Non profit
Fondazioni, svolta dopo lestate?
Fra resistenze, ricorsi e battaglie finanziarie, sempre più intricato il nodo delle fondazioni bancarie. Ma forse siamo alla stretta finale
L?estate rovente delle fondazioni bancarie. Potrebbe essere il titolo del film che in questa stagione infuocata da direttive Visco, minacce di ricorsi al Tar, casi Generali, questioni Montepaschi, incontri con Tremonti (uno, chiarificatore, è atteso per il 18 luglio) e altre vicende ancora, le vede protagoniste della vita politico-economica italiana.
D?altronde, è quasi sempre d?estate che il loro destino viene segnato profondamente. A cominciare dalla nascita, avvenuta il 30 luglio 1990 con la cosiddetta legge Amato (la n. 218). È poi dell?11 agosto ?91 la legge quadro sul volontariato (la n. 266) che fissa l?obbligo di accantonamento di un quindicesimo dei loro proventi netti per la costituzione dei centri di servizio. Risale al 28 giugno ?95 la circolare contenente le indicazioni applicative della direttiva Dini, del ?94, in materia di dismissioni delle partecipazioni bancarie. Data, invece, 6 agosto ?99 l?emanazione dell?atto di indirizzo governativo che stabilì i termini entro i quali redigere i nuovi statuti ai sensi della legge di riforma (la n. 461/98 e il decreto legislativo n. 153/99). Porta infine la data del 22 maggio2001, l?atto di indirizzo Visco che vieta il cumulo di incarichi in fondazioni e banche partecipate, un provvedimento contro il quale si annunciano ricorsi al Tar entro il 23 luglio prossimo.
Insomma, l?ispettore Poirot ne avrebbe ben donde nel ritenere che queste non sono solo coincidenze, ma veri e propri indizi. Già, indizi, ma per la soluzione di quale giallo? In realtà, nel caso delle fondazioni bancarie c?è ben poco da scoprire. Da un lato ci sono patrimoni enormi che, se opportunamente gestiti e utilizzati dai loro amministratori (e ce ne sono di lungimiranti), potrebbero rappresentare una straordinaria opportunità per una più ampia diffusione del non profit nel Paese, per una più rapida e consistente affermazione della finanza etica, per una concreta attuazione del principio di sussidiarietà. Dall?altro, ci sono soggetti di varia provenienza (politica, così come imprenditorial-finanziaria) che mirano a metter mano su questi patrimoni o comunque a condizionarne pesantemente le ?finalità d?uso?.
In mezzo, i vari governi che in questi anni non hanno mai rinuciato a far capire a chi spetti, sempre e comunque, l?ultima parola. Con buona pace dell?Europa, che auspica un coinvolgimento sempre più convinto di questi enti nella costruzione di un?Europa solidale e dei cittadini. Ora, dato che su simili questioni il nostro Paese si gioca, come si suol dire, la faccia, ossia una buona parte della sua credibilità internazionale, non sarebbe forse il caso di risolvere una volta per tutte questa anomalia tutta italiana? Chissà se, stavolta, passata l?estate….
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