Welfare

Il caso CARA di Foggia: se un giornale si sostituisce alle istituzioni

Viviamo una situazione paradossale: chi è chiamato a gestire le emergenze non sempre si assume le responsabilità che questo comporta. Anche quando i danni sono evidenti. Le denunce a mezzo stampa servono, ma non possono sostituirsi a istituzioni assenti. Dove erano ministro e prefetto?

di Marco Ehlardo

Immaginiamo di avere una casa. Supponiamo di pagare profumatamente un’agenzia perché la gestisca. Facciamo il caso che l’agenzia la fitti ad una ventina di persone, quando la casa ne potrebbe ospitare al massimo due o tre, e che in quella casa succeda di tutto: violenze, ricatti, violazioni delle norme igienico-sanitarie, e chi più ne ha più ne metta.

Succede poi che, dopo mesi, qualcuno denuncia la situazione alla polizia; con chi se la prenderebbero? Ma con noi, ovviamente! Anche perché i casi sarebbero due: o saremmo a conoscenza del tutto (caso più plausibile), o saremmo colpevolmente negligenti (il che, dal mio punto di vista, è sempre peggio).

Con le dovute proporzioni, con quanto emerso dall’inchiesta de L’Espresso sul CARA di Borgo Mezzanone (FG) ci troviamo in una situazione simile. Il Ministero dell’Interno affida la struttura ad una cooperativa, con una spesa di circa 11 milioni all’anno. Nella struttura non vengono rispettati i canoni previsti dall’appalto, per non parlare dei diritti di chi viene ospitato. Eppure c’è bisogno di una inchiesta giornalistica perché tutti, all’improvviso, si accorgano di cosa succede. Non è credibile.

Dal dramma, poi, si passa alla farsa, quando il ministro dell’interno dispone un’indagine sulla struttura e sulle condizioni di accoglienza. La farsa è che il ministero chiede ora alla prefettura di Foggia di monitorare quanto accade nel CARA, quando questo monitoraggio delle prefetture è già previsto dalla legge e dovrebbe essere continuativo. In più, il ministro comunica che ha istituito “una task force operativa per un check up straordinario di tutte le strutture di accoglienza sul territorio”.

Straordinario? Dunque conferma che quello ordinario non viene effettuato? Poi, per mettere fine ad ogni illazione su quanto questa operazione potrebbe risultare etica e persino umanitaria, chiarisce che sarà prevista “la realizzazione di una nuova rete di recinzione, di una strada perimetrale interna, di un sistema integrato di video sorveglianza e anti intrusione e di un nuovo corpo di guardia, nonché il potenziamento dell’impianto di illuminazione esterna.

E ancora “interventi nell’area esterna al Centro per la demolizione dei manufatti occupati e utilizzati abusivamente da cittadini extracomunitari". Dunque non solo non si parla delle condizioni disumane in cui i migranti sono accolti in quella struttura, ma si risponde persino con maggiore “cattiveria”. Insomma, facciamogliela pure pagare!

In un Paese civile qualche testa sarebbe già caduta, e qualche appalto revocato. Ma l’Italia non appartiene a quel mondo. In Italia i “non sapevo” sono un passaporto per l’impunità. Figuriamoci per chi ha votato in parlamento per confermare che “sì, credeva davvero fosse la nipote di Mubarak”. Allora va bene, stendiamo un velo (im)pietoso sul passato, ricominciamo daccapo e facciamo quest’operazione di “check up straordinario”.

Con tre condizioni però. La prima è che questa operazione venga estesa a tutti i progetti di accoglienza (ma non solo) finanziati dal pubblico. Non solo quelli ministeriali, insomma. La seconda è che l’inchiesta sia indipendente. Anche sapendo come, in Italia, “inchiesta indipendente” sia speso un ossimoro, almeno questa volta proviamoci. La terza è che questo monitoraggio sia “straordinario” per l’ultima volta, e che diventi una prassi, affidata ad una struttura indipendente e competente.

Immagino, altrimenti, l’efficacia di un monitoraggio, ad esempio affidato ad un Comune, su un progetto finanziato dallo stesso ad organizzazioni amiche o amiche di amici. Sarebbe l’ennesima farsa. Che vengano premiati i (molti) enti gestori virtuosi, e che vengano revocati i progetti a quelli che non lo sono.

Magari chiedendo anche i danni a loro ed a chi non ha controllato che facessero un buon lavoro. E poco importa se qualche amministratore locale potrà minacciare un Sindaco di far cadere la giunta se viene toccato un “suo” progetto. Un Sindaco ricattabile è meglio che se ne torni a casa. Magari, la prossima volta, assieme a ministri e prefetti che non sanno nemmeno che cosa succede a casa loro.

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