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Il prete tuttofare tra le macerie: “Basta speculare, rispettate la dignità di noi terremotati”
Don Fabio Gammarota, parroco di Cittareale e Posta, nei pressi di Amatrice, è da una settimana in prima linea nell'aiutare istituzioni e volontari per le prime necessità. "Agli occhi del mondo la macchina degli aiuti è stata ottima, nessun personalismo e tanto coordinamento stanno dando una mano alle persone per ricominciare a vivere", spiega. E rivolge un appello ai media: "raccontate la verità, non falsate le informazioni per cercare lo scoop"
Dorme due ore a notte, in macchina, don Fabio Gammarota, 40 anni, parroco di Posta e Cittareale, non lontano da Amatrice dove era stato sacerdote per un anno. Non si ferma praticamente mai dal minuto successivo alla scossa delle 3.36 di quel 24 agosto, quando la sua vita e quella delle migliaia di persone che – sopravvissute al terremoto – vivono nei territori colpiti, è cambiata per sempre. Ha scavato ore e ore nelle macerie, è stato vicino fino alla liberazione a chi è rimasto intrappolato, corre da ogni parte per essere pronto a ogni esigenza da parte di chiunque, dei cittadini come dei volontari. “Sono il parroco più giovane della Diocesi, le mie braccia e le mie gambe servono eccome, non è pensabile fermarsi in queste ore, c’è così tanto da fare”, ci spiega pochi minuti dopo l'ultima scossa delle 13.30 di oggi, 4,2 gradi, epicentro tra Ascoli e Macerata. È appena uscito da un vertice generale degli operatori coinvolti nel post emergenza, dalla Protezione civile alla Croce rossa, a tutte le altre istituzioni e organizzazioni umanitarie coinvolte. Ieri si è adoperato per l’organizzazione del funerale, dopo il quale è stato coinvolto, suo malgrado, in una polemica sulle corone di fiori delle autorità.
Cosa c’è da fare ora, don Fabio Gammarota?
C’è da ripristinare il prima possibile una nuova quotidianità che permetta di superare questi primi momenti dopo il dramma. Occorre rispetto, ordine, organizzazione, a tutela di ogni essere umano. Siamo in un contesto geografico molto difficile, a mille metri, gli aiuti devono arrivare anche nelle frazioni di montagna, bisogna essere coordinati per lavorare bene.
Si sta lavorando bene?
Direi di sì. Ora ognuno ha un luogo sicuro dove stare in modo dignitoso, anche se temporaneo, ovviamente. Agli occhi del mondo la macchina degli aiuti ha funzionato nel migliore dei modi, e questo perché è stato evitato un eccesso di personalismi delle singole realtà coinvolte, ovvero c’è un’unione d’intenti palpabile. È la prima volta che mi trovo a vivere un’emergenza del genere, e vedo un grande rispetto reciproco da parte di chiunque collabori: le istituzioni coordinano, i volontari agiscono raggiungendo anche i luoghi più complicati. In questa prima fase la burocrazia è stata superata da un approccio umano vincente: già oggi, a poco più di una settimana dal sisma, i cittadini terremotati possono accedere ai servizi postali, bancari o ai presidi ospedalieri. E ci si sta attrezzando per far arrivare a tutti pane fresco ogni mattina.
Da più parti si chiede, a chi volesse dare una mano, di non mandare più materiale, piuttosto effettuare donazioni. A livello diocesano come vi state muovendo?
Ogni sera noi sacerdoti ci troviamo per fare il punto della situazione e capire le priorità di azione: a oggi non servono vestiti, cibo o altro materiale perché i primi arrivi sono stati efficaci e, comunque, grazie a Protezione civile e Vigili del fuoco, molte persone sono riuscite a entrare nelle proprie case quel tanto che basta per prendere i beni necessari per questo primo periodo. Inoltre, raccogliere materiale in eccesso in queste zone non è pensabile perché non ci sono attualmente luoghi dove effettuare lo stoccaggio. Consiglio di seguire un blog che stanno tenendo fin dalle primissime ore un gruppo di collaboratori diocesani: www.aiutamatrice.wordpress.com. Dalle sedie a rotelle per le persone disabili a ogni altra necessità, tutto viene pubblicato sul sito e lì una persona può essere subito utile, come sta succedendo ogni giorno in modo davvero lodevole, con risposte da ogni parte d’Italia.
Cosa le chiedono i cittadini, i parrocchiani?
Di essere presente, di farmi vedere tra loro, ed è quello che faccio. Poi, poco alla volta, ricostruiremo tutti i luoghi che potranno dare una prima parvenza di “ritorno alla normalità”, come l’oratorio per quarto riguarda i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie. Siamo conosciuti come il territorio delle Cento Chiese, ma purtroppo nessuna è ora agibile, stiamo celebrando le messe nelle tende, che ora sono i poli aggregativi e spirituali più a portata. Girando tra la gente vedo tanta voglia di ripartire, non c’è rabbia per quanto si poteva fare prima, perché ormai si è al “dopo”. Più che altro la richiesta che arriva a gran voce è che chi di dovere agisca secondo coscienza. Dai politici a chi ha qualsiasi ruolo nella ricostruzione. Fino ai mass media, ovviamente, il cui ruolo è fondamentale, anche se durante questa settimana dolorosa molti giornalisti non sono stati all’altezza del loro ruolo.
A cosa si riferisce?
È mancato in molti casi l’equilibrio, la ricerca della verità, stravolti a favore della ricerca della provocazione, di un’informazione falsata e deviata in partenza. Ma di cosa stiamo parlando? Si orientino le persone verso azioni condivise, non si speculi con argomenti destabilizzanti, come l’attenzione esagerata verso il dolore delle persone o, addirittura, il confronto tra terremotati e richiedenti asilo. Il giornalista deve fare il suo lavoro certo, ma sensibilità e coscienza sono necessarie. Significa anche porre la giusta attenzione agli aspetti fondamentali, per esempio è giusto denunciare se mancano gli aiuti da qualche parte, così come è giusto segnalare quando le cose funzionano, quando ogni persona è raggiunta dagli aiuti, anche nelle zone più lontane dai centri abitati. Invece, a volte si guarda in tutt’altra direzione, come avvenuto ieri al funerale ad Amatrice.
Cos’è successo al funerale?
È stato un momento molto importante, per tutta la comunità. Questa mattina, invece, mi sono trovato protagonista involontario di una polemica perché, per fare posto a tutte le persone dietro l’altare, ho chiesto e ottenuto di spostare le corone di fiori istituzionali: sono stato accusato dai media di avere messo in secondo piano le autorità. Ovviamente la mia richiesta era per fare prevalere anche in questo caso le necessità dei cittadini, e invito tutti ad abbassare i toni, a rivolgere le energie verso le cose più importanti da fare, non verso discussioni che nulla hanno a che vedere con le esigenze dei terremotati.
Foto in apertura di Andreas Solaro/Getty Images: un cittadino di Amatrice indica agli operatori dei Vigili del fuoco il luogo della propria casa
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