Politica

E ora riscopriamo che la politica è anche questione di calore

Il commento di Livia Turco sulla crisi della sinistra in Europa alla luce dei risultati delle elezioni presidenziali in Francia.

di Livia Turco

Nella provvisorietà di riflessioni, fatte a caldo, di questo voto indico alcune cose che mi colpiscono di più. Innanzi tutto, la disaffezione nei confronti della politica e il bisogno di novità. Che si esprime sia nella frantumazione del voto sia nell?astensionismo. E poi il fatto che operai, immigrati, esclusi della società non si sono sentiti tutelati abbastanza da una politica, quella di Jospin, che invece ha investito molto nella lotta all?esclusione sociale (reddito minimo di inserimento, politica attiva per l?occupazione, piano straordinario per i giovani, politiche familiari che sono all?avanguardia in Europa). Si conferma un dato di fondo: coloro che temono di più la globalizzazione e l?immigrazione sono le fasce più deboli perché avvertono più duramente il pericolo della concorrenza nell?uso delle risorse disponibili. La sinistra in Europa è quella che paga il prezzo più alto della crescita dei flussi migratori. Perché? Solo per politiche inefficaci o perché c?è il rifiuto di una parte larga della popolazione che respinge il messaggio di un Paese aperto e multiculturale? Fino ad ora la risposta ai cambiamenti della globalizzazione che è risultata più convincente ed efficace è quella della destra: no agli immigrati, teniamo strette anche le nostre tradizioni e le nostre identità. A rendere difficile la proposta di una convivenza capace di accogliere l?altro, non è solo il deficit di elaborazione della sinistra ma anche la crisi e l?impasse che soggetti cruciali del governo dell?interdipendenza stanno dimostrando, come Onu e Ue. Non basta la politica dei fatti concreti e dei buoni risultati. In questa società opulenta, basata sulla razionalità economica, le persone, paradossalmente, chiedono alla politica requisiti che paiono eccentrici, come la simpatia personale, la capacità comunicativa, la disponibilità di chi fa politica a condividere i problemi della vita quotidiana, il desiderio di rifugio , il bisogno di difesa dell?interesse gretto, ma anche il bisogno di calore umano. Quando la politica sembra più lontana e ininfluente nella vita delle persone, le persone proiettano in essa non soltanto il bisogno di buon governo, ma il bisogno di certezze, di calore umano, di sogno. Questo è alla base del populismo. Bisogna capirne le ragioni per sconfiggerlo. E l?unico modo è tornare a mettere in campo una pratica ricca e calda della politica che riscopra una parola antica della sinistra che è caduta in disuso, ma che oggi deve tornare preziosa: la partecipazione.


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