Non profit

«Caro tremonti, non potrai legarci le mani»

Il presidente di Fondazione Cassamarca spiega come resisterà ai tentativi della politica e dalla finanza italiana di raffreddare i patrimoni creati dalle ex-Casse di risparmio

di Giampaolo Cerri

La differenza fra un tecnico e un amministratore è che il primo deve sapere, il secondo deve capire. Io sono un amministratore». Dino De Poli, classe 1929, avvocato cassazionista, ha visto passare tanta acqua sotto i ponti di Treviso. Da quando nell?87 è diventato presidente di una delle casse di risparmio più ricche d?Italia, ha visto passare, per esempio, i signori della Dc veneta, da Fracanzani a Bernini, che lo rispettavano per quanto lui non si schierasse né con l?uno né con l?altro. Ora, dal suo ufficio di Ca? Spineda, aspetta che la piena – il desiderio del mondo politico di mettere le mani sul tesoro delle fondazioni e la volontà di neutralizzarlo di quello finanziario – passi anche stavolta. Con in mano 1.553 miliardi di lire in azioni Unicredit si può permettere di lanciare messaggi alla politica, alla finanza, ai colleghi delle altre fondazioni. Lo incontriamo a pochi giorni dall?annuncio dell?inaspettato, ma sostanziale, allineamento del superministro Tremonti alla posizione del suo predecessore Visco in materia di fondazioni. Vita: Presidente, ora vi sono tutti addosso. Dino De Poli: Che cos?è sta roba? Siamo una fondazione come le altre, le origini non hanno importanza. Bastava il Codice civile e poco più. Invece hanno fatto leggi, un decreto legislativo, atti di indirizzo, tutta un?attenzione verso gli statuti e poi la vigilanza sui bilanci. Deriva dall?impotenza, dall?impossibilità di mettere le mani su un patrimonio enorme. Ma il patrimonio non è mica dello Stato. E cosa facciamo, i federalisti di giorno e i centralisti di notte? Vita: Tremonti, parlando all?Associazione bancaria italiana, è sembrato convertirsi alla politica del suo predecessore… De Poli: Ha anche parlato di ?certi ritorni tradizionali, certe resistenze?. Ma quali? Ci hanno detto che non dobbiamo stare nelle banche, ma dieci giorni fa, quando la fondazione di Venezia è entrata nel capitale di un?azienda editoriale che si occupa di arte, il Corriere della sera ha criticato duramente. Ma cosa gliene importa? Qualcun altro vuole espropriarci del tutto per dare ogni risorsa alla Sanità, ma gli espropri si pagano. E con quello che ricaveremmo, faremo ciò che vogliamo. Di nuovo. Vita: Qualcuno aveva parlato di un ?blind trust? ? De Poli: Balle. I punti di riferimento sono nell?azione svolta storicamente dalle comunità locali. Ma non ci muoviamo solo per la nostra comunità. C?è una grande attività in favore degli italiani all?estero: paghiamo 14 lettorati di italiano, da trasformare in cattedre. Ci occupiamo di arte, di ecologia.? Vita: Insomma i senesi, che più di tutti hanno recalcitrato nell?accettare la legge Amato perché non volevano mollare il loro Monte dei Paschi, avevano ragione… De Poli: Bisogna dire che sono toscani e quindi dotati di una ferocia aggressiva straordinaria e non tutta si sfoga nel Palio. Ma hanno ragione: sono patrimoni che vengono dalla storia locale. È evidente che l?ultimo atto di indirizzo di Visco era ritagliato sulle persona di Piccini, l?ex-sindaco della città in procinto di diventare presidente, anche se hanno detto che doveva colpire le fondazioni del Nord. Le fondazioni hanno approvato gli statuti e gli statuti sono quelli che contano. Possono fare atti di indirizzo fin che vogliono, ma di fronte a istituti di diritto privato sono niente. Abbiamo dato attuazione a tutti gli atti di indirizzo precedenti all?approvazione del nostro statuto. Tutto ciò fa parte di quella confusione sovrana alimentata da quel maestro di invenzioni sottili e diaboliche che è Giuliano Amato, invenzioni che sembrano intelligenti sulla carta ma che non stanno in piedi. Ha fatto la trasformazione delle Casse in società per azioni: bastava quello. C?era l?assemblea dei soci. Ora per loro la tragedia è: chi è la proprietà? Un dilemma che credono di risolvere con un controllo asfissiante. La materia è contorta e per questo ha una forza salvifica: essendo ambigua ci sono molte vie d?uscita. Vita: Quali sono le vostre vie d?uscita? Non dismettere la vostra partecipazione in Unicredit? De Poli: Dismetteremo