Cultura

«Con Mothers racconto il riscatto delle madri di tutto il mondo»

Intervista al regista e fotografo di fama mondiale Fabio Lovino, autore del docufilm che giovedì 29 settembre viene presentato alla Camera dei deputati (ingresso libero su prenotazione), realizzato nei luoghi in cui l'ong WeWorld ha progetti di sviluppo. «I diritti negati a mamme e bambini non dipendono dalla provenienza, si trovano storie drammatiche sia in Italia che in altre zone del pianeta. Ma da vicende negative possono nascere esempi stupendi di riscatto sociale, che devono essere raccontati».

di Daniele Biella

“La povertà educativa è tanto negativa quanto la povertà economica: può toccare a tutti, nel primo come nel terzo mondo. Allo stesso modo, i diritti di genere negati. Per questo vanno affrontati e denunciati”. Fabio Lovino, 52 anni, è un fotografo che da decenni gira il mondo, realizzando per lavoro scatti a rock star, divi di Hollywood, ma anche tanta gente comune. Potrebbe bastargli – “conoscere i popoli dal vivo è una continua crescita personale, che permette di superare pregiudizi e luoghi comuni” – ma nel tempo ha aumentato sempre di più la sua collaborazione con l’associazionismo e le organizzazioni non governative, viaggiando anche con i propri due figli "per far vedere loro tutti i risvolti del mondo". Domani, giovedì 29 settembre, presenta a Roma alla Camera dei deputati (qui le informazioni per ottenere l'accredito) il docu-film Mothers, realizzato per l’ong WeWorld sulla condizione delle donne e dei loro bambini nei quattro angoli del pianeta, Italia compresa.


Come è nata l’idea di Mothers?
Conosco WeWorld da circa 4 anni, abbiamo portato avanti assieme delle campagne contro il femminicidio pubblicate sulle maggiori riviste nazionali. Qualche tempo fa mi è stato chiesto di fare un libro fotografico sui luoghi in cui opera l’ong, io ho proposto loro l’idea del video-documentario per dare voce alle madri incontrate: WeWorld ha accettato e così abbiamo realizzato il film, che dura 75minuti e, dopo la presentazione di domani, verrà trasmesso sul canale Sky Arte.

E’ stato difficile ottenere la fiducia delle protagoniste?
Ogni incontro è stato una sorpresa, in positivo. Pensavo che la figura maschile avrebbe rappresentato un problema, dato che molte storie parlano di violenza di genere. Invece, trovare davanti a sé un uomo in ascolto ha generato una forte complicità, perché hanno avuto di fronte un modello diverso da quello a cui erano abituate.

Quali sono stati gli incontri che più ti hanno scosso?
Sono stati vari e, soprattutto, mi ha impressionato il fatto che per molti versi i problemi che ci sono in Italia non sono da meno di quelli dei Paesi poveri, per esempio riguardo a abusi, violenza familiare a dispersione scolastica. Ho visto, in pieno centro di Palermo e Napoli, bimbe-madri di 13 anni, come succedeva nell’immediato Dopoguerra. Molte delle storie che mi hanno colpito e che vengono raccontate nel film, comunque, sono positive, per esempio legate al microcredito come via d’uscita, attraverso il lavoro e quindi a più socializzazione, per spezzare del tutto la routine di mariti violenti nelle quattro mura di casa. E’ emblematica la storia di Maria Da Penha, donna brasiliana, farmacista, che dopo anni di soprusi e due tentativi di omicidio da parte del marito è diventata la paladina dei diritti delle donne tanto da essere la promotrice, 10 anni fa sotto il governo Lula, della prima legge contro il femminicidio. Ancora, sono molto interessanti le storie delle ragazzine nepalesi liberate da forme di schiavitù e che ora riescono a condurre una vita normale.

Si riesce ad approcciare persone di diversa provenienza ed estrazione sociale senza farsi influenzare dai pregiudizi?
Sì. Non dare nulla per scontato è la prima regola: dobbiamo allontanare gli stilemi a cui siamo abituati. Soprattutto, è da rifiutare la visione eurocentrica del mondo, perché noi siamo andati a “conoscere” altre popolazioni ma non le abbiamo scoperte, nel senso che già vivevano lì secondo le loro usanze, e in molti casi le abbiamo danneggiate, annullando secoli di tradizione e omologandole al pensiero comune. Un altro aspetto importante è promuovere la bellezza anche nei luoghi più difficili, perché il riscatto sociale passa da lì: per esempio, dopo avere costruito un legame, siamo riusciti a portare un gruppo di ragazzini con le proprie madri a vedere una rappresentazione teatrale a Palermo, l’hanno vissuta come un’esperienza indimenticabile, speriamo generi la necessaria crescita personale.

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