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Mario Giro: “La Repubblica centrafricana va salvata dal caos”

Il vice ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Mario Giro, in visita ufficiale in Repubblica centrafricana, uno tra i paesi più poveri al mondo, al bivio tra caos e salvezza. La missione, programmata dall’11 al 15 ottobre, prevede l’apertura di una nuova sede della cooperazione italiana, incontri con rappresentanti del governo centrafricano e visite sul terreno di progetti promossi dalle nostre ong, tra cui Coopi, Intersos, Emergency e Caritas. In questa intervista rilasciata a Vita.it, Giro spiega perché “la Comunità internazionale non può abbandonare la RCA”.

di Joshua Massarenti

Vice ministro, quali sono gli obiettivi della sua visita in Repubblica centrafricana?

La Repubblica centrafricana è uno dei paesi più poveri al mondo, e la vocazione della nostra cooperazione è di aiutare gli Stati più fragili e le popolazioni più deboli del pianeta. Inoltre la RCA sta attraversando un periodo molto delicato, è quindi giusto stare al fianco di un paese che riteniamo strategico per la stabilità dell’Africa centrale, un’area geografrica che a mio giudizio diventerà il prossimo grande bacino di migrazioni africane verso l’Europa. L’Italia può e deve fare la differenza. La nostra presenza verrà rafforzata con l’apertura di una nuova sede della cooperazione italiana che inaugureremo questa settimana a Bangui.

La speranza suscitata dal ritorno all’ordine costituzionale e dalla vittoria di Touadéra alle Presidenziali sta già svanendo. Con centinaia di migliaia di profughi e rifugiati e oltre la metà della popolazione che soffre di insicurezza alimentare, il Presidente centrafricano è sottoposto a molte pressioni. Non a caso, Touadéra è spesso all’estero per chiedere aiuto alla Comunità internazionale. In che modo l’Italia può davvero fare la differenza?

La stiamo già facendo con le nostre ong impegnate sul terreno, special modo nel settore sanitario attraverso il centro pediatrico di Emergency a Bangui e gli interventi umanitari di Intersos nella prefettura di Ouham-Pendé, nel nord del paese. Altrettanto importanti sono le attività portate avanti da Coopi a favore della commercializzazione dei prodotti agricoli sui mercati della capitale e i suoi dintorni, senza dimenticare i progetti educativi di Caritas legati al settore agricolo. Parallelamente, sosteniamo il governo nazionale per rafforzare la capacity-building dello Stato centrafricano, molto importante per il destino della RCA. Le difficoltà che sta attraversando questo paese non sono una novità. La Repubblica centrafricana ha vissuto decenni di instabilità politica e di violenze tra le varie comunità che compongono il popolo centrafrica. Oggi è più che mai necessario sostenere il Presidente Touadera ed è quello che faremo durante la prossima conferenza internazionale dei donatori della RCA che si terrà a Bruxelles il 17 novembre.

La Repubblica centrafricana sta attraversando un periodo molto delicato, è quindi giusto stare al fianco di un paese che riteniamo strategico per la stabilità dell’Africa centrale, un’area geografrica che a mio giudizio diventerà il prossimo grande bacino di migrazioni africane verso l’Europa.


La MINUSCA ha decretato lo stato d’allerta sul territorio della RCA, facendo scattare misure preventive in caso la situazione precipitasse nuovamente nel caos. Gran parte dell’Est del paese, special lungo la frontiera con il Ciad e il Darfur, è sotto il controllo di signori della guerra che compiono atti di violenza nella più totale impunità. Si parla inoltre di un possibile ritorno sulla scena politica dell’ex Presidente Bozizé. A questo si somma la fine dell’Operazione militare francese Sangaris programmata a fine ottobre. Quali i suoi timori e i rischi reali di un escalation di violenza in Repubblica centrafricana?

