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Marc Kaboré (Presidente del Burkina Faso): “Sulle migrazioni, l’UE deve passare dalle parole ai fatti”

A margine del Summit delle Nazioni Unite sulle migrazioni, il presidente del Burkina Faso, Marc Roch Kaboré, si è espresso sul piano d'investimenti esterni per l'Africa e i paesi del Vicinato presentato la scorsa settimana dalla Commissione europea a favore del settore privato e dell'occupazione, e contribuire così agli SDGs e alla lotta contro le cause profonde dell’immigrazione verso l'Europa. "Il piano dell'UE è un piano interessante, ma alle parole devono seguire i fatti. E l'Africa va ascoltata", ha dichiarato a Vita.it il presidente Kaboré.

di Joshua Massarenti

Signor Presidente, la Commissione europea ha presentato la scorsa settimana un piano d’azione per incoraggiare gli investimenti privati in Africa con l’obiettivo di contribuire a conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e di affrontare le cause profonde della migrazione dal continente africano verso l'UE. L’ambizione è quella di investire fino a 88 miliardi di euro da qui al 2020. Lei come reagisce a questo piano?

Non possiamo fare altro che reagire positivamente a questo piano dell’Unione Europea, che a titolo personale considero molto interessante. Detto questo, non vogliamo illuderci. Alle parole e ai piani devono seguire gli atti. A New York gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno annunciato per il 2016 fondi pari a 4,5 miliardi di dollari in più rispetto al 2015 per proteggere i rifugiati e i migranti. Bene, ma poi? Un conto sono le promesse, un'altra cosa è la realtà. L’Africa va ascoltata e i suoi bisogni presi seriamente in considerazione, non a colpi di annunci. E’ altresì necessario adottare delle leggi che proteggono davvero i migranti, altrimenti non faremo altro che alimentare la xenofobia e nuovi conflitti o tensioni a livello internazionale.

Intanto la migrazione è ormai in cima all’agenda politica globale…

Ed è un bene che sia così. Abbiamo sempre detto che i paesi ricchi devono fare degli sforzi per aiutare quelli più poveri a gestire meglio i fenomeni migratori. Da soli non ce la facciamo. Questo vale soprattutto per i paesi africani in preda ai conflitti armati che alimentano le migrazioni forzate. Siamo altrettanto convinti che costruire dei muri non serve a nulla, le frontiere vanno lasciate aperte. Piuttosto, bisogna lavorare su una regolarizzazione dei flussi migratori e aprire dei canali legali e protetti per chi fugge.


L’Africa fa quello che può. Dal Kenya al Burkina Faso, passando per l’Etiopia, accogliamo un numero di migranti e rifugiati nettamente superiore rispetto a coloro che approdano o che tentano di approdare in Europa.

Quale può essere il contributo di un paese come il Burkina Faso per lottare contro le migrazioni illegali e garantire i diritti dei migranti?

Il Burkina Faso è un paese da cui la gente si sposta prima di tutto verso i paesi frontaliere. Abbiamo tra due e tre milioni di nostri concittadini che vivono e lavorano in Costa d’Avorio. C’è un forte collaborazione con le autorità ivoriane per regolamentare i flussi migratori tra i due paesi. In generale l’Africa fa quello che può. Dal Kenya al Burkina Faso, passando per l’Etiopia, accogliamo un numero di migranti e di rifugiati nettamente superiore rispetto a coloro che approdano o che tentano di approdare in Europa. Tra la povertà che è ancora molto diffusa sul nostro continente, i conflitti armati, la minaccia terroristica e le difficoltà a controllare le nostre frontiere, la gestione dei flussi migratori in Africa è molto complicata. La comunità internazionale, l’Unione Europea in particolare, ci devono aiutare.

Intervista realizzata nell'ambito di un progetto editoriale sostenuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI) che associa Vita a 30 media indipendenti africani.

Credito foto di copertina: VITA/Joshua Massarenti

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