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A Taranto è tempo di Biennale della Prossimità

Al via giovedì 16 maggio la terza edizione di un appuntamento che è il prodotto collettivo della partecipazione dal basso di associazioni e persone. Quattro giorni tra workshop, spettacoli, animazione di strada ed iniziative sportive. Georges Tabacchi, uno dei quattro co-direttori nazionali racconta il “quid” che rende la Biennale della Prossimità unica

di Antonietta Nembri

Tutto pronto per la terza edizione della Biennale della Prossimità che, partita da Genova nel 2015, approda dal 16 maggio a Taranto per una quattro giorni all’insegna della partecipazione. Un evento che nasce dal basso come un vero e proprio prodotto collettivo che vede collaborare alla sua realizzazione – che parte circa un anno e mezzo prima dell’appuntamento – 17 promotori nazionali e organizzazioni locali, quest’anno a quota 38.
A raccontare l’esperienza della Biennale della Prossimità Georges Tabacchi, uno dei quattro direttori nazionali (gli altri sono Gianfranco Marocchi, Caterina Pozzi e Daniele Ferrocino). «Siamo partiti come quattro amici al bar. Quello che ci interessava era risolvere un problema: come stare insieme nel tempo» esordisce Tabacchi. La Biennale è stato come, lo strumento per «creare una coesione sul fare senza creare delle appartenenze», chiosa.


«Nel tempo questa impostazione è sempre rimasta e ha permesso a chi voleva di partecipare», sottolinea. «A questa terza edizione i promotori nazionali sono diciassette: è tutta gente che decide di esserci, nessuno viene per marcare il territorio», insiste Tabacchi (nella foto) che ricorda come per organizzare un evento come la Biennale l’organizzazione parta oltre un anno prima con incontri mensili.
La Biennale della Prossimità è nata a Genova nel 2015, la seconda edizione del 2017 a Bologna «e ora siamo a Taranto. Siamo cresciuti, ma è fondamentale il territorio. I co-direttori nazionali scendono nei luoghi e costruiscono un percorso collettivo», precisa. Da Genova, a Bologna a Taranto ovviamente ci si scontra con i «condizionamenti, le risorse e la differente percezione della stessa parola “prossimità”. Ma questo – precisa Tabacchi – permette di mettere i modelli a confronto».
Una costruzione in crescendo per numeri, partecipanti e interazioni. Fin dalla prima edizione, per esempio, si è realizzato un libro di racconti “Tutti”, a Bologna i racconti di prossimità erano 28 «nell’edizione di quest’anno ce ne sono 45. E questo dimostra che la Biennale sta assumendo un valore che non aveva all’inizio. È divenuta un oggetto di osservazione», continua ricordando anche come tra i partner vi siano quelli che «ci hanno sostenuti fin dall’inizio come la Compagnia di Sanpaolo, ma se ne aggiungono sempre di nuovi».

Entusiasmo e un crescendo che raccontano bene anche alcuni dati come i circa 600 che a oggi si sono iscritti ai workshop in programma. «La cosa bella è che non si tratta di una replica di un’edizione precedente, ma una costruzione ex novo con i soggetti che ogni volta ci stanno. E coinvolgono», insiste «Sono aumentate le pre-iscrizioni, non ci aspettavamo numeri così alti. E siamo a ben 160 organizzazioni non solo del Terzo settore» osserva infine Tabacchi.
Vincente è quindi il modello organizzativo che da subito è stato capace di coinvolgere come lo stesso gruppo dei direttori, partiti oltre quattro anni fa in due sono diventati subito quattro. «È un modello di responsabilità condivisa», conclude. Un metodo che interessa sempre di più perché è portatore di un’idea capace di realizzare «un prodotto collettivo capace di creare coesione sociale».

Una coesione che a Taranto dal 16 al 19 maggio si articolerà in un ricco programma di eventi che culminerà nell’elemento caratteristico del programma: la cena di strada: sabato 18 maggio una parte della Taranto vecchia, infatti, diverrà una tavola imbandita. I cittadini cucineranno pietanze che saranno messe a disposizione dei commensali, tutti i partecipanti alla Biennale che arrivano da tutta Italia.

Il ricco programma della Biennale della Prossimità di Taranto è online

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