Welfare

M.O. un’impressionante dossier di Human Rights Watch

Accuse a Israele "usati palestinesi come scudi umani". Il Governo smentisce.

di Redazione

Una organizzazione umanitaria, Human Rights Watch, accusa le forze israeliane di essere ricorse a ‘scudi umani palestinesi’ durante la Operazione Muraglia di difesa, sia nel campo profughi di Jenin (Cisgiordania) sia altrove. Israele per il momento nega. Ma due settimane fa la stessa organizzazione ha pubblicato un circostanziato rapporto su episodi analoghi avvenuti mesi scorsi in Cisgiordania. Ricercatori di Hrw si sono recati a Beit Rima, Tulkarem, Artas e Salfit dove hanno sentito le testimonianze di palestinesi di tutte le eta’ (bambini e anziani, uomini e donne, anche personale medico) svegliati all’improvviso nel cuore della notte e costretti a compiere missioni pericolose per i soldati. Ad esempio, bussare alla porta di un ricercato per costringerlo ad esporsi al fuoco di cecchini o ad una cattura. Dopo un primo esame della situazione a Jenin un ricercatore di Hrw, Peter Bouckaert, ha sostenuto che durante la battaglia infuriata all’inizio del mese in quel campo profughi fra combattenti palestinesi e militari israeliani, questi ultimi hanno compiuto ”quattro tipi diversi di abusi nei confronti della popolazione civile”. Bouckaert ammette che una parte di colpa va addossata anche ai gruppi armati palestinesi che, essendosi insediati con armi ed esplosivi in mezzo a una popolazione fitta, hanno messo a repentaglio la sua incolumità. Al tempo stesso, a suo giudizio, Israele avrebbe dovuto e potuto agire con maggiore cautela e discrezione. Finora, a quanto gli risulta, a Jenin sono stati recuperati i cadaveri di 51 palestinesi, 21 dei quali civili: una percentuale assai alta, a suo parere. Il ministro degli esteri israeliano Shimon Peres ha confermato oggi la stima complessiva delle vittime finora accertata fra le macerie di Jenin. Ma secondo Peres, solo sette vanno considerati alla stregua di vittime innocenti. Bouckaert ha quindi denunciato la massiccia distruzione di abitazioni (200 rase al suolo, 140 seriamente lese, 4.000 persone rimaste senza tetto), un uso ”indiscriminato” di elicotteri da combattimento, il divieto a squadre di soccorso di entrare nel campo (durante e subito dopo i combattimenti) e infine ”l’uso di civili palestinesi da parte dell’esercito israeliano per costringerli a svolgere incarichi pericolosi”. Mentre Hrw lavora ad un nuovo rapporto su questo tema, un abitante di Jenin, Kamel Mahmud Tawalbeh, ha confermato di essere stato obbligato da soldati israeliani il 6 aprile scorso a snidare suo cugino, che era il capo della Jihad islamica nel campo. L’uomo ha affermato che i soldati lo hanno costretto a restare eretto davanti ad una finestra, mentre loro alle sue spalle sparavano verso palestinei che si trovavano all’esterno dell’edificio. Accuse gravi, che finora non hanno alcuna conferma in Israele. Ma proprio la rivista delle forze armate israeliane ‘Bamahane’ ha lasciato intendere che talvolta, forse anche su iniziativa personale dei soldati, è possibile che palestinesi vengano costretti ad esporsi a pericoli. Nell’articolo in questione un sergente di nome Nati Aharony ha raccontato che durante perquisizioni a Kalkilya (Cisgiordania) un palestinese è stato costretto ad aprire in un appartamento porte ed armadi sospetti. Uscendo dalla casa, i soldati sono stati poi investiti da una esplosione: l’ordigno in casa c’era davvero. Ma era stato nascosto in una parete.


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