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Amnesty: Non impiccate una giovane ragazza innocente
Zeinab Sekaanvand, una giovane donna di 22 anni, potrebbe essere impiccata già da oggi in Iran. La ragazza all'età di 17 anni è stata condannata per aver ucciso il marito, spostato a 15. Ma la storia è un'altra: quello di Zeinab è stato un processo irregolare; avrebbe confessato l'omicidio solo dopo forti pressioni fisiche e psicologiche. «Non ha avuto diritto ad un avvocato», denunciano da Amnesty International. «La ragazza ha ritrattato la "confessione": ad aver ucciso il marito era stato il fratello di quest'ultimo»
di Anna Spena
Zeinab Sekaanvand oggi ha 22 anni. A 15 è stata costretta a sposarsi. A 17 è stata arrestata e condannata – dopo un processo irregolare – per aver ucciso il marito.
L'esecuzione, tramite impiccagione, potrebbe aver luogo già da oggi 13 ottobre, in Iran. Zeinab Sekaanvand è solo una giovane ragazza curdo – siriana. «Questo caso è estremamente inquietante», ha dichiarato Philip Luther, del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Intanto, Zeinab Sekaanvand aveva meno di 18 anni al momento del reato. Inoltre, prima del processo le è stato impedito di avere un avvocato e ha anche dichiarato di essere stata torturata da agenti di sesso maschile su ogni parte del corpo»
«Il continuo ricorso alla pena di morte contro rei minorenni illustra come le autorità iraniane disprezzino persino gli impegni presi ufficialmente. Chiediamo che la condanna sia annullata e che Zeinab Sekaanvand sia nuovamente processata, senza infliggerle la pena di morte e nel rispetto dei principi della giustizia minorile», ha continuato Luther.
Zeinab Sekaanvand, prima di essere condannata, è stata trattenuta per 20 giorni in una stazione di polizia, dove – secondo quanto ha poi denunciato – è stata picchiata da agenti di sesso maschile. La confessione quindi sarebbe arrivata dopo mesi di violenze sia fisiche che psicologiche.
Il processo è stato secondo Amnesty irregolare: «Nella fase che lo ha preceduto, Zeinab Sekaanvand non ha potuto avere un avvocato e ha incontrato quello d'ufficio solo nell'ultima udienza del processo, il 18 ottobre 2014», dicono dall’associazione.
«In quell'occasione, la ragazza ha ritrattato la "confessione" resa quando era priva di assistenza legale, denunciando denunciando che ad aver ucciso il marito era stato il fratello di quest'ultimo. Il vero assassino, ha raccontato Zeinab Sekaanvand, l'aveva violentata numerose volte e l'aveva convinta ad assumersi la responsabilità dell'omicidio promettendole che l'avrebbe perdonata, secondo la legge islamica, i parenti di una vittima di omicidio possono perdonare l'assassino in cambio di un risarcimento».
Il 22 ottobre 2014, la seconda sezione del tribunale penale della provincia dell'Azerbaigian occidentale ha condannato a morte Zeinab Sekaanvand secondo il criterio del qesas o "pena equivalente". In seguito la sentenza è stata confermata dalla settima sezione della Corte suprema.
«I due tribunali», continuano da Amnesty, «non hanno tenuto conto delle linee guida contenute nel codice penale islamico del 2013: non hanno disposto una perizia medica per valutare "lo sviluppo mentale e la maturità" dell'imputata al momento del reato e non l'hanno informata che, come previsto dall'articolo 91, avrebbe potuto chiedere un nuovo processo»
«In quanto stato parte della Convenzione sui diritti dell'infanzia e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, l'Iran è giuridicamente vincolato a considerare minorenni le persone al di sotto dei 18 anni e ad assicurare che non vengano mai condannate a morte né all'ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato».
Il diritto internazionale, tra cui la Convenzione sui diritti dell'infanzia, vieta categoricamente l'uso della pena di morte nei confronti di persone che hanno commesso un reato quando avevano meno di 18 anni.
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