Welfare

Commissione d’inchiesta sui minori fuori famiglia: ecco i compiti

Annunciata a maggio, finalmente è arrivato in Senato il testo del disegno di legge che istituisce una commissione d'inchiesta sulle case famiglia e cambia la legge sugli affidi

di Sara De Carli

Andiamo quindi verso una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, che dia anche disposizioni in materia di diritto del minore ad una famiglia. Alias, per essere più rapidi, “commissione d’inchiesta sulle case famiglia”. L’iniziativa parlamentare è di Massimiliano Romeo (Lega), che l’ha presentata a fine maggio, lanciata dal ministro Salvini. Che compiti avrà? «Il presente disegno di legge da un lato istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori» e dall’altro «introduce una serie di modificazioni alla legislazione vigente in materia di disciplina della incompatibilità dei giudici minorili che rivestono ruoli in comunità di tipo familiare», di «motivazione dei provvedimenti di allontanamento dalla famiglia di origine» e «di accertamento della situazione di abbandono dei minori» nonché in tema «di standard minimi dei servizi e dell’assistenza, di costi e trasparenza delle strutture che accolgono minori».

La Commissione sarà composta – quando approvata – da 20 senatori e 20 deputati, con almeno un rappresentante per ogni gruppo rappresentato in Parlamento e dovrà concludere i suoi lavori entri la fine della legislatura in corso (un po’ tanto, no?). I compiti, nel dettaglio, sono cinque:

  1. verificare lo stato delle comunità che accolgono i minori e le condizioni dei minori all’interno di esse, anche in riferimento alla temporaneità del provvedimento di affidamento (cioè quello che oggi fanno Asl e vigili?)
  2. verificare il rispetto dei requisiti minimi strutturali e organizzativi previsti (ma questo lo dovrebbero già fare oggi le Procure)
  3. effettuare controlli a campione sull’utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla comunità e valutare la congruità dei costi
  4. valutare se nella legislazione sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e rispettato il principio in base al quale l’allontanamento del minore deve costituire un rimedio residuale e in ogni caso esso non può essere disposto per ragioni connesse esclusivamente alle condizioni di indigenza dei genitori (se la domanda è sulla legislazione, la risposta la sappiamo già, sì. Il punto sono le prassi)
  5. verificare il rispetto della circolare 18/VA/2018 del CSM e ribadito dall’articolo 8 della legge presente, con particolare riguardo al divieto di esercizio delle funzioni di giudice onorario minorile per coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture comunitarie ove vengono inseriti minori da parte della autorità giudiziaria o nei CdA delle società che le gestiscono.

È proprio l’articolo 8 – al di là della istituzione della Commissione d’inchiesta – la novità del disegno di legge 1187, che va a dettagliare l’incompatibilità come giudice onorario per chi ha cariche rappresentative in comunità di accoglienza di minori ma anche per chi lì svolge ruoli di operatori sociosanitario o collaboratore a qualsiasi titoli. All’articolo 9 si stabilisce che i provvedimenti di allontanamento devono indicare espressamente le ragioni per le quali non è possibile la permanenza in famiglia del minore o per cui non è possibile l’affidamento familiare. Un decreto della Presidenza del Consiglio, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, stabilirà le linee guida per la definizione di standard minimi dei servizi e dell’assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare che accolgono minori e i criteri per la determinazione dei contributi pubblici.

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