Cultura

Antonio Conte, il capitano sbagliato

Il simbolo della Juventus sia da giocatore che in panchina sarà il nuovo mister dell'Inter. Ma il calcio è vita, è storia e simboli e radici. L’è el balòn de Milan, rossoneri o nerazzurri che siano. E i nuovi padroni, questi forestieri arrivati qui da CIna e Stati Uniti, ricchi di soldi ma poveri di memoria, lo impareranno a proprie spese. Come insegna il caso San Siro...

di Maurizio Crippa

Ora che il Capitano dovrà finalmente assaggiare com’è l’Europa che conta, e provare a vincere qualcosa senza fare lo sbruffone, e per prima cosa dovrà capire che cos’è uno Spitzenkandidat, possiamo fare un esperimento. Ma cambiando campo, e gioco. Per provare a suggerirgli di tener presente che ogni tanto la vita si presenta con le sue vendette, e con le sue nemesi, per dirla come gli intellò che detesta.

Prendiamo come esempio il gioco del calcio, e dei suoi allenatori, o meglio gli Spitzenallenatoren: gli allenatori dei sogni e le (brutte) sorprese che possono causare. Soprattutto se non fai i conti bene col tuo paese, con la storia che hai, col tuo passato. Ad esempio a Milano, nella sua Milano. Partiamo dall’altra sponda, non la sua.

Arriva Antonio Conte, all’Inter. Grande allenatore, ghirba da condottiero, l’uomo giusto sulla panca che scotta. Ma ha un problema, Conte, che in attesa di smentite dal campo già da qualche mese provoca l’orticaria, o travasi di bile, al popolo dei tifosi bauscia: Antonio Conte è quello della Juve, ma proprio gobbo, che ai tempi dei trionfi bianconeri con la (nuova) squadra nerazzura non le aveva mai mandate a dire, e nemmeno coi giocatori. Polemiche e battute cattive. Molto più di una reciproca antipatia.

E adesso? Adesso toccherà ingoiare il gobbone amaro? Gridare il suo nome della curva, sperare (o temere? Il masochismo dei tifosi non ha limiti) di doverlo osannare come un genio, come un conducator vittorioso? Ah, bel dilemma… E i cinesi, questi cinesi ricchi ma col braccino corto, non potevano pensarci un po’, prima? Non potevano informarsi sull’atavica rivalità tra le due squadre con le maglie a strisce? O almeno scartabellare le statistiche, e scoprire che, San Giuàn Trapattoni a parte, da Torino alla sponda bauscia di Milano sono sempre e solo arrivati dei bidoni, anzi peggio dei nemici travestiti, juventini dentro il cavallo di Troia della nuova maglia? Era davvero questo, il miglior Spitzenallenatoren che si poteva trovare? Per farci masticare amaro ancora un’altra stagione? Brutta cosa, essere stranieri (si dice imprenditori globali) e non aver memoria. Quasi peggio di averne troppa, e irrancidita (i tifosi).

E sull’altra sponda, quella che amata da Capitan Matteo, insomma il Milan? Ce l’avevano dentro casa, l’allenatore del cuore, tutto cuore rossonero, fin dentro al midollo. Ma il calcio globale e dei danèe, americani stavolta, vuole di più, più risultati e anche più immagine, quella che per le platee mondiali questo grande Re degli Ignoranti, Ringhio Gattuso, non può forse garantire. E così lui ha salutato, da grandissimo signore operaio, rinunciando anche allo stipendio, datelo ai miei collaboratori, tra me e il Milan non potrà mai essere una questione di soldi. Questo sì che è un uomo. E allora via anche il Milan-America: adesso è alle prese con il sogno di uno Spitzenallenatoren. Chi sarà? Chissà. Certo uno che accontenti il calcio, ma anche il business. E speriamo anche il popolo casciavitt, va’.

Il calcio è vita, è storia e simboli e radici, e ogni tanto si vendica. L’è el balòn de Milan, rossoneri o nerazzurri che siano. È storia della gente e della città. È San Siro, la Scala del calcio, che è di tutti e due le squadre, e di Milano tutta intera. Ma adesso, quei senza memoria di nuovi padroni stranieri hanno deciso di lasciarlo, anzi proprio di buttarlo giù, il Meazza. Ingrati. Per farne uno più grande, per diventare più europei.

Buttare giù il nostro duomo del pallone. Ma chissà, la storia ha le sue vendette: da quando l’hanno annunciato, il Grande Abbattimento, l’Inter ha iniziato a soffrire di dissenteria e travasi di bile, e quasi di infarto all’ultima partita. E adesso pure Conte: il mal di pancia non passa più. E il Milan anche lui: s’è perso l’Europa che conta sul filo di lana, e il suo allenatore dal cuore d’oro subito dopo. Che sia la vendetta della storia? O che sia un insegnamento per i nuovi padroni, questi forestieri arrivati qui, ricchi di soldi ma poveri di memoria?

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