Formazione

La questione energetica quegli italiani che son peggio dei texani

In esclusiva le pagelle di Oekom research su sostenibilità ambientale e sociale di grandi aziende energetiche: Enron se la cavava. Enel e Italgas no

di Giampaolo Cerri

Quattordicesima su diciassette: considerando che si parla di responsabilità socio ambientale, un risultato davvero poco lusinghiero. Fa il paio con quello del titolo in Borsa. La gestione Tatò-Testa dell?Enel chiude l?anno con un?altra débacle. L?agenzia di rating tedesca Oekom research di Monaco, in una ricerca che porta la data ?dicembre 2001?, boccia senza appello il nostro ex ente autonomo, oggi spa.
L?istituto tedesco bacchetta in fatto di corporate responsability la gestione del manager e del presidente ulivisti, chiamati da Prodi a dare una svolta al monopolista dell?energia elettrica.
E dire che il presidente, Enrico Testa detto Chicco, si appunta sul petto qualche medaglia ambientalista, tanto da fare scrivere nel curriculum che appare sul sito ufficiale della società: «Già segretario nazionale e successivamente presidente di Legambiente». Non menziona la biografia, la sua consulenza per la Carlyle, finanziaria texana di petrolieri e produttori di armamenti cara ai Bush. Ma questa è un?altra storia (di cui parleremo presto).
Certo alle migliaia di risparmiatori che, allettati da una campagna pubblicitaria martellante, sono corsi in banca per prenotare il titolo energetico messo all?asta in una delle più strombazzate privatizzazioni, sapere che la società di cui sono piccoli azionisti non brilla in responsabilità ambientale può essere considerato un male minore tanto è stata disastrosa la performance dei titoli in Borsa.
A far compagnia alla società del Tesoro, un?altra big del settore energetico italiano: Italgas del gruppo Eni. Anche per la società torinese, presieduta da Alberto Meomartini, voti piuttosto bassi e molta strada da fare. Ma andiamo per ordine.

Niente nucleare
La ricerca, curata da Evelyn Bohle, ha preso in esame le 18 principali società energetiche mondiali (produttrici e distributrici) che non producessero (o distribuissero) nucleare. Sono rimaste in lizza il gigante americano Enron (sic), un nutrito gruppo di società britanniche (dalla Centrica alla Scottish power), alcune canadesi, come Westcoast e Transalta, la giapponese Tokyo Gas; la brasiliana Cemig, la tedesca Bewag .
È finita subito fuorigioco l?americana Nicor che si è rifiutata di aderire all?indagine, evitando di fornire informazioni.
Nel rapporto, Oekom illustra i propri criteri di valutazione. Individua e misura la sostenibilità sociale dell?azienda, intendendo con questo la responsabilità verso il personale; quindi la sostenibilità culturale, riferendosi al rapporto con gli stakeholder esterni e alla società in senso lato. Terza e fondamentale componente, la responsabilità ambientale. Fonti della ricerca sono state il formulario inviato all?azienda, i rapporti annuali, la letteratura in materia, le interviste dirette al personale e la consultazione di fonti pubbliche, associative e istituzionali.

Un mediocre C
La valutazione di Oekom prevede una scala di voti che fa dall?ottimo A+ al pessimo D- e risulta dalla combinazione di alcuni elementi (vedi tabella). Ad esempio le relazioni interne pesano per l?80% del rating sociale, assieme al 20% della gestione sociale e culturale. Un sistema ponderato che pesa le singole voci del comportamento aziendale per arrivare al rating finale della corporate responsability.
Sugli altari (anche se per un modesto B-) l?austriaca Verbund, le canadesi Westcoast Energy e TransAlta, la britannica Powergen. Segue quindi un gruppo di cinque aziende a C+, altre quattro a C (fra cui l?Italgas e la Enron) e quindi, a C-, l?Enel; in compagnia delle due scozzesi: la Power e la Souther energy.
Nelle singole classifiche, le italiane non hanno appunto brillato. Il risultato di Enel è molto negativo per quanto riguard il rating sociale e culturale (16° con D) mentre va meglio Italgas (12° con C-). L?Enel ci arriva con pessimi voti nella gestione sociale e culturale (D-), nelle relazioni interne (D+), esterne (D, dov?è addirittura 17°). Fa meglio Italgas, che ottiene, rispettivamente, una C, e due C-. Sulla sezione del report che si occupa di gestione sociale e culturale, grava lo sconvolgente risultato di Enron che, con un A-, apre la graduatoria.
Per l?area ambientale, il rapporto prendeva in considerazione una lunga serie di dati: dai programmi e personale ad hoc, al bilancio sociale, dalle energie rinnovabili, al consumo di acqua, dalle emissioni di anidride carbonia alle perdite della rete elettrica. Non manca neppure il riferimento a programmi di protezione degli uccelli.
Nella valutazione generale Enel e Italgas si piazzano, a pari merito, all?11° posto (con un mediocre C) lontane dal B dell?austriaca Verbund e della tedesca Bewag, risultate le migliori.
Un risultato che si compone, anche in questo caso, di diversi parziali. Nella gestione ambientale, le italiane riportano lo stesso C-, finendo in fondo alla classifica (peggio di loro solo l?americana Utilicorp). In generale le aziende energetiche appaiono molto deboli in fatto della certificazione ambientale. «Il livello di certificazioni è generalmente basso», scrive la ricercatrice, «e molte hanno ottenute Emas e Iso 14001 solo per i singoli impianti». Eccezione positiva la Westcoast: il 90% dell?energia proviene da fornitori certificati.

Spreco da brivido
Nella valutazione delle produzioni, la Bohle ricorda che «la produzione e la fornitura di energia e gas causa il maggior danno ambientale», senza contare che l?industria energetica «è uno dei massimi produttori di CO2». Ecco che allora, nel rating, vengono premiate le aziende che usano fonti rinnovabili o l?acqua (è il caso di Cemig e Verbund, il cui prodotto è di origine idroelettica rispettivamente per il 98,2% e il 75% ).
Importante anche l?efficienza degli impanti che si traduce in un minor consumo: nel caso della Westcoast raggiunge il 66%. «In Europa le perdite di energia elettrica», spiega infatti Bohle citando un rapporto Ue, «sono l?equivalente del consumo di 15 milioni di case».
Sui prodotti, le italiane si collocano in posizione intermedia: C+ per Enel (nona) e C per Italgas, che segue subito dopo.
Per i dati ambientali, dove la voce più importante riguardava le emissioni di CO2, Gas Natural, UtiliCorp, Scottish e Southern energy hanno pensato bene di non rispondere. In questa particolare sezione, Italgas consegue il suo risultato migliore (B-) che le vale il quarto posto, mentre gli elettrici non si discostano dal loro mediocre C-. Forse è venuto il momento di dargli una scossa. Giampaolo Cerri

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