Famiglia

«L’orrore di Reggo Emilia non metta in dubbio l’utilità della rete di aiuto e tutela dei bambini»

L'intervento della psicologa e psicoterapeuta Maria Elisa Antonioli. «Pare crollare tutto il mondo sociale adulto protettivo che da sempre ha il compito di riabilitare i suoi piccoli maltrattati da alcuni adulti in una collusione tra più livelli che lascia increduli e sconcertati. Quello che è successo è tra le nefandezze più efferate e meschine che l’umanità possa perpetrare»

di Maria Elisa Antonioli

A Reggio Emilia pare crollare tutto il mondo sociale adulto protettivo che da sempre ha il compito di riabilitare i suoi piccoli mal-trattati da alcuni adulti in una collusione tra più livelli che lascia increduli e sconcertati.

Il bambino che si trova in una situazione, personale e familiare, di disagio ha bisogno di rassicurazioni coerenti con la realtà per dare un senso a ciò che sta vivendo e di essere “accompagnato” a trovare una via di uscita per ri-costruire, con l’aiuto di adulti ‘fidati e protettivi’, il senso della trama della sua vita.

È necessario quindi che chi si approccia a tali bambini in una relazione di aiuto sia sostenuto da un’alta professionalità e da una forte integrazione interna tra le dimensioni professionale, etica, affettiva e normativa, oltre che deontologica. Il bambino, spesso deluso e maltrattato proprio dalla persone per lui più significative, ha bisogno di fidarsi per potersi affidare e riprendere speranza nel futuro. La strumentalizzazione di un bambino da parte dell’ambiente adulto, specie se significativo e rilevante sul piano affettivo, è spesso in agguato e non molto difficile da raggiungere. Ma che questa sia messa in atto, addirittura con manipolazioni e sperimentazioni pseudo scientifiche, da parte di chi dovrebbe aiutare il bambino ad esprimere le sue vere esigenze, i suoi desideri, i suoi affetti più profondi, le sue fragilità, le sue paure …, risulta al limite della perversione.

La rete di aiuto e tutela dei bambini è infatti molto ampia e dinamica ponendosi a più livelli dal sociale al sanitario, all’educativo, al giuridico, al volontariato. È una rete che si pone come risorsa e spesso risulta vitale, fruttuosa e protettiva in cui competenza, capacità di ascolto, impegno, solidarietà, accoglienza, empatia, rispetto delle persone, soprattutto delle più fragili, sono l’humus del progetto di aiuto per ciascun bambino. Il bambino, nella sua integrità, va riconosciuto come tale da chiunque lo avvicini ed è immediatamente intuibile quale danno ne deriverebbe dall’alternarsi di decisioni contrastanti sulla sua collocazione e, più in generale, sul suo futuro. È necessario quindi garantire un coordinamento tra tutti coloro che interagiscono col bambino per l’integrazione degli interventi al fine di fornire una risposta coordinata e coerente ai suoi specifici bisogni.

In questo iter la verifica, passo dopo passo, condizione necessaria che permette il confronto ed eventuale modifiche in itinere, pare a Reggio Emilia essere clamorosamente mancata o molto tardiva in una sconvolgente collusione tra operatori e servizi che rasenta un delirio di onnipotenza.

La strumentalizzazione delle fasce deboli in questi tempi è molto frequente ed è probabile che dovremo assistere ai soliti slogan con giudizi sommari che penalizzano, oltre chi svolge questo difficilissimo lavoro con impegno e professionalità, i bambini stessi usati ancora una volta per fini a loro estranei.

Ciò che è avvenuto a Reggio Emilia, se sarà confermato, non è un errore ma un orrore tra i più efferati e meschini che l’umanità possa perpetrare: maltrattare i propri figli, o i bambini di cui a livello istituzionale bisogna aver cura, tanto più per il proprio tornaconto, significa la perdita di ogni futuro per tutti.


*Maria Elisa Antonioli, psicologa e psicoterapeuta. Di recente ha pubblicato ‘Vedo, Ascolto, Parlo… Ti aiuto. Come accogliere e comprendere le situazioni di maltrattamento e abuso che vedono coinvolti i minori (edizioni La Meridiana)

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