E’ difficile fare previsioni. Sappiamo che una parte del paese continua a sfuggire al controllo del governo centrale, ma ci sono anche segnali di apertura tra le parti in conflitto. Touadéra si è pure recato nel nord dove le popolazioni vivono nel terrore. Ed è proprio per la fase delicatissima che sta attraversando ila RCA che ho deciso di effettuare questa visita ufficiale. Avrò modo di incontrare il Presidente della Repubblica, il Primo ministro e altri alti rappresentanti del governo centrafricano. Sarà un’occasione importante per discutere dei problemi attuali e delle sfide che ci attendono alla conferenza dei donatori.

Come spiega che nonostante la presenza di oltre 12.000 caschi blu, la pace non sia affettiva in RCA?

A dire il vero 12.000 caschi non sono sufficienti per un paese così vasto, peraltro sprovvisto di strade, di mezzi di comunicazione e di trasport efficienti. La RCA è un paese di foreste e di villaggi, dove l’accesso alle popolazioni è molto difficile.

E’ quindi favorevole a un aumento di caschi blu? L’Italia è pronta a contribuirvi?

La richiesta non ci è stata ufficialmente sottoposta, quindi non mi posso esprimermi. Certo, i problemi di sicurezza sono problemi cruciali che hanno una rilevanza politica.

Quali i rischi che la destabilizzazione attuale in RCA possa generare un caos geopolitico generalizzato in Africa centrale, colpendo il Camerun, il Ciad e il Darfur?

Il Camerun è già colpito, non tanto dal Centrafrica, sebbene la presenza di rifugiati centrafricani in territorio camerunense sia destabilizzante, ma dalla minaccia dei terroristi di Boko Haram, nel nord del Paese. Il Ciad deve fare i conti sia con il RCA che con il Darfur. E poi non possiamo dimenticare il Congo, che fa frontiera con la Repubblica centrafricana. Insomma, la situazione a livello regionale è molto tesa e va seguita con estrema attenzione. Per anni, l’assenza di uno Stato degno di questo nome ha fatto della RCA un ricettacolo di signori della guerra, di terroristi e di trafficanti di vario genere. E’ quindi importantissimo stabilizzare questo paese che in fondo, avendo pochi milioni di abitanti, non richiede sforzi ingentissimi da parte della Comunità internazionale. E’ nel nostro interesse a farlo.

La decisione del Papa di nominare cardinale l’Arcivescovo di Bangui è un altro messaggio di grande speranza mandato al popolo centrafricano.

Il 17 Novembre, Bruxelles accoglierà una conferenza di donatori internazionale per venire in aiuto alla RCA. Quali sono gli obiettivi di questa conferenza, quali le priorità e quale ruolo l’Italia intende coprire?

L’Italia deve contribuire a rafforzare l’attenzione politica della Comunità internazionale su questo paese, offrire aiuti concreti e anticipare i nuovi flussi migratori.

Quale sarà il contributo finanziario del nostro governo?

Per ora non posso anticipare nulla.

Le tensioni interreligiose tra centrafricani non sono estranee al caos in cui è precipitato il Paese negli scorsi anni. In che modo queste tensioni stanno evolvendo?

La visita storica effettuata da Papa Francesco nel novembre 2015 in Repubblica centrafricana ha avuto un ruolo importantissimo per promuovere il dialogo interreligioso. Oggi la decisione del Papa di nominare cardinale l’Arcivescovo di Bangui è un altro messaggio di grande speranza mandato al popolo centrafricano. Ed è altrettanto importante l’annuncio fatto da Monsignor Dieudonné Nzapalainga di recarsi prossimamente nelle aree musulmane, è un modo positivo per riappacifare le comunità tra di loro. La RCA non può essere abbandonata a se stessa. La Comunità internazionale non deve cadere nuovamentre nell’errore di lasciare delle regioni in una situazione di ingovernabilità e di guerra di bassa intensità, pensando che non creerà problemi in futuro. Sono necessarie azioni preventive, ed è il senso della mia missione in Repubblica centrafricana.

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