quel che vogliamo, quando vogliamo! D?altra parte, la funzione sociale della proprietà costituzionalmente prevista è già largamente contemplata nei nostri statuti, del fatto che non siamo profit, che non distribuiamo utili ai nostri soci. Eppure ci vengono a chiedere come sfruttiamo il nostro patrimonio, qual è la sua redditività. Signori, la redditività è profit. Ci dicono: «Potete entrare nelle società, purché siate in minoranza». Ma questa è una logica profit. Tutte le utilità che vengono sono reinvestite, ma poi basta. È un?ossessione? Amministrano gli ex-democristiani! E la Fondazione Agnelli chi la amministra? Dobbiamo fare gli esami del sangue? Vita: Userete tutti gli spazi per difendere la vostra identità? De Poli: Certamente, perché noi facciamo cose enormi. Abbiamo fatto un convegno sulla globalizzazione a New York e abbiamo mandati gli atti a Bush che ci ha ringraziato. Non è che pensiamo a conquistare il mondo. La politica si mette lì a dirci :«Potete, non potete, qualche azione». Sembra l?imitazione della vecchia morale cattolica: fin qui, oltre no. Se io voglio tutelare la mia redditività compro i titoli di chi voglio e, se posso, entro nel consiglio di amministrazione. Cos?è una specie di ?coitus interruptus? che dovremmo avere con la finanza? Le incompatibilità, le abbiamo risolte. Punto e basta. Vita: E il finanziamento ai centri di servizio del volontariato? De Poli: Un disastro. Hanno creato burocrazia e uffici senza distribuire soldi. Miliardi fermi, ma ai volontari niente. Vita: E lei come farebbe? De Poli: Le Commissioni di beneficenza delle fondazioni spieghino come vanno incontro al volontariato. Potranno ricevere suggerimenti, ma non di più. Ma basta uffici, basta burocrazia. Io odio la burocrazia – l?unico odio concesso a un cattolico. Il compimento della legge è l?amore, dice il Vangelo. Io non posso amare la norma per se stessa: se non mi indica il fine, la legge non mi dice niente. Vita: Come va con le altre fondazioni, come va in Acri (l?Associazione fra le Casse di risparmio italiane, ndr)? De Poli: Siamo usciti, poi rientrati. Questi organismi si divertono a gestire le superfetazioni giuridiche come quelle della legislazione sulle fondazioni. Le superfetazioni chiederebbero una cosa sola: di essere abbattute, non di essere rinforzate perché non stanno in piedi. Poi questa mania dei dipendenti: qui ne abbiamo 7, eppure abbiamo 26 cantieri aperti. Il mio amico Segre (presidente Fondazione Carivenezia, ndr), prima ancora di capire che cosa fosse necessario fare, ha assunto 15 persone. Ma così si girano carte! Vita: Tre anni fa disse: «È finita la Prima Repubblica, finirà anche Mediobanca». Una profezia? Che succede in questo Paese? De Poli: In questo Paese si può fare una politica grande solo se si hanno grandi alleanzae. E questo vale anche per le fondazioni, vale per Mediobanca, per Agnelli, per tutti. Non si possono fare le grandi politiche a pezzettini. Mediobanca ha funzionato finché c?è stata la Prima Repubblica, quando i punti di riferimento erano certi, quando anche la neutralità poteva essere sfruttata nel segno della libertà. Ma oggi, chi comanda in questo Paese? Abbiamo un presidente del Consiglio, ma chi comanda veramente? Privatizzando, smantelliamo anche la capacità del potere centrale. Vita: Si parla molto di finanza etica? Una strada percorribile? De Poli: Così no. Che finanza ed economia non possano sovrastare il valore delle persona umana e delle fasce più deboli siamo d?accordo. È nel quadro generale di una politica che si possono decidere i vincoli morali dell?economia e della finanza. Banca etica raccoglie qualche miliardo, appena lo distribuisce non ha più mezzi. Perché il danaro costa. Vita: Il suo collega Emmanuele (Cariroma) ne farà un?altra… De Poli: L?acqua ferma muore: quindi che l?acqua si muova è un bene. L?importante che si arrivi al mare, cioè all?uomo. Io non faccio quei tentativi, percorro altre strade. Chi vuol tentare, tenti. Vita: Fra i vostri progetti culturali, la promozione dell?Umanesimo latino, fatto di valori etico-sociali, di accoglienza. Che ne pensa il suo sindaco-sceriffo Gentilini? De Poli: Che vuole che dica? Loro provocano certi rigurgiti celtici. Ma i Celti, da queste parti, hanno lasciato poco o nulla.


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