Formazione

Sorella, che ci fa in assemblea?

Contro Wal-Mart,la più grande catena di distribuzione, sono scesi in campo anche due ordini di suore.E hanno vinto.In America il piccolo azionista può creare grandi subbugli

di Giampaolo Cerri

Si chiama proxy vote ovvero voto per delega ed è la bestia nera dei manager americani. è infatti lo strumento con cui anche un pugno di azionisti può proporre al consiglio di amministrazione, al comitato esecutivo, ai vari board in cui può essere strutturato il governo dell’impresa, un’azione o un ordine del giorno e per il quale le regole delle democrazia societaria si mettono in moto. Quella democrazia di cui in Italia si è avuto un timido riflesso negli anni 90, grazie all’impegno di Legambiente (cfr. box a pag. 19). Una strada che è stata ormai abbandonata per mancanza di cultura, di soldi e di energie. Ma con il decollo dei fondi pensione e con la nascita di investitori istituzionali potenti, l’associazionismo potrebbe tentare la strada del condizionamento interno del mondo industriale e finanziario. Le regole della Sec Negli Usa è la stessa Securities and exchange commission, l’autorità di controllo delle Borse americane, a disciplinare questa possibilità. Un proxy statement deve essere infatti sottoposto a tutti gli azionisti e vincola la società a prendere posizione. Seppure debole rispetto ai grandi azionisti e ai patti di sindacato, l’azionariato sociale riesce talvolta a mettere in subbuglio gli staff di gruppi potentissimi, coinvolgendo spesso i media e la pubblica opinione. Ne sanno qualcosa società come Coca-Cola, Reebook, McDonald’s per le quali dover fronteggiare l’azionariato attivo è affare di tutti i giorni e di ogni annual meeting, l’assemblea degli azionisti. Dal confronto serrato con organizzazioni sindacali e associazioni non profit impegnate nella difesa dei diritti umani, società come Nike hanno rivisto la propria governance e corretto le situazioni sotto accusa. Negli Usa la tradizione dell’azionariato responsabile è ormai consolidata da oltre un ventennio di battaglie. Le organizzazioni usano Internet per lanciare campagne e chiamare a raccolta gli azionisti. Si tratti pure di chiedere alla Bayer di non produrre antibiotici per polli (contribuendo ad abbassare la resistenza ai batteri negli umani), di obbligare le società farmaceutiche che fanno capo a Pharma a consentire le ispezioni della Convenzione contro le armi batteriologiche o di chiedere a Exxon la sospensione delle perforazioni in Alaska. Organizzazioni come Shareholder action network, Jessie Smith Noyes foundation, Co-op America, Friends of earth e molte altre di dimensioni minori costruiscono abitualmente strategie di pressione che fanno leva sull’azionariato. La Fondazione Jessie Smith Noyes, per esempio, si è recentemente impegnata nei confronti di gruppi come Kroger e Quarker Oats per chiedere la rimozione di prodotti contenenti ogm finché non siano esclusi i rischi per la salute. La risoluzione ha raccolto il 3,83% dei consensi fra gli azionisti Kroger e, mentre si è raggiunta quota 4,8% fra quelli Quarker. Shareholder Action sta facendo da collettore per altre mobilitazioni. è il caso dei gruppi che vorrebbero una diversificazione delle fonti energetiche da parte di Exxon Mobil. O delle associazioni che chiedono a Household e a Citigroup di rivedere le loro politiche di credito, abbassando i tassi giudicati quasi usurari. Wal-Mart, catena di supermercati diffusa in tutti gli States, è invece sotto accusa per le forniture: si serve di aziende cinesi dello Zhongshan, dove si produrrebbe senza alcun rispetto dei diritti umani. La risoluzione ha ottenuto, nel 2001, il 5,25% delle deleghe. Il popolo degli azionisti Fra i sottoscrittori un esercito di congregazioni religiose: dalle Suore benedettine di Boerne nel Texas alle Sorelle di S. Agnese di Fond du lac nel Winsconsin. Con loro giganti della finanza responsabile, come il Domini social fund di New York, la Walden asset management di Boston o la filiale americana del potentissimo fondo pensione inglese Friends, Ivory & Sime. Le risoluzioni di questo esercito di azionisti, piccoli e meno piccoli vengono illustrate nelle assemblee annuali che diventano un appuntamento centrale dell’attività di lobbying. Il calendario dei principali annual meeting scandisce l’agenda di gruppi di cittadinanza attiva e degli investitori responsabili e già circolano alcune date importanti: Citigroup ha fissato la propria il 16 aprile a New York, Bp Amoco convoca i suoi azionisti a Londra il 18,General Electric radunerà gli shareholder a Milwaukee il 24 L’assemblea dei soci non esaurisce la mobilitazione. Alcune volte la società oppone una chiusura preconcetta, ma spesso il dialogo fra azionisti e management comincia. Dopo mesi di trattative, spesso anni, si apre qualche spiraglio, si ripensano alcuni comportamenti. La fondazioneJessie Smith Noyesvanta un confronto aperto con Intel che risale al ’93. Trasparenza, impatto ambientale, sostenibilità delle produzioni: di anno in anno, gli avvocati della fondazione hanno conseguito significativi successi nei confronti del gigante informatico. Lo scorso anno sono state 138 le risoluzioni proposte dagli azionisti sociali negli Usa. Secondo l’Investor responsibility research center. che le ha monitorate tutte, ben 38 hanno ottenuto il consenso di almeno il 10% degli azionisti che dà diritto, secondo le norme della Sec, a essere risottoposta agli azionisti nel futuro. Dieci delle più votate, riguardavano il miglioramento delle condizioni di lavoro negli stabilimenti delle società interpellate. Il record di mobilitazione azionista lo ha fatto registrare Unocal, gruppo petrolifero multinazionale. Nel mirino fin dal ’94 per i suoi stabilimenti birmani, ha visto concentrare il 20% dei voti assembleari sulla richiesta di miglioramento delle condizioni di lavoro negli impianti nel Sud-est asiatico. Input Ecco i siti per capire bene l’azionariato sociale: il portale di www.shareholderaction.org, e i siti di www.irrc.org e www.foe.org


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