Cultura

Revelli: il grande coraggio di Francesco che dice “il terrorismo è nulla rispetto alla guerra”

Il sociologo Marco Revelli spiega a Vita.it perché l'omelia del papa di questa mattina in Santa Marta, "La vergogna della guerra", è straordinaria e coraggiosa. «L’esistenza stessa della guerra nella nostra contemporaneità ci rende colpevoli anche di quello che non facciamo. Il Papa con le sue parole è quanto di più distante ci sia dall’ipocrisia del politicamente corretto, dal “quanto siamo buoni, quanto siamo bravi ed innocenti”».

di Anna Spena

Oggi, uomini e donne di tutte le religioni, ci recheremo ad Assisi non per fare uno spettacolo: semplicemente per pregare e pregare per la pace”, ha esordito così papa Francesco durante la meditazione quotidiana nella Cappella di Santa Marta. E l’ha fatto prima di recarsi ad Assisi appunto in occasione della cerimonia di chiusura dell'evento “Sete di Pace”, organizzato dalla comunità di Sant'Egidio.



«Già la prima riga è straordinaria. “Ci recheremo ad Assisi non per fare uno spettacolo”», commenta così il sociologo Marco Revelli l’omelia del Papa. «Quell’affermazione è un porsi infinitamente più in alto di tutto lo sterile agitarsi della politica, del sistema mediatico globale e di quelli che stanno in un mondo in guerra senza riuscire a vederla, a riconoscerla». È infatti “La vergogna della guerra” il titolo forte, vero e più che mai onesto della dichiarazione di papa Francesco: «Ed addirittura questo chiarire fin da subito che non si fa uno spettacolo è una denuncia feroce anche per tutti quelli che vivono la guerra come uno spettacolo», continua Revelli.

“Il mondo è in guerra. Il mondo soffre”, dice il Papa. “Noi la guerra non la vediamo: si avvicina a noi qualche atto di terrorismo, ci spaventiamo ed è brutto, questo è molto brutto. Ma non ha niente a che fare con quello che succede in quei Paesi, in quelle terre dove giorno e notte le bombe cadono e cadono, cadono, e uccidono bambini, anziani, uomini, donne: tutto!”.

Francesco è un papa coraggioso. «Questo sua affermazione sul terrorismo», spiega Revelli, «è un affondo molto forte che non è fatto per sminuire l’orrore del terrorismo – come qualcuno potrebbe insinuare – ma al contrario per dare le giuste dimensioni all’orrore della guerra stessa. Quello che il Papa in un certo senso sta dicendo a noi popoli, che viviamo nella parte salva del mondo, è che quello che ci terrorizza in realtà è una parte infinitesimale di quello che tocca ad altre persone. E lo è anche in termini quantitativi rispetto al numero di vittime: le bombe cadono dal cielo mentre noi fingiamo di non vedere quella guerra nella quale invece siamo irrimediabilmente coinvolti».

E lo siamo – e questo lo spiega benissimo Revelli – almeno per dei motivi: «Siamo parte dell’umanità; e come parte dell’umanità quella stessa sofferenza umana – lo dice anche il papa – chiama in causa tutti. E l’atto di porsene di lato come se questo accadesse ad altri è un gesto di fuga dall’umano»

Il secondo motivo ritorna alla vergogna della guerra e infatti il papa dice “Siamo noi, gli uomini, sotto la tentazione del maligno, che facciamo le guerre per guadagnare soldi, per prendere più territorio”. «In buona misura non ce ne vergogniamo perché noi “stiamo dalla parte di quelli che producono gli ordigni”, ci guadagnano e ci fanno i soldi, non dalla parte di coloro che di quegli ordigni misurano le conseguenze della distruttività: questa è una dimensione di vergogna forte che mette a tacere tutte le chiacchiere possibili».

La verità – è questo non possiamo negarlo – è che “la guerra tocca tutti, anche la guerra incomincia nel cuore”. «E questo è più che mai vero ed attuale», prosegue Revelli. «L’esistenza stessa della guerra nella nostra contemporaneità ci rende colpevoli anche di quello che non facciamo. Perché cosa succede nel nostro cuore quando pensiamo di vivere la nostra pace mentre gli altri trovano la loro guerra che poi è la nostra guerra? Questo Papa con le sue parole è quanto di più distante ci sia dall’ipocrisia del politicamente corretto, dal “quanto siamo buoni, quanto siamo bravi ed innocenti”. E poi, nello stesso tempo, le sue parole sono un atto di Pietas nei confronti di tutti».

Qui l'omelia del Papa integrale

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