Welfare
Il welfare aziendale? Una questione di bene comune
L’analisi di Giuseppe Guerini, portavoce dell’Alleanza delle cooperative sociali, sulle nuove misure annunciate dal Governo in Legge di Stabilità in tema di sostegno al welfare aziendale integrativo. «Un’occasione storica anche per il Terzo settore e per le imprese sociali»
Sono molto interessanti le misure di sostegno al welfare aziendale integrativo introdotte recentemente dal Governo che, se si confermassero le anticipazioni di stampa sulla prossima legge di Stabilità, potrebbero diventare ancora più significative nei prossimi anni.
Fino a 4mila euro l’anno di premio di risultato da convertire in servizi di welfare e conciliazione. Proiettando questa previsione sul volume potenziale dei lavoratori che potrebbero beneficiarne si prefigura un investimento per interventi di welfare di portata eccezionale.
È quindi una grande occasione per tutti quanti sono interessati a sviluppare innovazione per gli interventi di protezione sociale assicurando ai nostri sistemi di welfare la sostenibilità. Si tratta di un’occasione storica, non solo per aziende e lavoratori, ma per tutte le realtà pubbliche e private. Soprattutto per quelle del Terzo settore e per le imprese sociali.
Per questo mi preoccupa il fatto che su questo tema nel terzo settore, a cominciare dalle nostre cooperative sociali, stiamo facendo fatica ad elaborare una proposta complessiva. Provo quindi a tracciare due traiettorie su cui occorre tornare per una riflessione.
La prima è che occorre ribadire con forza che, per nessuna ragione, queste misure di sostegno economiche debbano essere considerate un forma di compensazione preventiva di una graduale ritirata dello Stato dalle responsabilità sulla protezione sociale dei cittadini.
La seconda riguarda invece la sfida che queste misure aprono per i “produttori” di servizi di welfare, che hanno ora la grande responsabilità di usare questa occasione per una grande azione di “pedagogia sociale” per educare il potenziale mercato dei servizi a essere il più possibile generativo e mutualistico, a trattare cioè il welfare aziendale, come un “bene comune” e non come una prestazione a domanda pagante. E non tanto nella logica di “condividere” servizi ma in quella di considerare la protezione sociale come un investimento che riguarda il futuro delle nostre comunità.
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