Welfare
Express Care, l’app che aiuta i disabili ad essere indipendenti
Una piattaforma che consente di sfogliare le offerte di assistenza disponibili in un territorio:dall’aiuto domestico, più o meno stabile, a quello occasionale, e perfino di chi si propone come volontario
di Anna Spena
“Welfare Together” è un contest lanciato tre anni fa da Reale Mutua. L’iniziativa si inserisce nella mission di Reale Foundation, che attraverso processi di innovability, e in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, persegue programmi a sostegno del welfare e dell’inclusione socio-economica dei giovani.
Al progetto vincitore, Reale Foundation, la fondazione corporate di Reale Group, erogherà 20.000 euro che permetteranno l’avviamento dell’attività imprenditoriale della start-up. È previsto inoltre, un servizio di incubazione professionale in collaborazione con Make a Cube per un valore di 10.000 euro e un percorso di affiancamento manageriale con Manager per il Sociale – Gruppo Volontariato di Manageritalia Lombardia.
A vincere la terza edizione del contest è stato il progetto “Express Care”, rivolto ai soggetti che si prendono cura di terzi: i caregivers. A pensare alla creazione della piattaforma sono state Ilaria Faranda, 31 anni, assistente sociale che collabora con Enil, rete europea per la vita indipendente, e con altri gruppi, per promuovere i diritti delle persone con disabilità; e Tania Bocchino, 41 anni, malata di atrofia muscolare spinale da quando è nata. Di sé stessa racconta: «Sono una scrittrice, una blogger nonché un’attivista per la Vita Indipendente. Da circa sei anni vivo da sola — o meglio, con una gatta — aiutata da due assistenti personali che si alternano».
Come vi siete conosciute? (TB)
Entrambe siamo attiviste per la vita indipendente e ci siamo conosciute partecipando alle attività di Enil Italia. C’è stata subito un’ottima intesa: Ilaria è una persona estremamente pragmatica e poi conosce il burocratese. Io che sono idealista e sognatrice tendo a perdermi dietro ai grandi ideali i quali spesso non supportati da una solida matrice di pragmaticità tendono a svanire nell’aria.
Com’è nata l’idea di expresse care? (TB)
Ilaria mi ha scritto chiedendomi se mi andasse di partecipare insieme a lei al concorso Welfare Together indetto da Reale Mutua ho accettato immediatamente. Subito dopo è giunta la fatidica domanda: «Quale progetto proponiamo?» Da una rapida disanima dei problemi che avremmo voluto tentare di risolvere abbiamo subito compreso che avremmo dovuto focalizzarci sulla difficoltà delle persone disabili di trovare l’assistenza giusta per poter fare una vita indipendente, ossia autonoma, libera, autodeterminata. Ci siamo allora chieste quali potessero essere le cause di questa difficoltà, e abbiamo individuato due aspetti.
chi non ha mai sentito parlare di vita indipendente, o magari si porta dietro determinati stereotipi sulle persone con disabilità, difficilmente sarà aperto ad accogliere indicazioni, a riconoscere la persona disabile come datrice di lavoro adulta e autodeterminata
Che bisogni avete intercettato?
Lì per lì, a me è venuto in mente che le candidate che si presentano per il posto di lavoro spesso sono persone non formate, ragazze molto giovani alla primissima esperienza lavorativa oppure sono persone che si approcciano al lavoro di assistente personale poiché non ne hanno trovato un altro più confacente alle loro abilità. Persone che si accontentano di fare il lavoro della badante ma senza avere una particolare predisposizione né intenzione di farlo per lungo tempo. Da questa premessa è scaturita la prima idea, quella di proporre un percorso di formazione per assistenti personali ispirato ai principi della Vita Indipendente. Chiariamo un punto: crediamo fortemente che sia ogni persona con disabilità a dover formare il proprio assistente, liberamente e direttamente. Allo stesso tempo, purtroppo l’esperienza ci ha insegnato che bisogna anche “essere formati a lasciarsi formare”, nel senso che chi non ha mai sentito parlare di vita indipendente, o magari si porta dietro determinati stereotipi sulle persone con disabilità, difficilmente sarà aperto ad accogliere indicazioni, a riconoscere la persona disabile come datrice di lavoro adulta e autodeterminata. Inoltre, siamo fortemente convinte che il lavoro dell’assistente personale sia un lavoro nobile e da valorizzare. Attualmente chi fa l’assistente si vergogna quasi a dirlo perché non è un lavoro riconosciuto come può esserlo invece il lavoro dell’infermiera, dell’OSS o del medico. Il nostro obiettivo è quello di riqualificare la figura dell’assistente personale attraverso una formazione mirata, da sviluppare in partnership con organizzazioni per la vita indipendente (come Enil) e con centri specialistici che possano fornire docenze su temi legati a specifiche condizioni di salute. Per questo abbiamo chiesto collaborazione al Centro Nemo di Milano, per quanto riguarda l’ambito delle malattie neuromuscolari, e all’Istituto di Montecatone, in merito alle lesioni spinali. Oltre alla scarsa formazione, però, c’era anche il problema di dove, concretamente, andare a cercare i candidati assistenti, soprattutto in caso di bisogni urgenti o imprevisti. Abbiamo visto che non solo le persone con disabilità, ma anche, ad esempio, i caregiver di persone anziane, spendono un sacco di tempo ed energie in questa ricerca, setacciando il web, attivando mille diversi canali, selezionando tra decine di annunci spesso tutti uguali e poco informativi…
Expresse Care…
Da qui qui ci è venuta l’idea di creare una app che consenta di sfogliare in modo semplice tutte le offerte di assistenza disponibili in un territorio, filtrando anche la ricerca in base a una serie di parametri, come la vicinanza geografica. La marcia in più di ExpressCare, inoltre, è che permetterà di visualizzare non soltanto le disponibilità di chi cerca un lavoro di assistenza o aiuto domestico più o meno stabile, ma anche di chi è disponibile per un aiuto occasionale, e perfino di chi si propone come volontario: vogliamo infatti mettere in rete associazioni, banche del tempo, organizzazioni di terzo settore che offrono servizi di trasporto accessibile e tanto altro. Potrebbero esserci delle persone disabili che necessitano unicamente di fare la spesa e che attraverso l’app potranno trovare dei volontari in grado di aiutarli. Inoltre, potrebbero trovare anche dei vicini di casa iscritti all’app che dovendo fare la spesa per sé magari possano farla anche per l’ipotetico Mario Rossi che vive nel loro stesso quartiere. In questo modo creiamo una specie di “rete di sicurezza” virtualmente attiva 24/24: con pochi “tap” sullo smartphone puoi sapere chi c’è nel tuo quartiere che, gratis o a pagamento, potrebbe rispondere al tuo bisogno; puoi vedere in che orario è disponibile, che feedback gli hanno lasciato gli utenti precedenti, se appartiene a un’associazione o no, e così via. Questa piattaforma virtuale, così come i corsi di formazione, sono ancora in una fase di progettazione sotto la supervisione dei docenti di Make a Cube grazie ai fondi destinati da Reale Mutua all’incubazione del nostro progetto.
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