Cultura

Generazioni in pericolo per ritrovare un senso

Non si può cambiare la propria storia, ma si può cambiarne il senso. E i giovani, spiega l'antropologo David Le Breton, «non sempre sanno dove vanno, ma ci vanno con ostinazione». Che cosa si cela sotto le loro condotte a rischio? Forse solo l'appello a vivere

di Marco Dotti

Le condotte a rischio, osserva David Le Breton, antropologo dell’Università di Strasburgo, sono «condotte di contrabbando». Applicata ai giovani, l’espressione “condotte a rischio” riunisce una serie di comportamenti eterogenei e diversi, ripetitivi o unici, che hanno una caratteristica elementare e costante: mettono in pericolo, radicalmente in pericolo l’esistenza.

Al contempo, le condotte a rischio contengono «una domanda dolorosa sul senso della vita. Sono modi per forzare il passaggio abbattendo il muro di impotenza che si avverte». Per questo, le condotte a rischio sono volutamente trasgressive. Ma la trasgressione, avverte Le Breton, è «una fabbrica del sacro». E qui, le cose, si complicano. Rischio, senso, sacro, trasgressione: parole da sempre connesse al cammino dell'umano.

I giovani, nel tentativo di provocare deliberatamente la propria morte, si consegnano a uno spazio altro, fuori dall'esperienza ordinaria. Uno spazio che ridefinisce in maniera radicale e profonda il loro senso di identità.

La sfida per il ragazzo, spiega l'antropologo, è proprio quella di porsi in una condizione di rischio estremo, dove conoscerà la paura ma, se gli capiterà di uscirne, sperimenterà anche la condizione della propria potenza. Ecco perché nelle condotte a rischio si ha a che fare con piccoli riti, percorsi di autoformazione in progresso, sperimentazioni e ricerche. Solo lotte corpo a corpo con se stessi.

Il modello di queste sperimentazioni, osserva Le Breton, è l'ordalia. Nello sfidare l'estrema sorte, ci si gioca tutto. Sopravvivendo – se si supera l'ordalia – viene testata una legittimità a vivere che il legame sociale non è riuscito a dare. Lo scacco è completo, totale. L'individuo è il cambo di battaglia di questa dissoluzione del legale, ma anche della sua ricostruzione.

Mettendosi in pericolo, il giovane «interroga simbolicamente la morte per garantire la sua esistenza e possedere finalmente il diritto di vivere». Ecco perché, in questi giovani, «il passo non mira al suicidio, ma a rilanciare il senso» complessivo di un'esistenza che sembra avere senso solo a spicchi, a frammenti, a lembi. Senza coerenza.

Le condotte a rischio, dicevamo all'inizio, sono condotte furtive. In che senso? Nel senso, spiega ancora Le Breton, in questo suo agile ma profondo libretto, «che la morte simbolicamente superata è una forma di contrabbando per costruire ragioni di essere. Mettendosi in pericolo, il giovane fa della sua esistenza una decisione personale e ne rinnova la tonalità. Si sente finalmente vivo, reale».

Riti privati, condotte intime per continuare a vivere: sono dunque questo, nella lettura dell'antropologo Le Breton, le matrici delle condotte a rischio adolescenziali. Sono atti di passaggio e non passaggi all'atto.


IL LIBRO

David Le Breton, Cambiare pelle. Adolescenti e condotte a rischio, trad. di R. Fabbri, prefazione di A. Palonari, Edb, Bologna 2016.

I giovani non sempre sanno dove vanno, ma ci vanno con ostinazione. E vivono l’adolescenza come un tempo di vulnerabilità e incompiutezza, con momenti intensi di scoperta e curiosità, ma anche di depressione, apatia e «condotte a rischio», cioè comportamenti che mettono simbolicamente o realmente in pericolo la vita.

Questi modi, volutamente trasgressivi, sono finalizzati ad abbattere la sofferenza causata dalla sensazione di trovarsi davanti al muro insormontabile di un presente che non finisce mai e di un avvenire che non si riesce a intravedere. Sono appelli a vivere, ma anche appelli all’aiuto e al sostegno rivolti a ad adulti capaci di trasmettere il gusto di vivere e il senso di quanto la vita sia preziosa

In copertina: fotografia di Agung Parameswara/Getty Images

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