Mondo

Come è bello il viaggio che porta la pace

Un fotografo ha seguito i volontari di Cosv e InterSos a Tuzla, in Bosnia. In mostra il cammino di chi ricomincia

di Carlotta Jesi

Cosa succede in un Paese distrutto dalla guerra quando, costruita una pace a tavolino, i carri armati se ne vanno e i telegiornali spengono le telecamere? I superstiti, spesso solo vecchi e bambini, ricominciano a vivere. E gli spettatori dimenticano.
Ma non tutti, non quelli che per capire come si soffre, vive e spera oggi in Bosnia compiono il “Viaggio ai Confini della pace”, mostra proposta da Intersos e Cosv al Palazzo Reale di Milano fino al 23 luglio per testimoniare i risultati dei loro progetti per il reinsediamento degli sfollati vittime della guerra conclusasi a Dayton nel 1995.
Un viaggio fatto di immagini e 80 fotografie a colori scattate da Francesco Laera tra le comunità serbe e mussulmane di Tuzla, Stato “cuscinetto” disegnato dagli accordi di pace, che raccontano la lenta ricostruzione della Bosnia. Un Paese in mano ai bambini e agli anziani che l’obiettivo di Laera coglie spesso affacciati a finestre scrostate o scheggiate dai proiettili, come in attesa: dei figli e fratelli che non ci sono più, i ventenni, trentenni e quarantenni bosniaci, i soldati della guerra mai più tornati a casa. Un’intera generazione scomparsa durante il conflitto che oggi nella zona di Tuzla ha gli occhi, le mani e le fattezze occidentali dei volontari del Cosv e di Intersos. Fotografati in tuta protettiva arancione per scovare e disinnestare le mine, accovacciati a giocare con i bambini, indaffarati a scaricare tegole e travi per riparare le case distrutte o chini a parlare con la popolazione locale.
“Sia mussulmana che serba”, spiegano cartelli colorati sotto a gigantografie che ritraggono uomini e donne di diverse etnie fianco a fianco. Se non fosse per le didascalie e i manifesti multicolori, che tra le foto di case distrutte e bambini scalzi simboleggiano la speranza più forte della guerra, non diresti mai che alcuni sono serbi e altri bosniaci-mussulmani, che i loro occhi hanno visto le bombe e fucili puntati uno contro l’altro. Ad accomunarli, oltre alla voglia di normalità che Laera coglie nei sorrisi di tantissimi bambini e nei loro giocattoli fatti di oggetti rotti, è la paura delle mine antiuomo nascoste nei campi, per strada e perfino sotto il pavimento di casa. Evitarle? Le foto che chiudono la mostra dimostrano quanto sia difficile: alcune sono grandi quanto un tappo di coca cola, altre così strane che ti viene voglia di toccarle. Tutte pericolosissime, tutte impossibili da non fissare a lungo e da dimenticare.
Un viaggio troppo crudo, troppo difficile, troppo disperato? “No, un viaggio nella ricostruzione che segue alla guerra” sembrano dirti due bimbi sorridenti ritratti mentre giocano in una vasca da bagno. Scrostata e tenuta in piedi da mattoni accatastati uno sull’altro in mezzo a un prato, ma abbastanza per farli sorridere e divertirsi. Abbastanza per sperare.
“Bosnia-Tuzla Viaggio ai Confini della Pace” è a Palazzo Reale, in Piazza Duomo a Milano, dalle 11.00 alle 21.00 fino al 23 luglio. Per informazioni: Cosv, telefono 02.2822852 mailto: cosv@enter.it
(Carlotta Jesi)

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