Mondo

La vita in fabbrica passata al setaccio

Un marchio etico nato negli Usa nel 1996. Controlla la responsabilità di filiera, perché un’azienda non può rispettare il lavoro solo dentro il proprio stabilimento ma conoscere anche chi sta a monte.

di Ida Cappiello

Se andate in una fabbrica di giocattoli in Cina che vuole il marchio etico, magari solo perché gliel?ha chiesto la multinazionale americana, attenti. Per sapere se i lavoratori hanno freddo d?inverno, non domandate al direttore dei servizi se il capannone è riscaldato. Andate a vedere se ci sono le stufe e chiedete di vedere le ultime fatture del cherosene». Comincia così una lezione del corso per valutatori etici del Cise, uno degli istituti italiani accreditati a formare i professionisti della certificazione SA8000. Un marchio nato negli Stati Uniti nel 1996 con il preciso obiettivo di combattere una delle conseguenze più pesanti che la globalizzazione ha avuto nei Paesi poveri, lo sfruttamento del ?fattore lavoro?, gli economisti lo chiamano così, spinto fino al limite più basso della dignità umana. Per questo il cardine del sistema SA8000 è la responsabilità di filiera: un?azienda non può rispettare il lavoro fino al proprio cancello e ignorare quello che succede fuori. Dunque, chi si vuole certificare deve ottenere l?adesione anche dei propri fornitori, soprattutto se operano nelle aree a rischio. «è una regola stringente, modellata sul tipico caso della grande multinazionale con un fortissimo potere contrattuale verso i propri fornitori, che in alcuni casi ha impedito ad aziende medio piccole di certificarsi per l?impossibilità di coinvolgere partner molto più potenti di loro», spiega Maria Luisa Parmigiani, docente del corso Cise e consulente d?azienda. «Ma anche con questo limite, risponde a un obiettivo fondamentale, quello di diffondere la norma da un?impresa all?altra, creando un positivo effetto a catena». La certificazione etica è di norma condotta da società attive nella consulenza aziendale e nella certificazione di qualità, ormai diffusa in gran parte del sistema industriale italiano. Rispetto alle norme ISO, però, c?è una differenza importante: mentre il sistema di gestione della qualità impone soltanto la coerenza interna tra gli obiettivi fissati in autonomia dall?azienda e i processi gestionali, il sistema SA 8000 impone di raggiungere obiettivi uguali per tutti, stabiliti da un organismo indipendente, il SAI – Social accountability institute. Valutatori-detective nei paesi a rischio Per i valutatori etici che operano in Italia, il processo di certificazione si risolve prevalentemente nell?acquisizione di documenti scritti. Le aziende interessate, infatti, partono sempre da una situazione di fatto già soddisfacente e devono soltanto formalizzarla per ottenere la certificazione. In Italia, inoltre, la legislazione del lavoro e i contratti collettivi sono riferimenti sicuri, spesso anche più garantisti delle norme SA8000 (che, ad esempio, risentendo della matrice americana, sono molto meno esigenti su aspetti quali la tutela della maternità o la previdenza). Quando entrano in gioco i fornitori asiatici o dell?Est europeo, invece, il valutatore deve vestire i panni di Sherlock Holmes. «Le ispezioni che facciamo nelle fabbriche appaltatrici del Terzo mondo sono veramente impegnative per due ragioni», spiega Rossella Ravaglio, product manager SA8000 di Sgs, uno degli enti certificatori accreditati in Italia. «Innanzitutto, il management aziendale non agisce per convinzione, ma sotto la pressione del cliente, quindi spesso ha un atteggiamento scettico. Inoltre, è più difficile sia raccogliere informazioni che interpretarle alla luce di contesti sociali diversissimi dal nostro. In questo lavoro ci aiuta il fatto di avere colleghi Sgs in tutto il mondo». Anche le ong hanno un ruolo strategico nella raccolta di informazioni indipendenti, non solo al momento dell?audit ma anche dopo, per il monitoraggio a distanza, con l?aiuto, in questo caso davvero prezioso, di Internet. I trucchi del mestiere Prima regola, non accontentarsi mai delle risposte dei dirigenti, ma verificare di persona. Maria Luisa Parmigiani svela qualche ?trucco del mestiere?: «Presentarsi in azienda nel giorno di paga per verificare personalmente i livelli retributivi e le modalità di pagamento. L?assegno, ad esempio, è spesso una forma di vessazione, perché le banche sono così lontane dalla residenza del dipendente, che a volte incassa i soldi solo dopo settimane. Attenzione poi al sindacato: «Anche quando è legale, spesso è giallo», avverte Parmigiani. «Per prima cosa, allora, bisogna chiedere al rappresentante aziendale se è stato eletto. Infine, per dialogare con i lavoratori molto giovani o addirittura bambini, bisogna usare tecniche da psicologo per far emergere le situazioni critiche». Non bisogna però pensare che il valutatore abbia un atteggiamento poliziesco, anzi: un punto qualificante di SA8000 è l?approccio non giudicante, ma dialogante e migliorativo, in modo da aiutare le aziende a compiere un percorso. Nel caso del lavoro minorile, ad esempio, non si chiede certo all?azienda di licenziare i bambini, che vedrebbero così la loro situazione peggiorare ulteriormente, ma di rivedere le modalità di lavoro secondo il principio di responsabilità sociale: attività leggere e sicure, orari che permettano di andare a scuola, assistenza sanitaria e sostegno alle famiglie.


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