber ?è buono ciò che è utile ai miei?. Il volontario applica al contrario un?etica universalistica. Padre Ernesto Balducci distingueva fra la logica delle tribù e la logica dell?uomo planetario. La politica è il riferimento degli uomini delle tribù, l?uomo planetario tende al benessere e alla sopravvivenza dell?umanità. In modo provocatorio, l?essenza della politica oggi è Le Pen e il tentativo di circoscrivere la propria comunità nazionale perché ciò che proviene dall?esterno è antagonistico alla logica del politico. La politica al di fuori dello Stato nazione è un luogo particolare. I movimenti che si collocano oltre la politica tradizionale mal si prestano a essere ridotti alle categorie classiche. Il portavoce non ha più senso di esistere. Ognuno porta la propria voce. Siamo di fronte a galassie di punti di vista. I movimenti di Seattle, Genova e Porto Alegre vivono ancora questa ambiguità di essere per una parte dentro le dinamiche politiche del novecento e per un?altra parte essere oltre. La possibilità concreta è quella di comunicare di questi circuiti su temi specifici e poi di sciogliersi e tornare a lavorare nel sociale.
Che cosa si può fare per aiutare la sinistra a intercettare la dimensione degli ultimi, come fanno le parrocchie e a interpretare correttamente le nuove forme do produzione?
Revelli: Destra e sinistra sono categorie ancora valide come ideali. Gerarchia contro uguaglianza. Il problema è che oggi la casella di destra è affollata, quella di sinistra è vuota. Nello spazio globale la sinistra è svanita, perché ha raggiunto il picco nel secolo scorso quando dominavano Stato e mercato. Lo Stato doveva riorganizzare una società ingiusta. Quel meccanismo si è spezzato quando le forze sociali sono uscite dalle fabbriche e hanno invaso il territorio. Qui la sinistra non è riuscita a decodificare le nuove figure del lavoro e i valori universali. Oggi la palla deve passare ad altre forze estranee alla politica. Debolezza non significa incapacità di incidere. L?uomo planetario-volontario che resta sul territorio ha conoscenze infinitamente superiori al sorvolatore-giornalista-fotografo che arriva e se ne va in un breve lasso di tempo.
Bonomi: Credo che facendo ricerca sociale sono immerso nella crisi della sinistra. Per aiutare la sinistra bisogna continuare il racconto sociale. Dobbiamo produrre rumore per farci sentire anche dai sordi. Questa parte politica deve cambiare perché cambiano le pratiche sociali. La sinistra ha pensato, sbagliando, che il volontariato potesse sostituire le masse. Il volontario, invece, è il protagonista delle pratiche dal basso.

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